Mercato della Conoscenza e Non Conoscenza: lo sguardo di Mobile Akademie Berlin su Milano

Ph: Davide Stecconi
Ph: Davide Stecconi

Per il decennale di ZONA K, 85 esperti dialogano con i milanesi sulla complessità urbana, in una performance di teatro partecipato

Eclettica e stralunata. Misteriosa e imprevedibile. Spaccona, edonista, ma anche ricettacolo di tutte le povertà materiali e miserie spirituali. Capitale della moda, dell’editoria e della finanza, volano di battaglie civili e fermenti artistici e culturali, Milano è inafferrabile e indefinibile per i suoi stessi abitanti. Alla metropoli ambrosiana, alle sue infinite anime, ZONA K ha dedicato a dicembre la performance con cui ha celebrato il proprio decennale. Il progetto, ideato da Hannah Hurtzig, si intitola “Milano e l’imprevedibile complessità. Mercato della Conoscenza e Non Conoscenza”.

ZONA K, associazione culturale diretta da Valentina Kastlunger e Valentina Picariello, si è rivolta a Mobile Akademie Berlin per proporre nel capoluogo meneghino un format collaudatissimo che negli ultimi vent’anni ha attraversato 13 Paesi – dalla Finlandia alla Turchia, dalla Colombia alla Gran Bretagna – con 34 repliche totali.
La performance, comunque nuova a ogni replica, ha messo gli spettatori faccia a faccia con 85 esperti allo spazio La Pelota Jai Alai di via Palermo, zona Moscova. Complessivamente, un’arena di oltre mille metri quadri, capace di ospitare 600 persone. Un luogo che abbina il fascino artistico di Brera a una spazialità avanguardistica.

Ne sono nati 85 incontri di mezz’ora ciascuno, su temi variegati e complessi. Riguardavano l’ambiente e la casa, l’intelligenza artificiale e la scuola, la comunità e il futuro, la cultura e le relazioni, l’arte e l’economia. E tanto altro ancora.

L’atmosfera di una biblioteca, nel caos organizzato di un mercato metropolitano. Un bazar di idee, con i cittadini a contatto con urbanisti e ingegneri, artisti e attivisti. E ancora storici, operatori culturali, scrittori, architetti, per un confronto su un’identità urbana in continuo e rapido divenire.

La complessità, del resto è anche la cifra di ZONA K. Ogni definizione che la riguardi rischia di essere limitante. ZONA K è uno spazio d’incontro e interazione tra diverse esperienze culturali e molteplici discipline artistiche: teatro, cinema, danza, musica, performance, arte visiva. È il punto di partenza per esperienze itineranti e laboratori che coinvolgono bambini e adulti. È sguardo su Milano e sui caratteri che ne fanno una capitale europea. È apertura alle avanguardie e ai nuovi fermenti italiani e internazionali, con lo sguardo di un presente eccentrico rivolto al futuro.

In questo solco opera “Mercato della Conoscenza e Non Conoscenza”, con vari livelli di coinvolgimento del pubblico e di interazione con la società civile, partendo da un concetto di arte come liquidità e progettazione.

La Pelota Jai Alai è un’arena al chiuso che assomiglia un palasport. L’ingresso è libero. Decine di banchi messi in fila. Esperti che si alternano su tre turni, a contatto con i clienti in un rapporto uno a uno, faccia a faccia. Ogni conversazione dura mezz’ora ed è attivata e chiusa da un gong. Al check-in le conversazioni si possono comprare alla cifra di un euro. È possibile scegliere tra varie opzioni, ma la destinazione finale è determinata da una sorta di roulette.
Host e hostess percorrono i corridoi attorno a questo luogo deputato alla cultura, esibendo cartelli che motivano a un sapere etico e responsabile.
C’è uno “Sportello Lamentele e Reclami” per eventuali utenti insoddisfatti. E poi c’è chi, come noi, è spettatore “passivo”, e segue alcune conversazioni sui canali della “Radio del Mercato”, mediante cuffie affidateci in comodato d’uso per il tempo della visita.
Premendo un pulsante sulle cuffie, potremmo fare zapping tra sei conversazioni esperti / clienti, ma siamo rapiti dalla prima che intercettiamo casualmente.

Milena Piscozzo è una giovane dirigente scolastica che ha strutturato la prima scuola media milanese con il metodo Montessori. Parla con entusiasmo di questa esperienza, in cui la centralità dell’alunno è un imperativo categorico. Nella sua scuola si studia per piacere, non solo per necessità. Gli alunni non devono chiedere il permesso per andare in bagno. Sono educati alla libertà, non all’obbedienza. In quelle aule non esiste la cattedra, perché la lezione è svolta dagli alunni, secondo metodi come “la classe capovolta”. Si impara operando e collaborando. La tecnologia è strumento, non fine.
Davanti alla preside Piscozzo c’è un’insegnante della scuola primaria, che ascolta con ammirazione. Comprendiamo – una volta di più – che la scuola serve a vivere, non a immagazzinare nozioni. È così che si previene il disagio e si formano cittadini felici, capaci di gestire conflitti, rabbia e frustrazioni. Crescono nella fiducia, innamorati del sapere. Dotati di spirito critico, sono educati alla complessità e alla molteplicità.

Il secondo round ci inchioda alle parole di Davide Steccanella, docente, avvocato di personaggi controversi come Renato Vallanzasca e Cesare Battisti. In questo dialogo sono di scena gli anni Settanta e la violenza politica a Milano, la rabbia che nasceva nei quartieri dormitorio e debordava nelle fabbriche, nelle università e nelle carceri. Quello slancio idealistico portò migliaia di giovani alla protesta di piazza. Alle prime della Scala si lanciavano uova sulle signore impellicciate e sugli uomini in smoking. Poi si degenerò, e si arrivò agli scontri con le forze dell’ordine, alle imboscate tra giovani di destra e di sinistra. Il divieto di manifestare all’aperto decretato dall’allora ministro dell’Interno Cossiga portò lentamente quei giovani alla lotta armata. Erano gli anni delle trame di stato, della strategia della tensione, dei servizi segreti deviati, degli opposti estremismi. A sinistra il famigerato compromesso storico portò alla spaccatura tra PCI e frange massimaliste extraparlamentari. Giovani di ricca famiglia e di belle speranze scelsero la clandestinità e metodi sanguinari per tentare di cambiare un mondo dove il lavoro era prigione, il diritto di voto un bluff, la violenza di stato elevata a sistema.
Il mondo diviso in due dalla Guerra Fredda era inquinato non solo dal nucleare, ma anche da logiche imperialiste e neocolonialiste. Quei giovani erano disposti a uccidere e a morire per le loro idee. Neppure in epoca fascista le prigioni erano state così piene di detenuti per reati politici.
Steccanella evidenzia i crimini di quegli anni, ma lascia trapelare con estrema lucidità la nostalgia per una carica idealistica di cui poco resta ai giorni nostri.

Il nostro ultimo “incontro” è con il farmacologo e chemioterapeuta Silvio Garattini. Che nella conversazione intitolata “Prevenzione è Rivoluzione” illustra i fondamenti di uno stile di vita che armonizza ambiente e salute, che contrasta allevamenti intensivi e sfruttamento ambientale ed economico.
Quante bordate. Garattini deplora la sovraprescrizione di farmaci agli anziani. Lui che, a 95 anni, fa cinque chilometri di camminata al giorno, e di pillole non ne prende neanche una.
Lo sapevate che il 40% dei tumori è evitabile attraverso uno stile di vita sano e dinamico che riduca zuccheri e sovrappeso, fumo, alcol e inquinamento? Basta diminuire del 30% l’introiezione calorica per allungare del 20% la vita. E le sigarette, responsabili di 28 malattie tra cui cataratta e artrite reumatoide, solo in Italia comportano il disboscamento di 14mila ettari di terra. E quanto inquinano i fumi e i mozziconi di 40 miliardi di sigarette consumate nel Belpaese ogni anno?
Garattini stigmatizza l’alcol persino in modiche quantità, ma anche il cibo biologico, il cui sovrapprezzo porta a ridurre l’uso di quei cibi (frutta, verdura, legumi) salvifici per la salute. Del resto il cibo non trattato produce da solo veleni naturali anche più pericolosi di quelli artificiali. Motivo in più per avvicinarsi agli OGM, che non richiedono pesticidi.

Molti altri sono gli intellettuali che avrebbero suscitato il nostro interesse. Per limitarci all’ambito teatrale, pensiamo a nomi come Elio De Capitani, Claudio Longhi, Oliviero Ponte di Pino, Davide Carnevali e Fulvio Vanacore. Ma ci sono anche lo scrittore Gianni Barbacetto e il fisico Alberto Vailati. E ancora, Alessandra Kustermann, esperta di violenza di genere, Gabriella Bottini, neurologa, Lucia Tozzi, urbanista.
Decine di voci. Conversazioni in diverse lingue, italiano, inglese, francese, arabo, spagnolo, rumeno, tunisino, cinese, LIS. Una riflessione collettiva sulla società metropolitana e le sue dinamiche. Un format accogliente e capace di assumere diverse forme.
Soprattutto, la persuasione che l’arte è impulso per la rielaborazione del presente, grazie alla sua capacità di agitare le coscienze e di mobilitare i cittadini dentro un percorso di senso.

IL MERCATO DELLA CONOSCENZA E DELLA NON CONOSCENZA
Ricerca e Drammaturgia Federica Di Rosa, Valentina Kastlunger e Valentina Picariello, con la collaborazione di Silvia Rigon e Eliana Rotella e il contributo di Renata Viola; con la partecipazione di Federica Bruscaglioni, Valeria Casentini, Gabriele De Risi, Leo Djavidnia, Anna Doneda, Fabio Lastella, Sathya Nardelli, Silvia Orlandi, Elena Pagallo, Leda Peccatori, Lorenzo Piccolo, Silvia Rigon, Eliana Rotella; check-In manager Nicole Lentin; arena manager Philippe Hochleichter; direttore produzione Luca De Marinis; organizzazione e produzione Federica Bruscaglioni e Leda Peccatori; scenografia Marco Muzzolon e Marianna Cavallotti; trucco e acconciature Christian Fritzenwanker e Greta Mornata; comunicazione Silvia Orlandi; grafica Leonardo Mazzi – Neo Studio; ufficio stampa Renata Viola; amministrazione e Fund Raising Valeria Casentini

Visto a Milano, La Pelota Jai Alai, il 17 dicembre 2023

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