Pandora dei Gordi, fenomenologia (a bozzetti) del bagno pubblico

Pandora (photo: Noemi Ardesi)
Pandora (photo: Noemi Ardesi)

Il vaso di un bagno pubblico come il vaso di Pandora, coacervo di mali e fobie, epicentro di manie e ipocondrie.
Dopo aver attraversato con risultati convincenti i temi del trapasso (“Sulla morte senza esagerare”) e del tempo (“Visite”), stavolta il Teatro dei Gordi, compagnia diretta da Riccardo Pippa, in “Pandora” si cimenta con la vita che scorre dentro il bagno pubblico di un luogo imprecisato. Dopo il debutto a Venezia per la Biennale Teatro 2020 (di cui vi avevamo già parlato), lo spettacolo arriva al Franco Parenti di Milano.

Dimmi come orini, e ti dirò chi sei. Il bagno eccezionalmente unisex costruito da Anna Maddalena Cingi è fatto di cabine e orinatoi a vista. Vi si avvicenda una pluralità di avventori; c’è l’igienista maniacale che non toccherebbe un rubinetto a mani nude per niente al mondo; c’è il sudicione che esce dal bagno senza lavarsi; c’è la ragazza che usa il lavandino come bidet e prosciuga i bollenti spiriti con un getto d’aria calda; c’è l’uomo sui trampoli che per appurare se le cabine sono libere sbircia dall’alto, senza bisogno di bussare alla porta.

È un carosello di viaggiatori, ballerini, sposi, cuochi, manifestanti, fino ai ciclisti che avviano un esilarante canto “a cappella” (e qui la locuzione si tinge d’implicazioni pruriginose). Sono tutti personaggi diversamente isterici, che in bagno scaricano, oltre alla vescica, una pluralità di tensioni. C’è chi lava i propri abiti, chi vomita, chi urla, chi canta e chi suona. C’è chi fuma e chi danza. Alla fine, è il bagno stesso a partorire creature diversamente mostruose. Come nei quadri di Hopper, giostra sotto i nostri occhi un’umanità derelitta, reietta, malata di solitudine e alienazione.

Un bagno, per quanto pubblico, dovrebbe custodire quel minimo d’intimità. Ma qui l’intimità è alla mercé di tutti. La sfera privata e quella pubblica si sovrappongono e interscambiano continuamente. Del resto siamo abituati, tra reality tv e i social, alla rinuncia alla privacy e al trionfo del voyeurismo impudico. Ogni tabù è caduto, mille occhi ci scrutano.

È interessante la reazione del Teatro dei Gordi a quest’ambientazione, evidentemente “stimolante” anche sul piano creativo. È sui generis osservare i brillanti attori (Claudia Caldarano, Cecilia Campani, Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Matteo Vitanza) alle prese con il proprio corpo a volte denudato, quando eravamo abituati a vederli interagire con le tante maschere di Ilaria Ariemme, che nella circostanza si occupa prevalentemente di costumi. Ne nasce un mosaico variegato nelle forme, che fa ricorso alla mimica e alla prossemica senza bisogno di parole.

Per converso, ci è parsa limitata – per non dire monolitica – la caratterizzazione psicologica dei vari personaggi. La fase laboratoriale ha partorito tipi che anche a viso nudo sono maschere senza volto, laddove i Gordi ci avevano abituato a maschere mute che trasudavano pensieri, parole e una straordinaria umanità.
Qui ci si limita spesso e volentieri alla patina comica, alla risata facile, con un’idea vaga della complessa gamma di sfumature che un’ambientazione simile avrebbe permesso. Le tipologie umane sono poco approfondite. Alla fine assistiamo allo stesso gioco ripetuto in modo ossessivo, pur con ingredienti diversi.
Il Teatro dei Gordi si ferma ai fotogrammi, imbrigliato nell’improvvisazione e nelle sue derive, ossessionato dal bisogno di una genialata o e dello sketch esilarante a tutti i costi. Non scorre la vita vera, ma una carrellata di fenomeni da baraccone.
Prevale l’effetto scenico. La poetica di Familie Flöz, che normalmente ispira la compagnia, in “Pandora” diventa manierismo, bozzetto, macchietta. Troppo episodicamente sfioriamo le profondità degli altri lavori, che attingevano alla poetica esistenzialista di Wislawa Szymborska e all’arte sublime e disperata di Cesare Pavese. Torniamo a casa senza quella scia di pensieri, fra stupore e tristezza, cui i Gordi ci avevano abituato.

PANDORA
uno spettacolo di Teatro dei Gordi
ideazione e regia Riccardo Pippa
di e con Claudia Caldarano, Cecilia Campani, Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Matteo Vitanza
dramaturg Giulia Tollis
maschere e costumi Ilaria Ariemme
scene Anna Maddalena Cingi
disegno luci Paolo Casati
cura del suono Luca De Marinis
responsabile tecnico Alice Colla
scene costruite presso il laboratorio scenotecnico del Teatro Franco Parenti
costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni
produzione Teatro Franco Parenti/ Teatro Stabile di Torino/ Fondazione Campania dei Festival in collaborazione con Teatro dei Gordi

durata: 1h 5’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Teatro Franco Parenti, il 2 ottobre 2020

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