Parole d’onore. 145 anni di mafia da Bolzoni a Gambino

Marco Gambino
Marco Gambino
Marco Gambino

Domani la mafia compie 145 anni. Il termine compare infatti ufficialmente per la prima volta nel 1865. Se non ci avessero informato che per quasi o forse più di cent’anni è ingrassata in silenzio, avremo tranquillamente pensato che è cosa di questi ultimi decenni.
Di mafia c’è chi dice che non se ne parla mai abbastanza ma anche chi sostiene che a parlarne troppo se ne fa solo pubblicità: una vecchia polemica nata ai tempi della “Piovra” e infiammatasi nuovamente con la pubblicazione di “Gomorra” e del caso Saviano, come se si fosse già dimenticato un altro romanzo precedente, “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia.

Chi meglio dello stesso mafioso può raccontare che cos’è o chi è la mafia?
“Parole d’Onore”, teatralizzazione dell’omonimo libro di Attilio Bolzoni, che ha aperto la rassegna Teatro in tempo di crisi in programma questa settimana al Teatro G. Poli di Venezia, lascia che a contendersi la scena siano loro, i cosiddetti “uomini d’onore”: Riina, Greco, Buscetta, Mutolo…

Marco Gambino – attore siciliano emigrato all’estero – dà voce ai boss mafiosi attraverso la tipica parlata palermitana, semplice, travolgente o stravolgente che dir si voglia, senza sofisticherie, quella parlata che le famiglie borghesi non utilizzano ma intendono.
Protagonista è quindi lei, la parola nuda, il linguaggio del corpo è minimo, concentrato nelle mani che seguono il ritmo calmo del verbo, con una voce che diviene roca. E’ un raccontare comodo, con quell’andatura indolente un po’ monotona, “tranquilla”.
Sono le parole d’onore raccolte dal cronista Bolzoni in più di trent’anni di giornalismo: niente infatti è inventato; ogni frase, ogni gesto è un messaggio, nessun racconto di vittime, nessuna retorica. I Bravi di Cosa Nostra parlano di religione e di Dio, di famiglia, amore e regole, di vita e morte, di ‘dignitudine’ e ‘sbirritudine’. E tutto secondo una logica di potere e onore.
I comandamenti, il pizzo e i pizzini, lo ‘schiticchio’ come l’ultima cena che Riina offriva prima di strangolare i propri subalterni, la Bibbia e i santini ritrovati nei nascondigli, il bacio contemplato e approvato solo per gli uomini d’onore, coloro che hanno visto il mondo e gli è scappato il cervello che di nome fanno “pentiti”, i festeggiamenti per Madonna Annunziata, cinquanta litri di acido che in tre ore sciolgono un corpo, il rispetto (a letto) per la donna: ecco delirio e logica, fede e pragmatismo.

“Parole d’onore” ha debuttato in inglese, con la produzione del Jermyn Street Theatre di Londra, nell’agosto del 2009 al Fringe Theatre Festival di Edimburgo con Marco Gambino e Patrizia Bollini e per la regia di Manuela Ruggiero. E’ poi arrivato a Londra, a Piccadilly Circus, sul palcoscenico del Jermyn Street Theatre, nel settembre dello stesso anno, per rimanervi quattro settimane. Infine il debutto italiano, al Piccolo Eliseo di Roma.

Ad assistere allo spettacolo non emerge un senso di fastidio o di orrore, e anzi l’inserimento dell’io narrante, la parte sana del giornalismo che funge da collante e cornice ai racconti e ha la funzione di paciere degli animi, conduce quasi alla risata, a un’insensata simpatia e imbarazzante tenerezza.
Viene da chiedersi se dipenda dallo spettacolo o dallo spettatore; dalla mancanza di una cultura “antimafia” o dal fatto che la Sicilia non è il continente e la mafia non è sentita, spesso, come “cosa nostra”?
Veniamo subito smentiti proprio da Bolzoni: la mafia delle bombe, quella stragista, quella delle giuliette che esplodono, delle villette liberty che saltano in aria per lasciare posto a palazzi di 12 piani, è un tipo di mafia che sta sparendo… Persiste e si perfeziona una forma più strisciante e silenziosa. Basti pensare che la Lombardia è la quarta regione dopo Sicilia, Calabria e Campania con il più alto numero di beni confiscati ai mafiosi.
E questo, egoisticamente, ci fa già un po’ più paura.

PAROLE D’ONORE. LE VOCI DELLA MAFIA
di Attilio Bolzoni
con Marco Gambino
durata: 50
applausi del pubblico: 25”

Visto a Venezia, Teatro Giovanni Poli, il 20 aprile 2010

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