L’Odissea di Mario Perrotta: un Telemaco al di là dell’Argine

Odissea (photo: marioperrotta.com)
Odissea (photo: marioperrotta.com)
Odissea (photo: marioperrotta.com)

Di lui, negli ultimi anni, hanno parlato bene praticamente tutti: sia per l’impegno e l’originalità dei risultati, sia per una congenita predisposizione alla teatranza che nasce in famiglia.

Il suo Telemaco salentino, protagonista di “Odissea“, è una sofisticata prova d’attore. Lo sforzo è teso a rendere immediato e pulsante l’esame della solitudine di un ragazzo cresciuto senza padre, uno degli aspetti forse meno indagati della dinamica psicologica dell’epos omerico, nei secoli imperniato sulla figura dell’eroe. Quest’Odissea è invece un racconto dalla parte del figlio; un piccolo poemetto sul tema dell’abbandono.

Mario Perrotta è nato a Lecce nel 1970 dove ha subìto, fin da piccolo, evidenti contaminazioni ambientali. Teatrante in vernacolo, suo nonno – una sorta di silenzioso partigiano salentino – in famiglia ha portato non solo la dignità di rifiutare la carriera in nome della mancata adesione alle idee del Ventennio, ma anche un rispetto per il teatro e il silenzio “…che manco Peter Brook!”, ci dice divertito Mario, mentre si trucca nei camerini dell’auditorium di Bergamo prima dello spettacolo, inserito nella rassegna Altri Percorsi 08/09 del Teatro Donizetti.

Tornando a vita e opere del Perrotta nipote, nel 1989 inizia a frequentare alcune scuole di teatro a Bologna dove, a dire suo, impara poco. Ma è qui che nasce il nucleo fondatore della compagnia del Teatro dell’Argine.
“Fondamentali in questi anni il lavaggio macchine e i ristoranti presso i quali lavora per mantenersi agli studi: in questi luoghi costruisce un concetto epico di se stesso che lo accompagnerà sino agli ultimi anni del vecchio millennio”, recitano alcuni testi apocrifi.

Poi esperienze con grandi, come Glauco Mauri, la laurea in Filosofia e, nel 1998, l’incontro con Paola Roscioli, attrice di scuola strehleriana che diviene sua compagna stabile, nella vita e nel lavoro.
Nello stesso anno il Teatro dell’Argine vince il bando di concorso per la gestione dell’Itc Teatro di San Lazzaro, accelerando improvvisamente la propria attività organizzativa e produttiva.

Dall’inverno del 2002 si dedica a tempo pieno alla raccolta di testimonianze orali degli ex-emigranti salentini ed italiani in generale, registrando oltre 150 ore di racconti, l’ossatura di “Italiani Cìncali”, che va in scena, in dialetto salentino, nel settembre 2003.
Tre anni dopo la compagnia del Teatro dell’Argine riceve il Premio Hystrio, per poi debuttare nel 2007 con l’Odissea, grazie a cui Perrotta verrà candidato all’Ubu 2008 come miglior attore. Non vince, ma in compenso presenterà la serata.

Prima che qualche folata di vento lo allontanasse da riva, lo abbiamo intervistato. A Bergamo, in un camerino, con trucco e specchietto, mentre si colora gli occhi con la matita. Sembra quasi roba seria. O chissà, roba da teatro. Ci ha lasciato un’impressione di scherzosa caparbietà, di grande convinzione dei propri mezzi, di lavorare tanto e di essere profondamente legato al suo percorso personale e professionale.

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