Paola Rota dirige l’attore sui testi di Sergei Dovlatov, da loro adattati
L’emigrazione non solo come spostamento fisico ma come esperienza ineluttabile, come movimento interiore che scuote le fondamenta di ciò che siamo.
Sono queste le basi attorno a cui si costruisce drammaturgicamente “La Valigia”. Ispirato agli scritti di Sergei Dovlatov, lo spettacolo si addentra nelle pieghe di questa esperienza, trasformando un semplice oggetto (mai presente in scena) nel simbolo universale del cambiamento, della perdita e del ricordo.
Il movimento costante è tra un passato lasciato e un presente che si cerca di costruire. Il racconto non è lineare né definitivo, un puzzle di frammenti: ironia, amarezza, nostalgia e tenerezza si intrecciano per restituire un affresco umano complesso e stratificato.
Ogni personaggio evocato sembra emergere dalla polvere di un vecchio album di fotografie e rappresenta un pezzo dell’esistenza del protagonista: persone comuni, emarginate o dimenticate risuonano come universali, perché portano con sé i temi eterni dell’identità, dell’appartenenza, della memoria.
Giuseppe Battiston, diretto da Paola Rota, si tuffa a capofitto in questo mondo, trasformando ogni gesto e ogni parola in un atto di introspezione e condivisione. Sul palco è un narratore magnetico che passa dal grottesco al lirico, dal sarcasmo alla commozione, costruendo con disinvoltura una performance complessa che trascende il semplice racconto teatrale.
Ogni spunto si trasforma in un veicolo per esplorare le profondità dell’animo umano. La forza dello spettacolo risiede principalmente nella sua universalità.
Non si tratta solo della storia personale di Dovlatov o delle sue esperienze di emigrante; è semmai una riflessione sul significato del distacco e del cambiamento all’interno della quale chiunque può ritrovare un pezzo di sé: nei ricordi di ciò che ha lasciato, nelle scelte che ha compiuto, nei rimpianti e nelle speranze che lo accompagnano.
La scenografia è minimale e propone l’ambiente di uno studio radiofonico (popolato da microfoni) che funge da ponte tra il mondo interiore del protagonista e il pubblico. La radio, simbolo di comunicazione a distanza, diventa il mezzo attraverso cui Dovlatov non solo si racconta ma dialoga. Come un messaggio in bottiglia, le sue parole si perdono nell’etere ma trovano verità nell’atto stesso di essere pronunciate. L’idea dell’emigrazione viene esplorata in tutte le sue sfumature: non è solo una questione geografica, ma esistenziale. Emigrare significa lasciare qualcosa di familiare per qualcosa di ignoto, affrontare la vertigine di un mondo nuovo che, invece di accogliere, spesso aliena e confonde.
La libertà, che Dovlatov cercava disperatamente, si rivela una conquista amara, fatta di solitudine e vuoto, di mancanza di radici e di significato. In questo senso, lo spettacolo diventa un’esperienza interattiva, in cui il pubblico si ritrova a interrogarsi sulla propria vita, come se fosse parte integrante della narrazione.
Battiston, con la sua presenza scenica imponente e il talento per sfumare i confini tra comico e drammatico, riesce a dar vita a un universo che non lascia indifferenti.
Il pubblico viene trascinato in un vortice di emozioni, dalle risate amare alla commozione sincera, fino a quella sensazione di lieve vertigine che si prova di fronte alle grandi verità.
“La Valigia” non teme di affrontare le zone d’ombra della nostra esistenza, ma lo fa con una delicatezza e una poesia che lasciano il segno. Un racconto di perdita e scoperta che ci ricorda che, in fondo, siamo tutti emigranti alla ricerca di un luogo da poter chiamare casa.
LA VALIGIA
da Sergej Dovlatov
adattamento di Giuseppe Battiston e Paola Rota
dalla traduzione di Laura Salmon
regia Paola Rota
con Giuseppe Battiston
scena Nicola Bovey
luci Andrea Violato
suono e musica Angelo Elle
costumi Vanessa Sannino
produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo
Durata: 1h 20′
Applausi del pubblico: 2′ 59”
Visto a Milano, Teatro Franco Parenti, il 4 dicembre 2024