Alla Triennale per FOG la performance stordente e surreale di Maria Alterno e Richard Pareschi con musiche di Schumann
Una fitta coltre di fumo accoglie il pubblico in occasione di “Manfred”, performance sinestetica di Madalena Reversa all’interno di FOG, festival pluridisciplinare di Triennale Milano che terminerà l’11 maggio.
Luci stroboscopiche. Musiche ad alto volume. E quella spessa coperta di nebbia, che poi in inglese si dice proprio fog. Assistere a questo closet drama scritto da Lord Byron nel 1816 significa penetrare in un universo gotico, psichedelico, che proietta verso scenari spirituali ineffabili, e soprattutto introduce l’afflato di una poesia tormentata.
Scritto da Byron per essere recitato nei salotti (questo è il senso di un closet drama), in realtà “Manfred” ben si adatta alla trasposizione scenica, come dimostra l’esperimento orfico di Carmelo Bene del 1978.
“Manfred” è culto del dionisiaco e indagine del demoniaco. È il lato oscuro e drammatico del romanticismo europeo. È riscoperta dell’interiorità e della dimensione spirituale. Il poema di Byron, concepito dentro la famosa sfida in un castello sul lago di Ginevra da cui nacque anche il “Frankenstein” di Mary Shelley, scaturisce dal bisogno di un uomo solitario di ritrovare il contatto con la donna amata, morta suicida.
“Manfred” è dunque l’addentrarsi nei meandri della coscienza attraversando la natura, solcando le tenebre, affacciandosi a quel limite supremo in cui il desiderio di fuga dal presente sconfina nell’autodissoluzione e rompe la barriera dello spazio/tempo. Il cupio dissolvi profilato diventa celebrazione dell’eroe ribelle e titanico, in bilico tra l’aspirazione a vivere fuori da ogni convenzione e un dolore senza redenzione.
In questo lavoro notturno e onirico, Maria Alterno e Richard Pareschi creano un’atmosfera stordente e surreale, che inesorabilmente risucchia lo spettatore in un altrove livido e irrazionale. I suoni ripetitivi, martellanti o melodici, scalfiscono la percezione sensitiva e temporale proprio nel momento in cui si inaspriscono, e per paradosso disegnano scenari onirici densi di simbolismi.
Alterno e Pareschi sono due ombre nel fumo; sono sagome al confine tra vita e immaginazione. La coscienza evapora tra i fumi di un incensiere, sfuma dentro una spiritualità ovattata ed esoterica.
Celata da una cappa plumbea, Maria Alterno usa i colori, i toni, il timbro della propria voce, sfruttando anche le estensioni di un microfono. La voce esalta le potenzialità del testo di Byron, di cui è preservato l’originale inglese.
Alterno è una Pizia che eleva un’ode all’Assoluto, per poi calarsi negli abissi. La voce sublima: tagliente come una lama, diventa canto esile, metafisico, accompagnato da suoni minimalisti subliminali. Il suono si sdoppia e si moltiplica, con effetti inquietanti.
Parole stridule, penetranti, scoscese ci percuotono accompagnate da sovratitoli in italiano su due pannelli laterali. È tuttavia riduttivo parlare di “traduzione”. Ai lati della scena campeggiano le proiezioni di scritte bianche in stampatello maiuscolo, e risuonano come una citazione ossessiva dell’Inferno byroniano. Sono “parole di colore oscuro”, ed evocano oscuri presagi.
“Manfred” è pertanto apoteosi dell’irrazionale, compromissione e disintegrazione dell’armonia. È un testo «metà polvere e metà divino». È l’ignoto e il mistero. È la reliquia di un mondo in frantumi.
Sulla scena, lingue di fuoco fendono le tenebre. Un candelabro giace riverso, obliquo sul pavimento. Le luci (di Andrea Sanson) si fanno fioche. Un’aura rossastra pervade la sala.
Accompagna “Manfred” l’Op. 115 di Schumann, che diventa latebra, scavo introspettivo, esplorazione tattile delle corde della disperazione. Schumann aggiunge sale alle ferite. Imposta un canto funebre sommesso, eppure brioso. Le dissonanze armoniche del compositore tedesco si coniugano con i suoni distopici di Angelo Sicurella e le musiche originali di Donato Di Trapani, che a tratti prefigurano un’euritmia possibile. L’altalenanza del sound design, del resto, asseconda come contrappunto un testo delirante di vertici e abissi, di vette e dirupi.
La parola è intruglio di bava e sangue. Ma qui essa non canta solo la follia e il dolore, l’attrazione per la morte e l’anelito al suicidio, altrimenti sarebbe revival sterile ed esercizio estetico. Il “Manfred” di Madalena Reversa è invece un dramma contemporaneo perché canta la natura come forza selvaggia, che l’uomo si ostina a distruggere. È dunque il vagheggiamento di scenari lontani ed esotici, il viaggio verso una bellezza liberatoria. È anelito verso l’armonia universale, e prefigura una ricongiunzione con l’infinito tutta da riconquistare. Infine, questo “Manfred” lacerato è rinuncia alla perfezione della forma, per sprigionare la carica passionale dell’artista.
MANFRED
Ideazione Maria Alterno e Richard Pareschi
testo George G. Byron
musica Robert Schumann, Op. 115
musiche originali Donato Di Trapani
live electronics Donato Di Trapani/Angelo Sicurella
sound design Angelo Sicurella
voce Maria Alterno
disegno luci Andrea Sanson
direzione tecnica e fonica Francesco Vitaliti
grafica Federico Lupo
organizzazione Giulia Monte
produzione Madalena Reversa con Motus
durata: 50’
applausi del pubblico 2’
Visto a Milano, Triennale Teatro, il 10 marzo 2023