Le Metamorfosi di Fortebraccio Teatro illuminano Inequilibrio

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Una delle Metamorfosi di Fortebraccio Teatro (photo: Lucia Baldini)|Una delle Metamorfosi di Fortebraccio Teatro (photo: Futura Tittaferrante)
Una delle Metamorfosi di Fortebraccio Teatro (photo: Lucia Baldini)
Una delle Metamorfosi di Fortebraccio Teatro (photo: Lucia Baldini)

Da sempre Armunia trova nel progetto Residenze una delle sue scelte fondanti. Si tratta in sintesi di offrire spazio e soprattutto tempo alle compagnie per la creazione, senza forzature di qualsivoglia sorta. Spesso la cartina tornasole della bontà del progetto viene ad essere il festival Inequilibrio, momento in cui gli artisti condividono e mostrano ‘coram populo’ il lavoro frutto delle residenze invernali.

Nella seconda e conclusiva settimana di festival, due lavori tra loro diversissimi, o per meglio dire, due veri e propri “fatti di teatro” hanno testimoniato, ancora una volta, della bontà ed efficacia del faticoso e spesso avversato progetto di Armunia. Ci riferiamo a Fortebraccio Teatro e Nerval Teatro, che hanno presentato rispettivamente “Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi)” e “Attraversamenti”.
Del primo vi parleremo oggi; del debutto di “Attraversamenti” nei prossimi giorni.

Il lavoro di Fortebraccio – che debutterà in prima nazionale al festival Orizzonti di Chiusi (AR) – ha accompagnato giorno per giorno tutta la seconda parte del festival, con cinque brevi messinscene site specific.
Roberto Latini ha regalato agli spettatori cinque “momenti di teatro” intensissimi, attraversando le “Metamorfosi” di Ovidio nel tentativo – assai felice – di offrire una ‘drammaturgia mobile’, cercando “una possibile concatenazione scenica” che non ha seguito tuttavia né senso né argomento. Ed è stata forse questa scommessa difficilissima a far sì di offrire ai fortunati spettatori qualcosa di raro, una fiamma viva di teatro, che ti si stampa dentro e ti accompagna nascosta nel tempo.

Latini ha scelto, con una felice intuizione, la figura del clown come filtro e asse delle messinscene. Apparentemente spiazzante, questa soluzione si è rilevata tuttavia efficace nell’affrontare la densa materia. Il clown, l’essere in fondo più umano dell’uomo stesso, che può ridere e piangere in pubblico senza pudore di sorta, ferocemente deriso, rende palese tutta l’umanità che sta dentro le figure protagoniste dell’opera di Ovidio.
Ha giocato di bianco e nero l’attore e regista romano, mescolando performance, danza e teatro ed insistendo molto sul potere evocativo dell’immagine per attraversare una narrazione sconfinata, in una messinscena iconografica esaltata dalla superba partitura di musiche e suoni di Gianluca Misiti, perfetto contenitore dentro al quale tutto il talento di Roberto Latini, la sua visione – diciamo così – è emersa.

Ma non ci sono solo i clown – e non basta un rimando a Fellini per esaurire tutta la potenza di questa scelta – in questo “prezioso vocabolario per immagini” che sono le “Metamorfosi”. C’è il nero delle lacrime dipinte sui volti, il bianco etereo e delicato del sipario che sta in fondo alla scena, oltre il quale i protagonisti si ritirano nel loro mondo, impedito alla vista di noi spettatori-uomini; ci sono fiori che spuntano a decorare le aste dei microfoni in scena, non sappiamo se simbolo di morte o di vita nella loro esuberanza colorata e barocca. C’è una scenografia spoglia, in cui i protagonisti si muovono stralunati, impauriti e impotenti di fronte all’avverso fato, alla mercé di un destino che li sovrasta e contro il quale sono così deboli.
E c’è tutta la contemporaneità di storie che sembrano così attuali da risultare spiazzanti e “nuove”.

Una delle Metamorfosi di Fortebraccio Teatro (photo: Futura Tittaferrante)
Una delle Metamorfosi di Fortebraccio Teatro (photo: Futura Tittaferrante)

Ci sono tutti gli stilemi che contraddistinguono il teatro di Roberto Latini, oramai autore dalla cifra ben definita, a cui avevamo già accennato parlando della messinscena pratese dell’“Ubu roi”, che presentava molti tratti che abbiamo ritrovato in questi 5 “atti” site specific, questo trionfo dell’hic et nunc che solo il teatro sa regalare. Ci sono inoltre rimandi al mondo disneyano, alla cultura cattolica, all’universo transgender, come a volerci dire che i nostri giorni sono quei giorni, le nostre storie sono quelle storie. I miti fondanti del pensiero moderno e contemporaneo sono ancora tra noi, sono ancora vivi, e ci indicano il nostro stare incerto e imprevedibile tra il Caos e la morte di Cesare, dalla “creazione dell’Universo alla fine di un Mondo, di un Tempo”.

La scelta dei luoghi delle messinscene di questo “Metamorfosi” ci ha colpito anche per la capacità che ha avuto di irrompere e trasformare il quotidiano di spazi e persone: ci riferiamo, ad esempio, all’episodio di “Orfeo ed Euridice” andato in scena in spiaggia alle 7.45 di un sabato mattina, quando ancora il mare è popolato solo di bagnini che preparano le sdraio e di giovani ragazzi che portano frutta e verdura ai bar, e c’è solo qualche raro bagnante.
Così, un luogo che durante il giorno perde i propri connotati e viene aggredito e sommerso dal vociare di turisti e bagnanti che affollano le spiagge, in un mattino ancora dimenticato dall’afa giornaliera diviene luogo dove si consuma la vicenda eterna di Orfeo ed Euridice.

Oppure, con un esempio di segno opposto al precedente, quella che molti anni or sono fu una fontana all’interno del parco del castello Pasquini, ora abbandonata, piena di plastica, foglie secche e muschio, si trasforma, nascosta dall’esterno da una parete bianca circolare nello stagno in cui Narciso consuma il suo amore inappagato.

Infine una nota di colore: Fortebraccio Teatro ha concluso la sua narrazione l’ultima sera, domenica 5 luglio, mettendo in scena “La peste”, forse il più complesso degli episodi, che è terminato con gli attori che hanno invitato i numerosi spettatori a ballare in scena, in una sorta di djset/happening finale, in attesa della torta e dei festeggiamenti di fine festival. E tutti, dico tutti, hanno ballato guidati dal dj Misiti. Persino Franco Cordelli.

METAMORFOSI (di forme mutate in corpi nuovi)

Da Ovidio
Adattamento e regia Roberto Latini
Musiche e suoni Gianluca Misiti
Lucie e direzione tecnica Max Mugnai
Produzione Fortebraccio Teatro
In collaborazione con Armunia, Festival Orizzonti – Fondazione Orizzonti d’Arte

durata: 20’ ciascuna

Viste a Castiglioncello (LI), Festival Inequilibrio, 1 – 5 luglio 2015

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