Pannelli racconta l’inferno vero alla ricerca di una vita migliore

ingannati
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Nicola Pannelli (photo: narramondo.it)
Si apre con ritmo mozzafiato la seconda rassegna di drammaturgia internazionale “Sguardi Contemporanei”. Tratto dall’opera di uno degli scrittori più importanti della letteratura araba contemporanea, Pannelli porta in scena la questione palestinese, tematica fulcro delle riflessioni dell’associazione di teatro civile di narrazione Narramondo, da lui stesso fondata.

Sul palco, allestito a “piccola corte” per rendere l’atmosfera più intima e contenuta, una sedia, tre lumini e un modellino d’autocisterna che s’illumina quando si spengono le luci. Lo spettacolo sta per cominciare: nel buio il modellino sembra un camion vero che avanza nella notte, visto dall’alto di un occhio soprannaturale. Poi le luci si accendono e immediatamente, senza preavviso, il racconto parte: è una corsa senza fiato che non conosce tregua e lascia lo spettatore col cuore in gola.

In un campo profughi palestinese, in una povera casa di una sola stanza, un giovane uomo tenta di convincerne un altro, anziano, a partire clandestinamente per il Kuwait. La storia del vecchio è quella di molti: una vita di speranze puntualmente deluse, di miserie tangibili, denudati anche della propria terra. Fuggire in un paese ricco e trovare un lavoro è l’ultimo, estremo sogno possibile.
Il racconto è scarno, con parole dure come pietre e infuocate come il sole del deserto iracheno, che arroventa l’autocisterna piena di clandestini. Gli uomini sono disperate macchiette che vivono la loro desolata condizione tra rabbia e assurda ironia. La voce di Pannelli, tagliente e roca, dai sottotoni acuti, interpreta alla perfezione l’etnia che rappresenta, specialmente quando esplode con la risata grassa del trafficante di immigrati o con quelle insistenti e stupide dei doganieri. Camaleontica, immaginifica, capace di evocare fisionomie e interi paesaggi, questa voce dà il meglio di sé quando riproduce il rumore dell’autocisterna, che vibra, romba, sobbalza, non si ferma mai e domina i discorsi degli uomini, costretti a urlare per farsi intendere sopra il frastuono. “Questo è l’inferno” dice Asad, il protagonista troppo giovane per quel viaggio senza ritorno: chiusi dentro l’autocisterna un minuto di troppo, non arriveranno mai. E “inferno” ed “infernale” sono parole che si ripetono, con incredulità, come a chiedere perché. Lo stesso perché gridato dall’autista ed echeggiato dal deserto: “Perché? Perché non avete bussato alle pareti della cisterna?”. La domanda, che conclude lo spettacolo, è anche esortazione: diretta a tutti gli oppressi, a tutti coloro che sono stati fatalmente ingannati.

Una narrazione grondante sudore e adrenalina, che parte un po’ a freddo – nelle scene iniziali, più lente, si avverte la necessità di qualche pausa – ma che ottiene sempre un’alta soglia di coinvolgimento, nonostante un sostegno tecnico talvolta poco puntuale.
Alla fine dello spettacolo, richiamato dal pubblico che applaude, Pannelli ha lo sguardo assente, non sorride: forse preso dal pensiero che, di fronte alla tragedia vera appena raccontata, gli applausi siano quasi fuori luogo.

INGANNATI
liberamente tratto da “Uomini sotto il sole” di Ghassan Kanafani
adattamento: Gaea Riondino
regia: Nicola Pannelli
con: Nicola Pannelli
produzione: Associazione Narramondo, Teatro Stabile di Genova
durata: 1 h 15’
applausi del pubblico: 1′ 10”

Visto a Genova, Piccola Corte, il 14 maggio 2008

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