Una ragnatela di metallo è la parete statica, fredda e buia davanti a cui Sharon e Arafat, ormai fuori dalle loro cariche di governo, continuano a disputare l’eterno conflitto in terra tunisina. I due, non più potenti, non più presidenti e re dei rispettivi popoli, vagano insieme, poveri e malandati, per il caldo e assolato deserto.
Il conflitto a cui si accenna, che si è consumato tra i due popoli ma in realtà continua anche senza loro, sembra essere frutto di un personale disaccordo. Tutto all’insegna della burla grottesca che, secondo la volontà di Antonio Tarantino, dovrebbe sminuire le due figure rendendole ridicole: una critica ai due grandi capi che non vollero fare la pace.
Da un pasticcio di populismo mal celato nei dialoghi, in una recitazione pagliaccesca, rispondente più che alla commedia ad uno sketch televisivo, si approssima un’idea che dovrebbe assomigliare ad un concetto base della rappresentazione teatrale.
Nelle intenzioni del regista Marco Isidori, “sarà inscenata con l’obiettivo dichiarato di far arretrare in secondo piano i gangli drammaturgici, affiancando alla loro pur necessaria, e per certi versi decisiva, servitù narrativa, la potenza a nostro avviso assai più rilevante, anzi indispensabile perché il Teatro sia, di una scrittura scenica affidata ad una serie di virtù che chiameremo virtù recitative “grasse”, vogliamo cioè significarne l’abbondanza e dunque il costante loro essere portate sul filo di quel grottesco fonico che ha caratterizzato, strutturando negli anni, lo stile della nostra specifica ricerca teatrale”.
In effetti, tanto le intenzioni della regia annaspano nel contorto, quanto il lavoro di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa si adatta ad una piatta messa in scena di un testo teatrale fatto di un linguaggio che cerca il sorriso facile. Sarà la sorta di ‘italianizzazione’ del modo di agire e pensare dei personaggi o la scelta di un argomento che potrebbe avere il suo sorriso di compiacimento solo in Italia o in paesi lontani dalla tragedia della guerra israelo-palestinese, ma la rappresentazione rischia di rendere ridicoli, invece dei personaggi, i suoi artefici. La creatività, soprattutto se al sicuro, corre il pericolo di porre l’essere umano in un mare aperto, in un delirio di libertà. Ma questo non significa che ogni direzione sia quella giusta.
LA PACE
scritto da Antonio Tarantino
diretto da Marco Isidori
con: Marco Isidori, Paolo Oricco, Maria Luisa Abate
scena e costumi: Daniela Dal Cin
durata: 1 h 40’
applausi del pubblico: 3′ 00”
Visto a Roma, Teatro Vascello, il 1° aprile 2008