Protagonisti due sorelle e un sarto, due brutti e una bella scaltra e consapevole in procinto di sposarsi. La bella è la vincente, quella che sa come cavarsela, la brutta è timida, impacciata, insicura, poco curata e, come in tutte le storie che si rispettino, succube della sorella.
Il sarto è un giovane che appartiene al mondo degli “sfigati”, quelli lontani dall’amore, escluso dalle passioni, dal successo: un emisfero di abitudinari, umili e silenziosi, relegati in spazi dove tutto è negato, lontano. In questi trionfi della solitudine tocca arrangiarsi, e quando è il caso non andare troppo per il sottile. Una lieve ed efficace vena ironica, a tratti surreale, soprattutto nelle azioni e nella mimica, alleggerisce e rende dinamica la messinscena della giovane compagnia, che opta, nel caratterizzare i personaggi, per stereotipi che appaiono poco originali.
Un doppio binario, quello del parlato e del gestuale, che non sembrano sempre andare di pari passo, in un horror vacui che porta la compagnia a riempire ogni momento dello spettacolo senza lasciare mai un attimo di vuoto e calma, tutto d’un fiato a precipizio, in un montaggio serrato caratterizzato da tagli e rotture un po’ spiazzanti.
Il tutto accompagnato da rimandi a intramontabili classici del repertorio melodico italiano – riecco spuntare il pop – da Ramazzotti a Tenco, Nannini e Baglioni, talvolta per spezzoni, talvolta per citazioni nel parlato, con esiti felici. E questi sono senza dubbio i momenti più riusciti del lavoro.
Come si evince dal titolo si parla d’amore, dell’amore inaspettato oppure calcolato, dell’amore precluso o sognato, dell’amore da interrompere o di quello da prendere al volo, a tutti i costi, pur di garantirsi una vita migliore. Tuttavia nel farlo si scelgono nella tavolozza policroma della realtà solo due colori. Ci si muove per estremi e si tralasciano le sfumature, che sono tantissime.
Accade l’opposto invece nella partitura gestuale e nell’uso (talora, mi si passi il termine, impreciso) dello spazio, ricco di idee, spunti e rimandi, anche se poco sviluppati.
Pur tuttavia questa giovane compagnia offre momenti intensi e divertenti di teatro, e soluzioni poetiche e lievi assai riuscite.
Al contempo c’è anche una sorta di “confusione”, di saturazione, di voler fare e riempire troppo la scena e in scena. Così si rimane a metà, come quando, dopo aver conversato a lungo con uno sconosciuto logorroico e dall’animata gestualità, si rimane a metà tra il sorriso e il mal di testa.
Uno spettacolo riuscito e in parte non, che piacerà molto al pubblico perché capace di non annoiare – e questa non è cosa da poco -, che non lascia momenti di vuoto, seppur quest’ultima sia una caratteristica che nell’insieme toglie anche qualcosa allo spettatore: la possibilità di soffermarsi, di riposarsi dal serrato bombardamento visivo che talvolta affatica l’attenzione.
In scena l’8 e il 9 febbraio a Napoli, Start interno5.
Cantare all’amore
di e con: Nicola Di Chio, Paola Di Mitri, Miriam Fieno
supervisione al testo: Michele Santeramo
produzione: La Ballata dei Lenna
con il sostegno di: Fondazione Campania dei Festival – E45 Napoli Fringe Festival
Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù – Regione Piemonte – Provincia di Alessandria, Regione Puglia – Progetto Principi Attivi – Assessorato Politiche Giovanili – Fondazione Live Piemonte dal Vivo – circuito regionale dello spettacolo –
in collaborazione con: Teatro Minimo, Teatro Bottega degli Apocrifi
durata: 1h 02′
applausi del pubblico: 1′ 20”
Visto a Lari (PI), Teatro di Lari, il 1° febbraio 2014