La morte ovvero il pranzo della domenica. Il debutto di Dammacco e Balivo a Castrovillari

Ph: Angelo Maggio
Ph: Angelo Maggio

La compagnia Diaghilev porta a Primavera dei Teatri il nuovo spettacolo in cui s’interroga su morte e affetti

Come può un semplice, comunissimo, pranzo con i tuoi anziani genitori diventare una specie di splendido e splendente decalogo della vita, degli affetti, del tempo che passa, con le sue gioie e i dolori, parlando al contempo della morte che incombe e che, volente o nolente, arriverà?
E la morte certo arriverà, e ci distaccherà da chi ci ha voluto bene. Avrà bisogno necessariamente dei suoi riti, a cui si dovrà essere preparati per rendere onore a chi ci ha preceduto e voluto bene. Il dolore della perdita si conficcherà nel cuore, finché il tempo lo trasformerà in ricordo.

Tutti questi emozionanti riverberi ci hanno letteralmente catturato, in modo semplice ma con matrice profonda, in occasione del festival calabrese di Castrovillari Primavera dei Teatri grazie a “La morte ovvero il pranzo della domenica”, lo spettacolo in prima assoluta di Mariano Dammacco, scritto come sempre per la sua attrice di riferimento, Serena Balivo.

Serena (Premio Ubu come miglior attrice under 35), con la sua andatura già malferma e con i capelli ingrigiti che contraddistinguono un’età in qualche modo avanzata, si muove sul palco avendo come unica risorsa scenografica un semplice tavolo, e utilizzando le parole, quelle giuste, che solo il buon teatro sa dare, per trasferirle subito in immagini che resteranno dentro lo spettatore.
E’ lei a raccontare, con una voce che evoca una vita già in qualche modo sfiorita, eppure sempre pervasa da un sottofondo di soffusa e benevola ironia, il rituale pranzo che ogni domenica si consuma (consumava?) a casa degli anziani genitori, un pranzo che si svolge con immutabili regole, con i suoi rituali, e spesso con il medesimo menù.

Siamo davanti a un tempo che si è come cristallizzato, racchiuso in quelle tre ore previste dal pranzo, che si svolgeranno esattamente com’era previsto, con le regole di sempre, con la morte che ci guarda e viene rappresentata sul tavolo da una specie di scheletrino snodato, con cui Serena combatte, vincendo, a suon di arachidi.

Ecco così passare davanti a noi, uno dopo l’altro, il saluto festoso del padre sulla porta d’ingresso, il profumo delle paste appena comprate, l’ordine minuzioso di ogni cosa in quella casa antica, lo spadellare della madre in cucina, il catalogo delle persone che se ne sono appena andate, i ricordi del bel tempo che fu, mescolati con quello degli amici che se ne sono andati prima, e associati alle musiche (di Marcello Gori) suggerite da un vecchio giradischi. Intanto scorrono i piatti di portata, che rimandano alla città in cui la coppia si è incontrata, il secondo piatto di carne, accompagnato da una montagna di patatine, il caffè e le veneziane.

Ma il tempo maggiore è dedicato a come organizzarla la morte, quando verrà, con l’estrema ambascia di non sapere chi morirà prima dei due anziani, e la speranza di andarsene insieme e nello stesso luogo. E’ dunque il momento delle ipotesi e dei desideri.
Intanto il tempo del pranzo è trascorso. La protagonista se ne va guardando i genitori che la osservano dalla finestra: si osservano come sempre, con l’intimo desiderio di rivedersi la domenica successiva, sapendo però che proprio quello sguardo potrebbe essere l’ultimo.

E quello sguardo che si scambiano è forse sempre quello delle altre volte, ma racchiude una tenerezza maggiore, un maggiore senso di appartenenza tra moglie e marito, tra padre e figlia, tra madre e figlia, proprio perché potrebbe essere l’ultimo.
Perché quando si è anziani, si vuole bere la vita ancor di più, gustandone intensamente gli ultimi attimi concessi. 

Tutto ciò che è avvenuto in quelle tre ore dedicate al pasto (un’ora fuori dalla finzione scenica), nel ricordo dei protagonisti e dello spettatore prende un posto particolare, unico nel suo genere, di grande e mesta felicità. E ancora una volta il teatro riesce ad adempiere il suo massimo compito: proporre una radiografia della vita, riconsegnandone con semplicità il senso più intimo e profondo.

La morte ovvero il pranzo della domenica
COMPAGNIA Diaghilev – Dammacco/Balivo
UNO SPETTACOLO CON Serena Balivo
IDEAZIONE, DRAMMATURGIA, REGIA Mariano Dammacco
MUSICHE ORIGINALI Marcello Gori
TECNICO Erica Galante
UFFICIO STAMPA Maddalena Peluso
PRODUZIONE Compagnia Diaghilev
CON IL SOSTEGNO DI Spazio Franco (Palermo) | Casa della Cultura Italo Calvino (Calderara di Reno)

durata: 60′

Visto a Castrovillari, Il Capannone, il 1° giugno 2024
Prima assoluta

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