Mythobarbital, la cupa follia di Abattoir Fermé

Mythobarbital
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Mythobarbital

Un cupo senso di terrore e inquietudine attraversa lo spettacolo e tiene il pubblico con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. L’attesa è angosciante e il colpo di scena non arriverà mai, perché ad essere rappresentata non è altro che la banale quotidianità, il più crudele e terribile degli incubi.

“Mythobarbital” è uno spettacolo scioccante, sconvolgente. La relazione con i tanto chiacchierati barbiturici non è affatto astrusa: legata al mito antico, si carica di un significato “altro”, filtrato con maestria dall’introduzione degli aspetti all’apparenza più normali e tranquilli del vivere comune.

Le scene, completamente mute e prive di qualsiasi forma di comunicazione tra i personaggi, si susseguono con un ritmo perfetto, in una coreografia di gestualità straniate, assurde e scandite dal brivido dei suoni in sottofondo.

La compagnia belga Abattoir Fermé (nel 2008 vincitrice del premio “Flemish Culture Prize” normalmente riservato alle compagnie stabili e candidata, lo stesso anno, al Premio Europeo per le nuove realtà teatrali) introduce numerosi riferimenti al teatro del Novecento: a emergere con violenza è il concetto beckettiano di attesa, ma anche la tragica ironia di Brecht e il suo estremo sforzo di portare in scena il pubblico frugando nelle paure più irrazionali.

Ogni cambio di gesto o posizione dei tre straordinari interpreti ci porta in un nuovo mondo di orrori, a tratti talmente profondi da suscitare risatine isteriche nel numeroso pubblico del Teatro della Tosse.
Raccontare che cosa accada nella performance è quasi impossibile in maniera lineare; interrogando anche altre persone si può tuttavia giungere a una visione personale. Tre persone, due donne e un uomo, chiusi in un appartamento, semplicemente vivono. Una vita che scorre davanti a loro nella ripetitività dei gesti quotidiani. Il carrello da supermercato stracolmo di prodotti inutili ci parla di un consumismo penetrato ormai nelle ossa, tra gare di sperpero che danno lo spunto a metafore stupende.
La lettiera viene riempita, la ciotola è stracolma di cibo ma poi non ci si ricorda più dov’è il gatto e si scopre che è morto sul divano, sepolto da una decina di cuscini. Si sfogliano con curiosità riviste patinate, tutte uguali, con le pagine tutte nere; si beve caffè a volontà ma i bicchieri sono bucati, si fuma e si bevono bibite energetiche, i nostri barbiturici da consumatori inconsapevoli.
Un suggestivo scompenso psicotico collettivo che mette in scena la follia totale, di fronte alla quale non sembra esserci più scampo.

Il più normale degli appartamenti, tempio dell’arredamento Ikea, diventa una prigione da cui scappare, un luogo soffocante dove gli oggetti vengono stravolti: un tavolino diventa una tomba, un divano una doccia e gli unici a comandare sono gli elettrodomestici, ben rappresentati da un piccolo esercito di inutili aspirapolveri che si accendono inutilmente a loro piacimento e che stordiscono, infastidiscono, agitano all’estremo i protagonisti. Il risultato è la rappresentazione dello strazio totale che consuma l’uomo riducendolo ad un animale nudo e stanco, una vittima sacrificale pronta a darsi in pasto al futuro.

MYTHOBARBITAL – Falls of Titans
regia: Stef Lernous
drammaturgia: Nathalie Tabury & Nick Kaldunski
con: Tine Van den Wyngaert, Chiel van Berkel, Kirsten Pieters
scene: Leo de Nijsluci Sven Van Kuijk musiche Kreng
produzione: Abattoir Fermé in collaborazione con kc nOna/Kaaitheater & Campo
durata: 1h 14’
applausi del pubblico: 2’ 08’’

Visto a Genova, Teatro della Tosse, il 29 gennaio 2011

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