Lev. Il teatro dei Muta Imago che sa arrivare

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Muta Imago (photo: Giuseppe Di Stefano)

Lev parte dalla vicenda del soldato Lev Zasetsky, ferito in guerra con un proiettile che, successivamente, gli viene asportato dal cranio. Quello a cui assistiamo è il viaggio fantastico dentro al cervello del protagonista che barcolla tra ricordi confusi, voci provenienti dall’esterno, notizie radio, suoni ospedalieri, tentativi fallimentari di dialogare con un reale lontano e sconnesso.

Raccontarlo sembra impossibile, ma la sapiente orchestrazione di suoni, proiezioni, partiture gestuali, luci ed effetti di rifrazioni e trasparenze, miste ad un chilo di farina entro i diciotto metri quadri in cui si muove l’attore, rendono perfettamente l’idea. Lo spettacolo colpisce e fa male. La guerra, che accompagna gli ultimi tre lavori dei Muta Imago(a+b)2 e comeacqua – è un pretesto per indagare la condizione dell’uomo contemporaneo, “alla continua ricerca di qualcosa che si è perso”.

Muta Imago si conferma con questo spettacolo uno dei gruppi emergenti più interessanti della scena italiana, capaci di raccontare storie esplorando nuovi linguaggi espressivi, capaci di un’innovazione che gruppi presenti sulla scena da decenni sembrano aver esaurito e, soprattutto, in grado di arrivare a tutto il pubblico, senza presunzioni intellettuali o barriere tra spettacolo e spettatore.

Il gruppo nasce a Roma nel 2004 dall’incontro tra Riccardo Fazi, drammaturgo, Claudia Sorace, regista, e Massimo Troncanetti, scenografo; mentre dal 2006 collaborano stabilmente con l’attore Glen Blackhall.
La loro capacità di ‘arrivare’ al pubblico fa riflettere molto sullo stato dell’arte del teatro di ricerca. Come accadde con l’esplosione del fenomeno Emma Dante, catapultato a fianco dei vari spettacoli in cui, per capire qualcosa, devi avere la laurea in storia del teatro con specialistica sull’autore in questione o due master in arte contemporanea o filosofia del suono digitale…
E qui si apre il grande interrogativo che imperversa ogni anno e, quest’anno, più che mai: a chi si deve rivolgere un festival? È un luogo di spettacoli per il pubblico o una vetrina per operatori e critici? Noi ci auguriamo che la domanda sia posta in primo piano in questi giorni caldi in cui si decidono le sorti del Festival di Santarcangelo.

Ma torniamo a Lev, spettacolo che divide il pubblico e convince pienamente chi scrive. Mi sono emozionata, uscendo dalla sala veramente scossa. Il diavoletto sulla spalla sinistra dice che è facile emozionare facendo leva su suoni così forti per sconvolgere il pubblico: quando tutto sembra calmarsi lo spettatore viene stordito da bombardate di rumore e luce. Ma l’angioletto sulla spalla destra chiede di ignorare la tecnica per concentrarmi sull’emozione. Lo spettacolo colpisce. Questo è il risultato.
Consiglio: da vedere assolutamente. Poi, schierarsi.

LEV
ideazione: Glen Blackhall, Riccardo Fazi,
Claudia Sorace, Massimo Troncanetti
regia: Claudia Sorace
drammaturgia/suono: Riccardo Fazi
realizzazione scena: Massimo Troncanetti
costumi: Fiamma Benvignati
con: Glen Blackhall
produzione: Ztl-pro/Santasangre – Kollatino Underground
in collaborazione con Inteatro/Scenari Danza 2.0, Amat
con il sostegno di Regione Marche
durata: 38′ 15”
applausi del pubblico: 1′ 43”

Visto a Santarcangelo (RN), Palestra ITC, il 14 luglio 2008
Santarcangelo dei Teatri

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