Next: chi viene e chi va nel teatro lombardo

Senza Francobollo di Schedia Teatro
Senza Francobollo di Schedia Teatro
Senza Francobollo di Schedia Teatro (photo: Lorenza Daverio)
Non sappiamo se investire 400.000 euro per soli tre giorni di programmazione, offrendo un premio alla produzione a 39 compagnie che presentano agli operatori estratti significativi delle loro prossime produzioni (ma nel contempo eliminare il contributo a manifestazioni pluriventennali come Segnali, il festival del teatro ragazzi lombardo), sia un buon modo per promuovere il teatro della regione.

Sta di fatto che, dal 18 al 20 novembre, nelle sale milanesi dei teatri Litta, Franco Parenti ed Elfo Puccini, durante la nuova edizione di Next – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo lombardo, promosso da Regione Lombardia e affidato all’Agis lombarda nella sua organizzazione, abbiamo avuto l’occasione di avere uno sguardo abbastanza ampio sul teatro lombardo e quindi in generale anche sul teatro italiano.

Ovviamente non possiamo parlarvi di tutto ciò che abbiamo visto, ma ci limiteremo a segnalare ciò che ci ha colpito di più, cercando di capire nel contempo le linee generali su cui si muove gran parte del teatro di questa regione.

Partiamo dalla riproposizione di testi classici o dalla rivisitazione di celebri testi letterari per comprendere quanto sia ancora importante la tradizione ed il repertorio sulla nostra scena.
Ancora una volta su questo versante è stato il teatro americano del ‘900 a venirci in soccorso.

Elio de Capitani del Teatro dell’Elfo ha infatti proposto una lunga scena di “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller. Protagonista con lui, la sua compagna d’arte e di vita Cristina Crippa e un cast di otto attori. Un testo, questo, che nei tempi di crisi che stiamo attraversando ci è parso ancora straziante e attualissimo, rappresentando una famiglia tra le due guerre alle prese con la disillusione di un mondo che sta per sempre cambiando.

Ecco poi un altro capolavoro del teatro americano, “Lo zoo di vetro” di Tenessee Williams, nella versione che ne dà Arturo Cirillo con Milvia Marigliano e Monica Piseddu: un testo più intimo, nella sua melanconica rappresentazione di un mondo chiuso in cui si muovono figure senza domani.

Dalla rivisitazione de “La metamorfosi” di Franz Kafka, prodotto dal CTB di Brescia, ci è venuta una delle migliori performance viste durante i nostri tre giorni milanesi, attraverso la rielaborazione drammaturgica, la regia e l’interpretazione di uno degli “animali da palcoscenico” più significativi dell’ultima generazione: Luca Micheletti (con lui anche Laura Curino), che fa del testo l’occasione per affrontare “le ardue soglie dell’umano, innescando possibilità di conoscenza, d’accettazione e supporto del soggetto in difficoltà̀”.

Sul versante della riproposizione dei classici, concludiamo segnalando la freschissima versione del molieriano Avaro di Quelli di Grock, con la regia di Claudio Intropido e Valeria Cavalli, in cui è bellissimo vedere finalmente un bel gruppo di giovani attori divertire e divertirsi in scena.

Molto interessanti le proposte di testi originali, che in qualche modo indagano la contemporaneità. Tra i testi originali offerti al nostro sguardo, tre ci sono sembrati degni di nota, a cominciare dai due di Edoardo Erba, scritti rispettivamente  per l’Atir e l’Out off.
In “Italia Anni Dieci”, per la regia Serena Sinigaglia, si esprime l’esigenza di raccontare la crisi attraverso personaggi rappresentativi della nostra epoca, e in cui abbiamo rivisto il bellissimo frammento durante cui la ricca borghese (una strepitosa María Pilar Pérez Aspa), sull’orlo dell’abisso non solo finanziario che la sta investendo, interrompendo bruscamente tutta la familiarità che aveva precedentemente condiviso con la badante, le enuncia con disprezzo, seppur con il pianto alla gola, tutte le differenze tra il loro modo di vestire.
E’ proprio in questo passaggio, apparentemente banale, che nello spettatore il senso di umana pietà si riverbera verso ambedue i personaggi, con grande risalto ed inventiva emozionale.

In “Vera Vuz” invece, su regia di Lorenzo Loris con tre attori veramente formidabili (Gigio Alberti, Mario Sala, Monica Bonomi), Erba compie il miracolo di riscrivere la lingua perduta di tre reietti del mondo attraverso il dialetto di Pavia, sua città d’origine.
Ne il “Il pantano” infine, di Domenico Pugliares, prodotto dal Teatro della Cooperativa, Renato Sarti, con due attori-autori in qualche modo “anomali” come Gianfranco Berardi e Daniele Timpano, rispettivamente Dio e Diavolo, intesse un processo per accidia a una donna con un passato in manicomio, che ha assistito inerte al suicidio della figlia.

Sul versante della danza, più difficile capire da un frammento le proposte più significative, ma molte le suggestioni che ci hanno colpito, da quelle di Ariella Vidach e del giovane gruppo Piratejenny, a quelle di Sanpapiè o a quella di MilanoOltre, che ha riproposto una coreografia assai complessa su un libretto di Vasilij Kandiskij.

Il teatro ragazzi si è difeso assai bene con almeno tre creazioni.
Uno dei gruppi di punta ormai non più emergenti del panorama lombardo, Eccentrci Dadarò, ha presentato “I love Frankenstein”, rivisitazione comico-grottesca del celebre romanzo della Shelley, con il mostro-aiutante impersonato da Marco Pagani che suona dal vivo, regalandoci atmosfere gotiche di divertente condivisione, ma non solo, grazie anche ad un interessante approfondimento
tra il creatore, sua moglie e la propria creatura.   

Tiziano Manzini di Pandemonim, in “Tutti al mare”, ha portato invece quaranta bambini sul grande palco dell’Elfo, diventato per un attimo oceano, e mostrando a tutti gli operatori come uno spettacolo per l’infanzia sia importante e coinvolgente.
La giovanissima compagnia Schedia Teatro, con “Senza francobollo”, liberamente ispirato a “Oscar e la dama in rosa” di Erich Emmanuel Schmitt, vede in scena un inossidabile Valerio Bongiorno che ci parla di una misteriosa lettera scritta da un bambino nientemeno che a Dio.

Sul fronte del teatro comico, pieno di trovate che confermano l’identità di una compagnia, ci è parso “Fiatone (io e la bicicletta)” di Luna e Gnac, che si è affidata per la regia a Carmen Pellegrinelli, imbastendo uno spettacolo comico e poetico per innalzare un elogio alla bicicletta attraverso il percorso di formazione di un ciclista urbano.

Infine da rimarcare anche l’ottimo bottino registrato dal teatro di figura, cominciando dalla  curiosissima creazione italo-cilena di Scarlattine Teatro, “Cupido es una broma”, costruita con i meccanismi del maestro David Zuazola, una curiosa e affascinante storia collegata da una grammatica ancora in divenire di gesti, movimenti e sonorità; mentre il Teatro del Buratto va a ricostruire con bellissime immagini su nero il romanzo “Orlando” di Virginia Woolf attraverso la riscrittura drammaturgica che ne fa Rocco D’Onghia con la regia di Jolanda Cappi.

Terminiamo la nostra disamina, come è avvenuto nella scorsa edizione, tessendo l’elogio del nuovo allestimento della Compagnia Marionettistica Carlo Colla, che questa volta affronta con le sue bellissime marionette un testo poco noto di Goldoni, “La bottega dell’Antiquario”, svelandoci tutti i più segreti congegni di un’arte senza tempo.

Non ci resta che concludere suggerendo alla Regione Lombardia, se vorrà continuare a proporre Next, di anticipare significativamente i tempi del bando, in modo che le compagnie possano attrezzarsi meglio nell’impresa, e nel contempo allargare i paletti amministrativi del bando, consentendo ancor di più anche alle compagnie emergenti di presentare le proprie creazioni.

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