Maria Luisa Abate è protagonista del monologo “L’importante è che ci sia qualcuno, Vaduccia”
I Marcido sono tornati a casa. Dopo uno stop forzato dalla pandemia e dalla messa in scena di “Memorie del Sottosuolo” lo scorso novembre al Teatro Gobetti di Torino, Marco Isidori & co. hanno riaperto il loro teatro in corso Brescia, sempre a Torino.
La particolare intimità del luogo, ideato e progettato dalla scenografa Daniela Dal Cin, ci riporta a quel cammino che la compagnia stava percorrendo a partire da quel 2015 in cui, dopo aver festeggiato i trent’anni di attività, aveva deciso di aprire una sala con i fondi messi da parte per un film mai realizzato: da lì l’ironico nome, Marcidofilm!
Un ritorno ad un percorso che si stava compiendo e che torna a mettersi in moto con tutte le sue caratteristiche fondanti. L’intimità e la vicinanza tra spettatori e attori, lo spazio scenico ridotto ma potenziato da ogni tipo di attrezzatura hanno plasmato la costruzione degli spettacoli.
In questi primi appuntamenti troviamo l’attore “nudo” in tutta la sua straordinaria presenza. Pochi se non del tutto assenti gli apparati scenografici che abbandonano l’interprete a chi lo guarda.
Un incontro profondo e naturale, sorretto delle parole che fungono da perno attorno al quale si sviluppa l’azione.
Il primo spettacolo a cui assistiamo è un monologo di Maria Luisa Abate ispirato a “L’amante” di Abraham B. Yehoshua, rivisitato drammaturgicamente da Isidori e titolato “L’importante è che ci sia qualcuno, Vaduccia”.
L’attrice sta davanti a noi in uno spazio vuoto, non ci sono elementi scenografici né oggetti. E’ in piedi, al centro del palco, vestita del più neutro abito nero. Un filo di trucco bianco in volto.
Inizialmente il collegamento con lo spettatore è mediato da metafore e sensazioni che ci arrivano frammentate. La donna si risveglia da un trauma profondo ed entra in contatto con gli elementi della natura che percepisce intorno. Un albero fuori dalla finestra, un minerale. E’ il ritorno alla realtà e ai ricordi di un passato che si intreccia con un presente complesso.
Poco a poco il rito del teatro chiude il suo cerchio e avvolge insieme platea e scena. La Abate diventa uno straordinario strumento di gesti e parole, resta praticamente immobile, ma le braccia si muovono in una danza coordinata e millimetrica che ci fa sprofondare nelle incertezze e nelle paure della protagonista.
Poco per volta la conoscenza con Vaduccia si approfondisce, la memoria prima annebbiata si fa più lucida. E’ una donna ebrea, di Gerusalemme, benestante e ben protetta dal più classico pregiudizio nei confronti degli arabi.
Dolcemente la protagonista abbandona lo stato poco più che vegetativo dell’inizio, per ricostruirsi nelle relazioni con il mondo che la circonda. Con grande sorpresa si trova in un assurdo capovolgimento dei ruoli. Un giovane arabo in difficoltà le viene affidato per prendersene cura. Riscopre così l’amore della madre e della nonna, mentre riaffiora il dolore della perdita della figlia e del nipote durante la guerra.
E’ per lei un vero e proprio ritorno alla vita, commovente ed imprevisto. Una sorta di veloce attraversamento dell’esistenza, che vive sulla scena con una ricerca della verità profonda e toccante.
I “fronzoli” linguistici lasciano spazio ad un testo molto reale, mentre la gestualità della protagonista si adegua alle parole passando da movimenti volutamente più artificiali ad una postura naturale.
Il finale ci lascia ulteriormente sorpresi, un definitivo colpo di teatro che, non a caso, lascia trascorrere qualche secondo prima che l’applauso, inevitabile, rompa il silenzio.
L’IMPORTANTE È CHE CI SIA QUALCUNO: VADUCCIA
adattamento drammaturgico di Marco Isidori
da “L’amante” di Abraham B. Yehoshua
interprete Maria Luisa Abate
regia di Marco Isidori
produzione Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa 2021
durata: 1h 30′
applausi del pubblico: 2′ 45”
Visto a Torino, Teatro Marcidofilm!, il 30 gennaio 2022