Maria Grazia Mandruzzato da Salmon a Piovene. Intervista

Maria Grazia Mandruzzato
Maria Grazia Mandruzzato
Maria Grazia Mandruzzato in ‘Le mille e una notte’ (photo: padovacultura.padovanet.it)

Chi – conoscendo i volti del teatro italiano degli ultimi vent’anni – l’ha incontrata, difficilmente dimentica l’espressione, lo sguardo, la personalità d’attrice di Maria Grazia Mandruzzato.
Inizia la sua attività artistica nel 1976, poco più che ventenne, lavorando con molte compagnie di teatro e di danza e per diversi centri di produzione, italiani ed europei.

Dieci anni dopo il debutto incrocia la sua strada artistica con quella di Thierry Salmon, partecipando a diversi progetti-spettacolo, fra i quali il più significativo resta “Le Troiane” di Euripide, in cui interpreta il ruolo di Ecuba (Premio Ubu 1989). Ma la collaborazione con il regista belga continua negli anni con “Des passions ” tratto da “I Demoni” di Dostoewskij e “L’assalto al cielo” dalla “Pentesilea” di H. von Kleist. Per “Temiscira 3 le vostre madri sono state più solerti…”, tratto dalla “Pentesilea” di H. von Kleist, riceve l’Ubu 1998 come attrice non protagonista.

Nella sua carriera lavora, fra gli altri, con Raul Ruiz, Cristina Pezzoli, Elio de Capitani, Roberto Bacci, Paco Decina, Claudio Bernardo, fino agli ultimi “Edipo a Colono” di Mario Martone, “Elettra” di Hofmannsthal per la regia di A. De Rosa ed una serie di letture-concerto curate e interpretate da lei stessa (“Ildegarda” di Bingen, “Etty Hillesum”, “Le Mille e una notte”).

Attrice sensibile e intensa, Maria Grazia Mandruzzato è tornata di recente in scena con “La madre”, produzione del Crt tratta da “Lettere di una novizia”, di Guido Piovene, ripreso dalla stessa interprete e da Luca Scarlini.

E’ la storia di un’educanda la cui esperienza giovanile in convento diventa, di fatto, una reclusione, portandola all’infelicità. Nella messa in scena i molti protagonisti del romanzo diventano uno solo: la madre, che si chiede il perchè del tragico finale della vita della figlia e, nel cercarne la colpa, svela le proprie.
Una distanza fredda, un abbandono, una vita materna mai vissuta per davvero.
Gesti essenziali, che la Mandruzzato soppesa e vivifica in una scena che, come ci racconta nell’intervista registrata nei camerini del Crt di Milano a dicembre, ha ciò che serve: pochissimo quindi, un tavolo-scrivania con un piccolo portafiori e dei fiori bianchi. Il movimento dell’attrice, in uno spazio vuoto e abitato da luci fioche che si accendono con estenuante lentezza, crea spazi più nell’inconscio che nel reale, cosicché, fin dal principio, lo spettacolo sembra un’epifania della psiche.

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  1. says: Elena

    Ho letto il libro curato dalla Mandruzzato sull’opera di Salmon e lo studio fatto per mettere in scena “I demoni” di Dostoevskij, intitolato poi “Des Passions”: molto interessante e descrittivo.
    Scritto con passione.
    Complimenti