Mirabilia 23. Cuneo torna capitale del circo contemporaneo

Ad aprire la tappa di Cuneo il 30 agosto anche la compagnia Pau Palaus con Zloty
Ad aprire la tappa di Cuneo il 30 agosto anche la compagnia Pau Palaus con Zloty

Fabrizio Gavosto presenta la XVII edizione del festival di arti performative: dal 30 agosto al 3 settembre 200 repliche per 50 compagnie internazionali in 40 location della città

«Un teatro era il paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di gelsomino sul far della sera. Non finirei mai di parlarne, di ritornare a specchiarmi in un così tenero miraggio di lontananze».

Il tributo di Gesualdo Bufalino a un Sud remoto e nostalgico (contenuto nel romanzo “Argo il cieco”) si attaglia magnificamente anche per Mirabilia, festival di arti circensi e performative di ritorno nella settentrionalissima Cuneo dal 30 agosto al 3 settembre. Sullo sfondo del pianoro a forma di prua navale su cui sorge la città, si staglia un ridente paesaggio alpino, all’estremo limite del terrazzo alluvionale che sovrasta la confluenza del fiume Stura e del torrente Gesso.

Giunto alla XVII edizione, Mirabilia è un fiume di meraviglie che dilaga in tutta la provincia. Prologo nel capoluogo, lo scorso 8 luglio. Poi Savigliano e ancora Cuneo. Alba, Vernante, Busca e infine di nuovo Cuneo. Per chiudere l’estate. Per emulsionare il ritorno alla vita ordinaria con un programma fantasmagorico di giocolieri, danzatori, acrobati, trampolieri, teatranti, artisti di strada, mangiatori di fuoco.

Duecento repliche in 40 luoghi diversi della città. 50 compagnie internazionali. 10 prime assolute o nazionali. Mirabilia è uno straordinario parco di divertimento urbano che unisce l’esilarante al sorprendente, l’irriverente al poetico nell’apoteosi delle arti dal vivo.
Il direttore artistico Fabrizio Gavosto illustra un festival che si sta espandendo in modo sempre più capillare nella provincia, terra di vini, cioccolatini al rum e tartufi. E ora anche luogo d’arte, con una fortissima vocazione all’internazionalità.

Fabrizio Gavosto
Fabrizio Gavosto

Eppure proprio in Piemonte, e in Italia, avete faticato a trovare una vostra visibilità. È così?
La dimensione internazionale di Mirabilia è un fenomeno molto interessante. Già una quindicina d’anni fa questo festival era conosciuto in Canada, America Latina e in tutta Europa. Paradossalmente noi e l’altro festival della zona, Collisioni, eravamo ignorati dai media locali. Per la redazione di un importante quotidiano torinese, Cuneo era solo una capitale enogastronomica. Progressivamente abbiamo acquisito spazio anche in Italia. E ora siamo riconosciuti come capitale del circo e delle arti performative.

Cuneo è una provincia di frontiera. Forse per questo ha faticato a imporsi all’attenzione dei media.
Ma il turismo culturale è sempre più significativo. Ha esteso la sua durata, e ha un impatto economico rilevante. Noi abbiamo inventato il format del festival diffuso, potendo contare su un territorio ricco di bellezze naturali e artistiche, tra valli, cortili e castelli. Si pensi a Castelmagno. Il circo contemporaneo era una scommessa. Posso dire che l’abbiamo vinta, se è vero che sono nate decine di piccoli festival e di scuole. Così è cambiata anche l’immagine internazionale della provincia.

Il cartellone 2023 è molto ricco.
È un festival non solo multidisciplinare (teatro, danza, circo contemporaneo, musica, arti performative, teatro di strada o urbano) ma anche articolato su più livelli. Si va da quello d’avvicinamento per i nuovi pubblici a uno più complesso con spettacoli maggiormente elaborati, che richiedono giorni e giorni di installazione. E poi spettacoli ancora più curati nei dettagli, da programmare nei cortili o nei teatri, che richiedono un biglietto non tanto come introito, quanto come forma di protezione.

Gli artisti arrivano da ogni dove: Cile, Svezia, Bosnia, Portogallo, Spagna, Francia…
Ma anche Germania, Brasile o Paesi Bassi, per esempio. Quello che si vede a Mirabilia non solo è innovativo e internazionale, ma anche variegato. Risponde a vari tipi di pubblico, da quello familiare a quello sofisticato, che magari ama un certo tipo di danza e per apprezzarla si sposta da città lontanissime.

Attirate molti operatori internazionali.
Sono programmatori e organizzatori europei, canadesi, latinoamericani o asiatici, in un’ottica di confronto e arricchimento con gli artisti italiani. Ma sono anche appassionati e artisti. Di qui le residenze e le partnership. Perché, attraverso stili, creazioni e visioni differenti ci sia una crescita di tutto il movimento.

Nel segno della tradizione ma anche della contemporaneità.
Quando siamo nati, 17 anni fa, il circo contemporaneo era quasi del tutto assente in Italia.
Avevamo una vocazione internazionale e innovativa anche più marcata di adesso. Il circo contemporaneo all’epoca era diffuso solo in Spagna e in Francia. Faccio l’esempio di XY, compagnia di Lille. Teniamo conto che le compagnie di circo quasi sempre contemplano artisti di diverse nazionalità, e spesso sono residenti nei Paesi in cui questo sviluppo è avvenuto prima. Dunque Paesi come Francia, Spagna e Svezia. Le compagnie italiane, una volta, si riconoscevano solo in parte in questo progetto di ricerca e innovazione del linguaggio. Essere riusciti a proporre spettacoli italiani di circo contemporaneo appetibili all’estero è una grande conquista. Oppure si pensi ancora al riconoscimento di artisti di altre discipline, come Alessandro Sciarroni, che presentò il suo “Untitled” anni fa proprio a Mirabilia.

Spieghiamo la differenza tra circo contemporaneo e circo tradizionale?
I linguaggi sono diversi. Il circo tradizionale punta sul numero, quello contemporaneo sulla drammaturgia, spesso eliminando il numero.

Ma proprio la conoscenza tecnica e il linguaggio fisico sono fondamentali per eliminare il numero.
La tecnica ci dev’essere, trasposta, funzionale alla costruzione dello spettacolo e alla drammaturgia. Nel circo contemporaneo la preparazione richiesta è enorme, più ampia del circo tradizionale.

Nelle ultime edizioni di Mirabilia state sviluppando anche danza e teatro.
Sì, ad esempio con SARTR – Teatri di guerra di Sarajevo, che è una coproduzione italo-bosniaca su un testo scritto da Gian Maria Cervo, che sarà in scena in quest’edizione. Negli anni futuri intendiamo rafforzare queste collaborazioni in tutte le discipline presenti al festival.

Ci sarà spazio anche per compagnie locali, magari non professionali?
No, perché sosteniamo che il teatro è un lavoro, e va riconosciuto anzitutto economicamente. Tuttavia tuteliamo le compagnie amatoriali quando vogliono passare al professionismo. Lo abbiamo fatto ad esempio con Prismadanza, che tornerà a Cuneo il 30 agosto dopo essere stata ad Alba e a Busca.

In che modo operate?
Forniamo informazioni, diamo consigli, perché non sempre il passaggio al professionismo è la scelta migliore. Aggiungerei che molti dei ragazzi dello staff di Mirabilia fanno parte di compagnie amatoriali. Abbiamo un centinaio di volontari tra i 16 e i 25 anni. Inoltre ospitiamo scuole e accademie. Per esempio, l’Accademia di Roma.

All’indomani della pandemia vi aspettate una risposta ancora più calorosa dal pubblico di Cuneo?
Il festival è arrivato a Cuneo per la prima volta proprio quando è iniziata la pandemia, nel 2020. Il pubblico era distanziato, ma non avendo operato nello spazio urbano il coinvolgimento dei cittadini era stato limitato. Posso dire che solo lo scorso anno Cuneo ha scoperto il festival, quasi in maniera sorprendente. La curiosità è stata enorme. Quest’anno ci aspettiamo un aumento del flusso. In tanti passano dalla biglietteria a chiederci informazioni, dopo lo stupore dello scorso anno.

Tuttavia lo zoccolo duro degli aficionados arriva da fuori.
Dieci anni fa da un sondaggio era emerso che il 60% dei 50mila spettatori presenti a Mirabilia proveniva da fuori provincia. Il nostro bacino preferenziale è Torino, e subito dopo Milano e Bologna. Abbiamo dovuto lavorare in modo alacre per richiamare il pubblico della città. Ora finalmente Cuneo si sente coinvolta. Siamo curiosi di verificarne già quest’anno la ricaduta.

Parrebbe terminata la pandemia da Covid. Ma in Italia non si è risolta la pandemia delle risorse. A voi come va?
Nell’ultimo quadriennio, prima il Covid, poi le varie crisi hanno portato a un raddoppio dei costi. Tuttavia noi abbiamo registrato un incremento costante delle risorse. Le istituzioni (Compagnia di San Paolo, Regione, Ministero, Fondazione CRC) ci hanno assicurato un sostegno sostanzialmente in grado di compensare l’inflazione. Certo, i costi di gestione non sono indifferenti, se si considera che per produrre uno spettacolo di circo contemporaneo occorrono almeno due anni in strutture adeguate, magari alte 15 metri e di conseguenza costosissime anche per il riscaldamento.

Torniamo all’edizione XVII di Mirabilia, che s’intitola “Water of love”.
Il titolo del festival si ispira a un brano dei Dire Straits del 1978, e invita alla cura con cui devono essere preservati e condivisi i beni del pianeta.

Quali spettacoli sono degni di nota?
All’indomani della pandemia, abbiamo ritrovato la libertà di programmare. Rispetto ad altri soggetti, noi siamo più liberi da vincoli di progetti europei che richiedono collaborazioni e partnership. Per quanto riguarda il cartellone, segnalo gli spettacoli più di ricerca. Sono quelli che cambiano visione dell’arte e approccio ai grandi temi esistenziali. Ad esempio lo spettacolo d’apertura, il 30 agosto, al Teatro Toselli. Si tratta di “Frequência” del portoghese Leonardo Ferreira: acrobazie tout public per parlare d’immortalità e stabilire subito un impatto emotivo con gli spettatori.

Non mancano i ritorni.
È il caso di “Femina” di Abbondanza/Bertoni, compagnia di danza che presenta sempre grandi scommesse, spaziando su vari temi con diversi linguaggi e diverse estetiche. E ancora, “EartHeart” di EgriBiancoDanza.

Altri lavori da segnalare?
“Bello!” di Fabbrica C: uno spettacolo di circo contemporaneo in questi giorni di scena a Berlino, ad animare uno dei più importanti festival europei, scelto all’interno di una nostra anteprima.

Sono spettacoli importanti ma fuori dal mainstream.
Scommettiamo sui progetti per raccontare ciò che sta succedendo adesso, non quello che accadeva l’altro ieri. Siamo un Paese troppo appassionato di archeologia teatrale, nel senso che andiamo a vedere sempre le stesse compagnie e gli stessi spettacoli e perdiamo ciò che arriverà qui tra dieci anni. Vero che anche noi a volte facciamo ricorso a queste strategie. Ad esempio, per l’edizione 2023 riproponiamo, dopo una decina d’anni, i francesi Les rois vagabonds con “Concert pour deux clowns”, un caposaldo delle opere maestre. Ma solo perché agiamo in una città nuova. È un modo per proporre la nostra storia a chi non ha avuto modo di conoscerla.

Insomma, “archeologia teatrale” come eccezione e non come regola.
Raccontare il contemporaneo significa anticipare i tempi. Intercettare ora ciò che tra due anni diventerà di moda.

A proposito di novità. Annoverate anche una vetrina FNAS: di che si tratta?
L’acronimo sta per Federazione Nazionale delle Arti in Strada. Le vetrine sono parte della storia di Mirabilia. Il prossimo anno, ad esempio, ospiteremo una vetrina cilena in partnership con il Ministero della Cultura del Cile. La FNAS si dedica all’arte di strada italiana, ai busker e ai loro spettacoli al cappello. Una modalità ormai obsoleta all’estero, ma che da noi è un interessante primo livello per avvicinare il pubblico alla giocoleria e alla clownerie, e anche alla danza e alle arti performative. È la base da cui partono gli artisti per svilupparsi. È stata anche l’esperienza di personaggi come Claudio Stellato.

Adesso il concetto di strada si è ampliato.
Adesso la strada è uno spazio pubblico o privato dove si incontrano persone, etnie, problematiche, sensibilità, esperienze di vita e d’arte. La vetrina FNAS è importante perché porta all’attenzione degli operatori internazionali le compagnie più giovani e innovative. La risonanza è forte, perché una federazione ha un peso maggiore di quello di un operatore isolato.

Infine, qual è lo stato di salute del circo in Italia?
Noi siamo i soli a saper costruire un tendone da circo e tutte le strutture multimediali che lo corredano. Usiamo picchetti d’acciaio, martelli elettrici minuscoli, insomma tecnologie e materiali elevati. Sul circo siamo avanti di trent’anni rispetto ad altri Paesi, con professionalità d’altissimo profilo che non possiamo rischiare di perdere. In Italia utilizziamo sempre meno gli animali, che compaiono in altri circhi. Rimane il problema e il costo dell’itineranza, degli spazi dove fare le prove, enormi e quindi costosi da illuminare e riscaldare. Da qualche anno tuttavia il circo contemporaneo è finanziato come settore a sé. Questo permette di investire. Il settore è in piena espansione, e ne stiamo facendo la storia. Questo è un momento bellissimo in cui si può programmare. Forse sul piano numerico non siamo competitivi con Paesi come la Francia, che elabora 600 proposte all’anno. Le nostre sono in proporzione pochissime. Ma sul piano della qualità, non abbiamo nulla da invidiare a nessuno.

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