Patres. Il Telemaco di Calabria di Scenari Visibili

Patres di Scenari Visibili
Patres di Scenari Visibili
Patres (photo: Angelo Maggio, Pasquale Cimino)
Il mare come libertà possibile, approdo, partenza.
Ora calmo, ora in tempesta, segna il ritmo della vita della gente che lo abita. Perché chi nasce vicino a questo luogo magico e al contempo effimero, dove si manifesta la linea dell’orizzonte tra acqua e cielo, non può non esserne segnato.

Partire o restare, liberarsi o continuare nel susseguirsi dei giorni uguali dell’attesa. È il mare che scandisce e accompagna la vita di un giovane Telemaco di Calabria, incapace di vedere e condannato a vivere nell’attesa di un padre che scappa da una terra a volte ostile, e non riesce più a tornarci. Ha perso il coraggio e la forza di condurre ed esser d’esempio, propria dei padri: un “Patres” contemporaneo, e un figlio legato ad una corda dal genitore, affinché non si perda a causa di occhi ciechi ma immaginifici.

Sono i protagonisti di “Patres”, spettacolo scritto dal drammaturgo, regista e attore messinese Saverio Tavano, che cura la regia insieme a Dario Natale, e interpretato dallo stesso Natale insieme al giovane Gianluca Vetromilo, per una produzione della Residenza Teatrale Ligeia/Scenari Visibili, realizzata con il supporto della città di Lamezia Terme e della Regione Calabria nell’ambito dei finanziamenti dell’Unione Europea per il progetto “Fesr Calabria 2007-2013”.

Una drammaturgia originale, quella di Tavano, che trae linfa e forza da un lavoro laboratoriale, un dato che emerge dalle dinamiche aperte tra i due protagonisti in una scena intima, in cui svetta un filo con abiti stesi. Parole e gesti tessono una trama fitta, sicura nelle intenzioni, che procede con una lieve energia che a volte deflagra e altre scorre sotto il peso delle cose dette e di quelle non dette.

Dolce e ingenuo il figlio, di una ingenuità in cui risiede la forza del suo comprendere, “semplicemente”. Viaggia con la mente, e con le dita tocca e conosce il mondo, lo gira attraverso un mappamondo che diventa reale nei suoi discorsi e nel peregrinare, un giro del mondo che parte dal mare di casa, da Lamezia, e lì fa ritorno, come non vi fosse possibilità di emanciparsi dal luogo di nascita e dalla condizione dell’attesa.

Tutto accade con le parole, ed è bravo Gianluca Vetromillo, attraverso una gestualità forte e sicura, a rendere l’universo che accompagna la quotidianità di un figlio condannato a vivere nell’assenza del padre. Parole e gesti danno corpo ai ricordi dell’infanzia, al rapporto profondo con una madre amorevole ma anch’essa assente. A quello col fedele compagno di una vita, legata ad un filo che impedisce il movimento, il cane immaginario, Argo, reso celebre dai racconti omerici, che pure in questa versione contemporanea attende, insieme al suo padrone, il ritorno del capofamiglia, scambiando un “apparecchio” in volo per una tempesta in arrivo.

Il mito e l’attualità si intrecciano e si confondono nella drammaturgia di Tavano, e dal mare arrivano e si infrangono, oltre alle onde, anche quelle navi dei veleni che hanno violentato la terra lasciando segni indelebili nella vita della gente di Calabria. Una nave, riemersa dalla memoria dei racconti del padre, esperto pescatore, diventa allora espediente drammaturgico per cercare un dialogo ed un rapporto tra padre e figlio, che pur instaurando in alcuni frangenti un contatto sincero non riescono ad avvicinarsi veramente, dimostrando di appartenere a due mondi troppo lontani.
Saranno vite spezzate nel momento in cui al padre verrà chiesto di far affondare la nave dei veleni, una “nave a perdere” carica di rifiuti tossici. Incapace di restare, allora scapperà via, evaporando alle spalle del figlio, condannandolo a vivere nell’attesa.

La scelta di recuperare la lingua dei padri pare un ulteriore tentativo di ristabilire un rapporto con le origini che troppo spesso finisce per affondare nel mare della memoria perduta. Il dialetto lametino, dolce e musicale quello del giovane Telemaco, a volte aspro ed urlato, difficile alla comprensione, quello del Patres, diventa così parola drammaturgica che comunica ben oltre il semplice significato dei termini.

«Il testo – spiega Saverio Tavano – nasce da un duplice lavoro, di scrittura drammaturgica e improvvisazione scenica, un puro lavoro di dramaturg nell’affrontare una tematica già sviluppata nel testo “Onora il Padre”, scritto nel 2013 e pubblicato da Mongolfiera Editrice, con la supervisione del drammaturgo e sceneggiatore Giuseppe Manfridi, in collaborazione con le Residenze Etre e Idra, Campo Teatrale e Triangolo Scaleno. Grazie a questo testo è avvenuto l’incontro con Dario Natale, direttore artistico di Scenari Visibili e curatore della Residenza Ligeia, che mi ha commissionato il lavoro».

Un incontro felice, una produzione interessante nell’ambito di un progetto di lavoro triennale reso possibile grazie ai finanziamenti erogati dall’Unione Europea per la Calabria in ambito culturale, e che sono diventati scintille creative per realizzare spettacoli, laboratori, workshop, dimostrando come anche luoghi apparentemente periferici possano rivelarsi terreni fertili d’indagine e ricerca teatrale.

PATRES
con Dario Natale e Gianluca Vetromilo
regia: Dario Natale e Saverio Tavano
drammaturgia: Saverio Tavano
disegno luci: Saverio Tavano
tecnica: Pasquale Truzzolillo
foto di scena: Angelo Maggio, Pasquale Cimino
con il supporto della Regione Calabria
produzione: Residenza Teatrale Ligeia Lamezia Terme/Scenari Visibili

durata: 55′

Visto a Messina, Teatro dei Naviganti, l’8 febbraio 2014


 

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