Gli Open Studios 23. La danza italiana allo stato fluido

Plein air
Plein air

Nuova tappa per la NID Platform, che quest’anno ha scelto Cagliari per presentare agli operatori del settore la danza contemporanea italiana

“Essere moderni significa, oggi, essere incapaci di fermarsi e ancor meno di stare fermi”. Così descriveva la nostra era Zygmunt Bauman, da lui definita “modernità liquida” per la condizione costantemente mutevole e incapace di prendere forma.
“Fluidity spazio corpo movimento” è appunto il titolo che è stato scelto per questa settima piattaforma della danza, rappresentata da una figura umana digitalizzata che si scioglie e si ricompone ininterrottamente.

Svoltosi a Cagliari dal 30 agosto al 2 settembre, l’evento ha contato 440 presenze tra operatori nazionali e internazionali, artisti e giornalisti, transitati in incontri, conferenze, spettacoli e momenti conviviali. Una sezione di Open Studios è stata dedicata alla presentazione dei nuovi progetti, alternati da una vera e propria programmazione, oltre ad un fuori formato – uno spettacolo selezionato dagli Open Studios dell’edizione precedente – per un totale di diciassette lavori in quattro giorni. Un programma a prima vista ricco, ma che ci fa riflettere, se si considera il budget importante investito (590 mila euro suddivisi tra Ministero e Regione, con la partecipazione della Città di Cagliari) e alla finalità principale di questa piattaforma: portare una sostanziale rappresentazione della danza italiana all’estero.

È possibile figurare una idea reale e rappresentativa delle compagnie principali di danza, che circuitano oggi sia in Italia che all’estero, con otto spettacoli e otto lavori di una ventina di minuti?
Abbiamo chiesto a Valeria Ciabattoni, della commissione artistica, quali fossero i criteri di selezione, ma al di là di alcuni parametri distintivi delle compagnie utilizzati per offrire una sfera più ampia della programmazione (numero di elementi, cifra artistica distintiva) la selezione, peraltro molto dibattuta tra i membri della commissione, non deve essere stata facile.

Da apprezzare la scelta di riqualificazione urbana della NID, presentando i lavori non soltanto in differenti luoghi teatrali della città (il Teatro Massimo, l’auditorium del Conservatorio, il Teatro Doglio) ma anche in spazi urbani all’aperto, come il Bastione di Saint Remy, utilizzato per il progetto site specific di MK, e lo spazio all’aperto dell’EXMA. Si è sentita però un po’ la mancanza della ricerca anche di spazi da rigenerare, normalmente dismessi o chiusi al pubblico.

“Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza” si legge scolpito su una pietra vicino ad una scuola del centro: uno dei segni che testimoniano le tante difficoltà che questa bellissima isola ha dovuto affrontare nel tempo. Difficoltà dovute soprattutto alla situazione geografica, ma superate con la tenacia e il duro lavoro dei sardi, che sono riusciti a fare della marginalità la propria forza, come è emerso anche nel Focus Sardegna del 31 agosto.

Al Teatro Massimo, Nicola Galli inaugura gli Open Studios di questa edizione con “Deserto Tattile” (produzione TIR Danza), sicuramente uno dei progetti più interessanti e già costruito con grande cura, volto a consegnare un’esperienza estetica ed emotiva.
La musica onirica di Edgar Varèse, su cui Nicola Galli ha lavorato per evocare ancora di più le atmosfere del deserto, introduce una figura in controluce, rivestita solo da un tessuto così sottile da sembrare una membrana. Un essere appena uscito dal guscio, o atterrato da un altro pianeta, asessuato e indefinibile, che si muove lentamente in un deserto dove suono e immagine vanno a costituire un unico paesaggio.
La performance lascia aperto un potenziale immaginario che rende difficile capire quale direzione prenderà, ma questo era del resto l’intento del giovane coreografo, che aggiunge solo altri due interpreti al nostro immaginario, durante il talk con gli artisti.

Tempi ancora più dilatati per Marina Donatone e il suo “Plein air”, che ci invita ad entrare in una immaginifica sala prove perché il progetto, a cui hanno iniziato a lavorare solo una settimana prima, è ancora in stato embrionale. Difficile dunque riuscire ad andare oltre la breve presentazione scritta, con le due danzatrici sul palco che si limitano a gesti lenti e pochi ulteriori movimenti danzati. Si intuisce tuttavia il lavoro sulla percezione che la coreografa vuole abbracciare. Un po’ troppo acerbo anche come studio, per riuscire a cogliere i concetti espressi verbalmente.

Uno dei criteri adoperati nella selezione degli Open studios è quello di riuscire ad offrire agli operatori stranieri progetti a stadi tra loro molto differenti, per poter soddisfare esigenze diverse, ed è sicuramente ad uno stadio molto più avanzato la performance “Decisione consapevole” di Roberto Tedesco, un lavoro che è il frutto di tre residenze precedenti con la produzione di KORPER.
Si porta in scena l’intenzionalità nell’improvvisazione, partendo da una parola chiave assegnata a ciascun performer. Un lavoro per quattro performer, come ci viene mostrato in un video, che ne porta solo una in questa sede (la brava Laila Lovino) che si muove tra incursioni sonore e movimenti spezzati, alternati ad un fermo immagine volti a sottolineare la consapevolezza nella scelta di ogni gesto, anche nell’improvvisazione.

Fabrizio Favale introduce con “Danze Americane”, un lavoro sulle tecniche ereditate dai coreografi americani che sono stati maestri di tanti coreografi contemporanei: Merce Cunningham, Trisha Brown e José Limòn.
Attraverso alcune sequenze – che dovrebbero diventare sette – sviluppate prima in silenzio e ripetute successivamente con la musica, il coreografo ci offre una personale ricerca sulla memoria – dello studio ma anche del corpo – con lo scopo di offrire non solo un omaggio ai pionieri della danza contemporanea, ma anche una prospettiva delle potenziali evoluzioni della scrittura coreografica. Uno studio che sembra riconfermare la ricerca poetica di Favale e il suo temperamento introspettivo.

Ci spostiamo al Teatro Doglio per un cambio di registro, oltre che di luogo, con Giuseppe Vincent Giampino e la sua “Umlaut”, un gioco ironico sulla torta Pavlova, originaria della Nuova Zelanda, che porta il nome della famosa ballerina, in tour in quel paese ai tempi in cui fu inventata.
Una scena bianca con un display riporta la ricetta della torta; Giampino si presta a interpretazioni trash metal di canzoni popolari quali “Everytime you say goodbye” di Ella Fitzgerald, mentre Juliana Azevedo condivide e offre al pubblico una fetta di torta. L’intento è quello di spostare l’attenzione dello spettatore su tematiche di classe o sul linguaggio attraverso una sorta di deviazione sonora e di senso, così come fa il segno della umlaut, che porta ad un cambio di pronuncia nella lingua tedesca.
Un lavoro potenzialmente interessante ma che rischia di affogare nei simbolismi.

Umlaut di Giampino
Umlaut di Giampino

Il “Cancan” di Fabritia D’Intino parte da alcune note in loop che rimandano al famoso ballo, per trasformarsi in qualcosa di più elettronico riportandoci ai giorni nostri. Nero su bianco, rispetto al rosso dominante nel ballo originario, la coreografa ci conduce ad una riflessione tra voyerismo, erotismo e intrattenimento, con una scena dominata da tre interpreti e palloncini neri.
Un’idea intrigante in via di sviluppo, per un lavoro di depotenziamento che utilizza lo storico ballo del Moulin Rouge come pretesto per mettere in discussione i codici classici, e far emergere le possibili contraddizioni sull’esibizionismo del corpo.

Prosegue con il metodo Parini Secondo, la compagnia di Sissj Bassani e Martina Piazzi, fondato su uno studio basato sulla ricerca online che si traduce in scrittura coreografica. Il gioco del salto alla corda è in questo caso il pretesto per una riflessione sulle pratiche ludiche che appartengono all’universo infantile collettivo, ma anche una ricerca musicale elaborata unicamente con il ritmo delle due saltatrici che scandisce un vero e proprio spartito sonoro.

La programmazione degli Open Studios si conclude in uno spazio non convenzionale, il cortile esterno dell’EXMA, bellissimo centro espositivo di Cagliari.
“CrePa” è il progetto presentato da Sara Sguotti e Arianna Ulian, che unisce mente e corpo, parola e movimento in una ricerca sugli infiniti significati e declinazioni del termine. Le due interpreti si affacciano al pubblico, distribuito casualmente sui gradini del cortile, avanzando lentamente in quello che sembra un abbraccio in movimento, mentre la voce registrata della Ulian esprime concetti poetici sulle crepe che compongono il nostro universo. Nella mente ci sono fratture, così come nel corpo ci sono tensioni che derivano da cambiamenti netti, traumi, eventi improvvisi, mentre nella natura le crepe sono semplicemente parte del tempo.
“Un crepaccio, un cretto, un selciato nella terra. Un seme disseccato, il tronco crepa sempre in senso verticale tranne quello del ciliegio che scoppia a circoli (…) guizza un taglio netto e la schiena si crepa”.
La parte sonora è sicuramente la ricchezza di questo lavoro, che diventa una contaminazione tra danza e letteratura e si trasforma in esperienza condivisa e riconducibile all’universo di ognuno di noi.

I tre panel di riflessione sul futuro della danza e una vetrina per alcune compagnie fanno da cornice agli spettacoli nei quattro giorni della NID. Restano comunque aperte diverse domande, per le quali purtroppo non c’è spazio durante i forum mattutini. Chi sono i destinatari della nuova danza? A quale pubblico ci si rivolge? I lavori selezionati sono rappresentativi dell’era moderna? Forse, ciò che dovrebbe farci riflettere, è proprio che lo siano.

DESERTO TATTILE
coreografia di Nicola Galli
coreografia, luci, costumi, scene regia Nicola Galli
danza e azione Margherita Dotta, Massimo Monticelli, Nicola Galli
interpreti Margherita Dotta, Massimo Monticelli, Nicola Galli
azioni e movimenti di scena Massimo Monticelli, Margherita Dotta
produzione TIR Danza, Nebula
co-produzione Oriente Occidente
residenze artistiche TROIS C-L, Ballet de l’Opéra national du Rhin, Oriente Occidente
con il sostegno di Network Grand Luxe
durata: 15 minuti

PLEIN AIR
coreografia di Marina Donatone
Marina Donatone/Associazione Culturale CodedUomo
progetto coreografico Marina Donatone
performer Ilaria Quaglia, Teresa Noronha Feio, Gianmaria Borzillo (in alternanza)
produzione Ass. Cult. CodedUomo
sostegno Live Arts Cultures
cura e promozione Edoardo Lazzari
amministrazione Anna Damiani
organizzazione Monica Maffei
foto Stefano Mattea
durata 45 minuti

DECISIONE CONSAPEVOLE
coreografia di Roberto Tedesco
KÖRPER | Centro Nazionale di Produzione della Danza
coreografia e concetto Roberto Tedesco
con Laila Lovino
musiche RAIME – REAL PEOPLE NOT ACTORS
produzione Körper|Centro Nazionale di Produzione della Danza
Il progetto è stato realizzato con il contributo di ResiDance XL – luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche azione della Rete Anticorpi XL – Network
Giovane Danza D’autore coordinata da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino – Decisione consapevole è tra i 4 finalisti di DNA appunti coreografici 2022.
durata 15 minuti

DANZE AMERICANE – VARIAZIONI E SPERIMENTAZIONI
coreografia di Fabrizio Favale
Fabrizio Favale / Le Supplici
coreografia e danza Fabrizio Favale
set, costume, scene e art work First Rose
musiche Alva Noto, Xerrox vol. 1 / Max Richter, Vivaldi – The Four Seasons
produzione KLm – Kinkaleri / Le Supplici / mk
con il contributo di MIBAC, Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna
con il sostegno di h(abita)t – Rete di Spazi per la Danza / Sementerie Artistiche, Crevalcore
durata 15 minuti

UMLAUT
coreografia di Giuseppe Vincent Giampino
TIR Danza
concept e coreografia Giuseppe Vincent Giampino
performance Giuseppe Vincent Giampino
vocal coach Juliana Azevedo
dimensione sonor Lady Maru
outfit design Rebecca Ihle
produzione TIR Danza
durata 15 minuti

CANCAN
coreografia di Fabritia D’Intino
Chiasma
concept e coreografia Fabritia D’Intino
performance Cesare Benedetti, Emanuele Rosa, Fabritia D’Intino
musica originale Federico Scettri
Consulenza drammaturgica Salvo Lombardo, Piersandra Di Matteo, Roberta Nicolai
Ringraziamenti Riccardo Guratti, Giuseppe Vincent Giampino, Daria Greco
Produzione Chiasma
Co-produzione Teatri di Vetro, Officine TSU – Teatro Stabile dell’Umbria
Sostegno Periferie Artistiche | Centro di Residenza Multidisciplinare Regione Lazio/Vera Stasi, CURA – Centro Umbro Residenze Artistiche | Indisciplinarte/La Mama Umbria International, Ostudio – Roma, Nao Crea – Ariella Vidach Aiep, ResidanceXL – Network Anticorpi | Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale), Teatro Petrella di Longiano, IntercettAzioni – Centro di Residenza Artistica della Lombardia (Circuito CLAPS), Lavanderia a Vapore.
durata 15 minuti

DO-AROUND-THE-WORLD (WORKING TITLE)
coreografia di Parini Secondo (Sissj Bassani e Martina Piazzi)
Associazione Culturale Nexus
autore, coreografia, regia Parini Secondo
musiche (titoli e autori) Alberto Ricca/Bienoise
interpreti Sissj Bassani, Martina Piazzi
luci Bianca Peruzzi
costumi e intrecci Giulia Pastorelli
corde MarcRope Milano
video e immagini Pier Paolo Zimmermann
field recordings Glauco Salvo
organizzazione Margherita Alpini
produzione Nexus Factory, AMAT, SupportER
supporto di Network Anticorpi XL
altri supporti Parsec Bologna, ORA (Sondrio, IT), Magdalena Oettl, MarcRope (Milano, IT), KOMMA Production (Copenhagen, DK), ERASMUS+ program
durata 20 minuti

CrePa
coreografia di Sara Sguotti e Arianna Ulian
Associazione Culturale Nexus – Aps/Compagnia Simona Bertozzi
di e con Sara Sguotti e Arianna Ulian
testi Arianna Ulian
ambiente sonoro Spartaco Cortesi
accompagnamento drammaturgico Giovanni Sabelli Fioretti
pr e media relations Giuseppe Esposito
coproduzione Perypezye Urbane e Nexus
in collaborazione con OperaEstateFestival \ CSC centro per la scena contemporanea di Bassano del Grappa
con il supporto di IIC Zurigo, Tanzhaus Zurich, Passages Transfestival, IIC Strasburgo, Santarcangelo Festival

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