La donna del lago di Rossini. Il ricordo di Michieletto a Pesaro

In primo piano Brito
In primo piano Brito

Tornare, dopo un anno di assenza, al Rossini Opera Festival di Pesaro diventa una gioia assoluta se il motivo è ascoltare una delle nostre opere preferite del genio marchigiano, “La donna del lago”, capolavoro assoluto che si ascrive tra i melodrammi più atipici di Rossini. Un’opera seria, certo, ma che in qualche modo, come il più tardo ed estremo “Guglielmo Tell”, si inserisce – per i modi e l’atmosfera – nell’aura romantica.

“La donna del lago” fu composta da Rossini su libretto di Andrea Leone Tottola, derivante dal poema omonimo di Walter Scott (lo stesso autore, non a caso, della Lucia donizettiana), datato 1810. Fu rappresentata per la prima volta il 24 ottobre 1819 al Teatro San Carlo di Napoli con grande successo, anche se a causa forse dell’estrema difficoltà del canto e della sua anomalia compositiva, presto scomparve per poi riconquistare i palcoscenici di tutto il mondo solo alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, nel solco della “Rossini Renaissance”.

L’opera è ambientata tra i boschi e i laghi della Scozia del XVI secolo. Ha come protagonista Elena, figlia di Duglas d’Angus, un tempo precettore del re, schieratosi poi con i ribelli, che ama perdutamente Malcolm (ruolo interpretato en travesti da un mezzosoprano), il giovane guerriero che, per amor suo, ha disertato le truppe del re, unendosi anch’egli ai ribelli.
Ammaliato dalla sua bellezza, si avvicina ad Elena il cavaliere Uberto, nome sotto cui si cela il re di Scozia Giacomo V, ivi giunto per incontrarla, il quale, con una bugia, afferma di essersi perduto e di aver smarrito i compagni. Elena, impietosita, lo invita così nella sua dimora.

E’ qui, dove Uberto riconosce di essere in casa di suoi nemici, che si attende l’arrivo di Rodrigo di Dhu, capo del clan che si oppone alle mire espansionistiche di Giacomo. Elena rivela a Uberto la sua identità, e di essere, contro il suo volere, costretta dal padre a sposare Rodrigo.
Sopraggiunge Malcom, che si incontra finalmente con l’amata, dopo che Duglas ha intimato alla figlia di convolare a giuste nozze con l’alleato, il quale viene accolto con inni festosi dagli uomini dell’esercito ribelle e da Duglas, che presto si accorge dell’amore che intercorre tra la figlia e Malcom.

L’imminente attacco nemico e la vista di una cometa che solca improvvisamente il cielo unisce di nuovo tutti, spronandoli alla battaglia.
Nonostante tutto, Uberto intende dichiarare il proprio amore a Elena, ma di fronte al suo rifiuto, le offre ugualmente la sua amicizia e un anello, che afferma essergli stato donato dal re di Scozia per averlo un giorno soccorso. Se, continua l’uomo, lei fosse stata in pericolo, con quell’anello avrebbe potuto ottenerne la grazia per sé e per i congiunti dal re.
I due vengono sorpresi da Rodrigo, che in preda alla gelosia sfida il rivale, in cui individua un fedele del sovrano.

Intanto viene annunciata la disfatta dei ribelli e la resa di Duglas, che chiede clemenza per la figlia e il suo popolo. Tra dame e cavalieri, Elena riconosce in Uberto il re (che con magnanimità concede la grazia a Duglas, e unisce in matrimonio Malcom ed Elena) ed esprime la sua felicità con il famosissimo rondò che conclude l’opera (“Tanti affetti”…).

Siamo quindi di fronte ad un melodramma assai particolare di Rossini, che si discosta dagli altri capolavori così detti seri (“Semiramide”, “Tancredi”, “Assedio di Corinto”) per quell’aurea romantica e melanconica.
Il regista Damiano Michieletto, inviso ai tradizionalisti melomani per le coraggiose e inusuali messe in scena, ce la propone come vicenda ricordata e rimpianta da Elena e Malcom, anni dopo, sposi felici, forse… (sarebbe stato meglio per Elena sposarsi con Uberto-Giacomo?).

Molte le pagine da ricordare: dalle due funamboliche arie di Malcom (“Mura Felici”, “Ah, si pera…”) all’altra celeberrima di Uberto (“O fiamma soave”), al leitmotiv iniziale che percorre tutto il capolavoro, sino al finale dell’opera che, a partire dal duetto “Alla ragion deh rieda”, è una continua profusione di musica elettrizzante, tra voci e coro, che danno all’azione un ritmo davvero palpitante e che termina con il già citato mirabile rondò di Elena “Tanti affetti”.

A Pesaro “La donna del lago” è stata proposta nell’ampio spazio dell’Adriatic Arena, con un impianto scenico di grande risalto (dovuto a Paolo Fantin) e ai costumi un poco generici di Klaus Bruns, che permettono però ai due di citare “La Ronda di notte” di Rembrandt. Scandito sui vari livelli concentrici dello spoglio soggiorno, che introduce e termina l’opera (con Elena e Malcom anziani che ricordano le vicende passate), spazia fino alla casa di Elena, che man mano si ricopre di vegetazione che va deteriorandosi, e al palazzo di Giacomo, contrassegnato dai lampadari luminosi che entrano in scena dall’alto.

L’idea di Michieletto (aiutato in modo considerevole dalle luci sempre significanti di Alessandro Carletti, che riverberano sulla scena la presenza del lago Katrine, sulle cui sponde si svolge l’opera) è di proporre l’opera come ricordo di Elena e Malcom da anziani (Giusi Merli e Alessandro Baldinotti), infondendo la giusta malinconia romantica che il direttore Michele Mariotti interpreta sempre in modo pertinente.

E’ anche vero però che la loro presenza spesso è invasiva, a volte inutile e fuorviante; a nostro avviso avrebbe dovuto essere più misurata e relativa forse alla sola Elena, che si accorge di aver perso l’occasione di sposare un re che oltretutto l’amava e che senza dubbio rimpiange.

Ovviamente un’opera così ardua dal punto di vista musicale aveva bisogno di quattro interpreti di grande autorità. Nel complesso così è stato. Due tenori, innanzitutto: l’americano Michael Spyres, nel ruolo dell’antagonista Rodrigo e il peruviano Juan Diego Florez, come Uberto-Re Giacomo.
Il primo, a volte forse troppo sopra le righe, ma in sintonia con il personaggio, si è imposto per la spavalderia del suo registro, che ha superato con naturalezza tutte le difficoltà insite nella parte; il secondo, che l’esperienza ha maturato in modo davvero convincente, utilizza le sue ben note capacità articolando fraseggio e accenti con forza e nobiltà a seconda dei due personaggi interpretati.

Per le voci femminili, Salome Jicia supera nel complesso tutte le aspre difficoltà che il ruolo di Elena le affida, a parte qualche nota un po’ troppo “strillata”, mentre Varduhi Abrahayam, nella parte assai insidiosa di Malcom, pur possedendo un timbro morbidamente piacevole e, qui, di giusto impatto evocativo, non ci ha convinto nelle note gravi, fondamentali, a nostro avviso, per tratteggiare il giovane soldato, ancora non potenzialmente adeguate.

Il direttore Michele Mariotti ancora una volta ci ha persuaso nella cura musicale meticolosa di ogni reparto di quest’opera, dalla malinconia soffusa della prima parte all’aura battagliera che contraddistingue maggiormente la seconda, sostenuto in modo ammirevole dal Coro e dall’orchestra del Comunale di Bologna, preparato da Andrea Faidutti.

LA DONNA DEL LAGO
Melodramma di Andrea Leone Tottola
Direttore Michele Mariotti
Regia Damiano Michieletto
Scene Paolo Fantin
Costumi Klaus Bruns
Progetto luci Alessandro Carletti
Interpreti Giacomo V-Uberto Juan Diego Flórez, Duglas Marko Mimica, Rodrigo Michael Spyres, Elena Salome Jicia, Malcom Varduhi Abrahamyan, Albina Ruth Iniesta, Serano / Bertram Francisco Brito
Elena anziana Giusi Merli, Malcom anziano Alessandro Baldinotti
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Maestro del Coro Andrea Faidutti
Nuova coproduzione con Opéra Royal de Wallonie-Liège
Lo spettacolo è dedicato al ricordo di Gae Aulenti

Visto a Pesaro, Adriatic Arena, l’11 agosto 2016

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