Possibilities Lullaby Night. La ninnananna di guerra di Alfonso Santagata

Alfonso Santagata
Alfonso Santagata
Alfonso Santagata (photo: Monica Biancardi)

Lustrini e paillettes. Veli e vertiginosi spacchi. Ciglia finte e rossetto. Giarrettiere e reggicalze. Natiche al vento e ammiccamenti. Bombe e terrore. L’esplosione nel silenzio e la valigia di teste mozzate. Il tradimento e la sconfitta.
Al Lullaby Night, uno scalcinato cabaret dall’insegna fosforescente al neon, the show must go on, nonostante la guerra, nonostante le bombe, nonostante tutto. A volte capita di interrompere una canzone per mettersi la maschera antigas, ma le originali creature della notte che animano il teatro non sembrano infastidite più di tanto. Il tempo non esiste al Lullaby Night. Chi lo popola sono travestiti, sono ammiccanti creature, sono prostitute, artisti, idealisti che tra canzoni e sketch animano un teatrino dove le tragedie della guerra si intermezzano a canzoni pop.

“Fate l’amore in tempo di guerra”, questo è il loro motto. Perché al piano di sopra si combatte una guerra, non definita e forse non definibile, una guerra che irrompe nel frastuono delle bombe, che sembra così lontana eppure è così terribilmente vicina, la guerra che, come uno scultore, sta riplasmando il mondo.  Il teatro stesso si trasforma in un night con luci a specchio che proiettano sul muro tante piccole stelle. Scendono in platea le star del Lullaby Night, si rivolgono al pubblico, strizzano l’occhio e si siedono sulle ginocchia dei signori in sala. Sono creature terribili e meravigliose come le storie che raccontano.

La compagnia Katzenmacher porta in scena, per la regia di Alfonso Santagata, cinque brevi frammenti estratti da atti unici di Howard Barker. Cinque storie, cinque personaggi di fronte alla guerra.

Un marito che ritorna con una valigia piena delle teste mozzate delle persone uccise. Un uomo che ha picchiato, violentato, ucciso, la cui valigia è scossa dalle teste che in essa sono contenute, potrà mai essere lo stesso uomo che è partito?

La prostituta giapponese, il secondo personaggio, è disinibita e a suo agio tra il pubblico che stuzzica e provoca, ma all’esplodere di una bomba perde il controllo. Eppure gli orrori della guerra non sono solo le bombe, c’è ben altro. Il torturatore ha picchiato e torturato un bambino e poi lo ha ucciso, un bambino al parco con la gabbietta e l’uccellino. Sue Ellen sembra una showgirl, ma è l’infermiera personale dello zar. Si sveglia agitato lo zar, sente le urla dei suoi soldati, il nemico sta tagliando loro la gola, non riesce a dormire, preso com’è dal rimorso, non è abituato al dolore, piagnucola. Ma l’uomo del popolo, quello che è venuto a pulirgli gli stivali, non piange: il contadino dorme meglio dello zar, è consapevole del fatto che la guerra ha dentro di sé altre piccole guerre, proprio come una matrioska. L’ultima storia è quella di Giuditta, la donna che uccise Oloferne per salvare il proprio popolo dalla dominazione straniera.

La scenografia è dominata da un enorme specchio che riflette, sdoppia, rimanda indietro le immagini dei personaggi e dei pochi oggetti in scena. Si parla di guerra, di tradimenti e di torture dunque, si apre la finestra della riflessione e della tragedia, per poi richiuderla prontamente con una battuta di spirito, con un gesto che ci riporta immediatamente al cabaret, a Regina e Chanel, alle canzoni, ai lustrini, all’interludio cabarettistico. Drammatico e grottesco.

Possibilities Lullaby Night
di Howard Barker
traduzione: Luca Scarlini e Alfonso Santagata
regia: Alfonso Santagata
con: Rossana Gay, Johnny Lodi, Massimiliano Poli
durata: 58’
applausi del pubblico: 2’ 00’’

Visto a Firenze, Teatro Everest, il 15 novembre 2008

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