Un nuovo teatro in un capannone dismesso dell’Autostazione, e poi un apposito programma tarato sui più piccoli, “Primavera Kids”, a cura del Teatro della Maruca, con laboratori e spettacoli, e ancora spazi disseminati per la città, da vivere e dove far vivere l’incontro, lo scambio, il confronto.
Sono state queste le principali novità dell’edizione numero 17 di Primavera dei Teatri, festival sui nuovi linguaggi della scena contemporanea che ha inaugurato l’aria estiva dei festival.
Come ormai da tradizione, il festival ha trasformato Castrovillari – provincia di Cosenza, ai piedi del monte Pollino, quest’anno più che mai puntellata di luoghi deputati a incontri, performance, spettacoli, dal Palazzo di Città al Castello Aragonese, al Protoconvento Francescano – in un laboratorio creativo, sempre attento alla nuova drammaturgia; ma anche in un luogo di resistenza appassionata, tra nuovi stimoli, proposte e vecchie problematiche da affrontare, per poter continuare ad esistere.
Organizzato dalla compagnia Scena Verticale, con la direzione artistica di Dario De Luca, Saverio La Ruina, e la direzione organizzativa di Settimio Pisano, Primavera dei Teatri si è confermato anche per l’edizione 2016 uno spazio dove osservare e attraversare le istanze del presente, ponendo questioni ed interrogativi, alimentando sempre il dubbio e la riflessione condivisa, tra autori, attori, spettatori, critici, quella variegata comunità che di anno in anno si ritrova a Castrovillari.
In scena i rapporti umani, la malattia, fisica o simbolica, il rapporto padri-figli, immigrazione, religione, desiderio di genitorialità delle coppie omosessuali, e le aporie del presente, tra incomunicabilità e fallimento, sviscerate attraverso la parola drammaturgica, plasmata dal gesto, dal corpo, dalla voce.
Molti dei debutti di Primavera li ritroveremo ancora sparsi in diversi appuntamenti dell’estate dei festival. Ma oggi torniamo a Castrovillari per tracciare un bilancio con gli animatori di Scena Verticale e anche per riflettere in maniera più ampia sul loro fare teatro in un territorio difficile e complesso, così come per anticipare i prossimi appuntamenti che vedranno impegnate le due anime della compagnia, Saverio La Ruina (domani anche a Roma con “Polvere“) e Dario De Luca.
Un bilancio, a mente fredda, di questa edizione: quali le principali novità e quali le scommesse vinte?
S.P. Tra le novità certamente l’esplosione dei luoghi del festival in città: abbiamo pensato ad uno spazio off, il capannone dell’A.N.A.S., dove è stato allestito un teatro con circa 250 posti, mentre a Palazzo di Città tutto il piano terra è stato dedicato ai bambini, per Primavera Kids, con attività didattiche e spettacoli, un piccolo inizio e un investimento che vorremmo continuare a sviluppare per le prossime edizioni, anche se è difficile programmare in un clima costante di incertezze economiche. Non è stato ancora pubblicato dalla Regione il risultato del bando che ci darebbe contezza dei fondi a disposizione per un festival terminato ad inizio giugno.
S. L. R. Per noi è importante riuscire a raggiungere qualcuno in più del luogo, e portare qualcuno in più nella città. Il festival è un luogo ormai di confronto per il pubblico e per gli addetti ai lavori in tutta Italia, e questo ti fa render conto che lavorando le cose succedono.
E per il futuro?
S. P. Il problema è sempre quello di non poter programmare in anticipo, dunque procediamo a piccoli passi, lanciando qualche novità ma senza osare troppo, perché siamo una compagnia e i rischi ricadono sempre sulle nostre forze. Ma ci piacerebbe, ad esempio, provare a portare a sud anche le giovani generazioni della drammaturgia europea, così come riuscire ad allargare l’area di azione del festival, mantenendo una centralità a Castrovillari ma proponendo anche eventi nell’intera zona del Pollino. Tuttavia il festival purtroppo non cresce dal punto di vista delle risorse e operiamo sempre prendendoci rischi in prima persona. Primavera dei Teatri resta un appuntamento quasi unico nel suo genere da Napoli in giù, con una chiara identità e vocazione riconosciute e riconoscibili.
Scena Verticale, oltre a girare con le proprie produzioni, ha dato vita ad una residenza al teatro Morelli di Cosenza. Come procede quest’esperienza?
S. P. La residenza triennale “More” si è conclusa nel maggio dello scorso anno, un progetto finanziato dalla Regione Calabria con fondi europei. Abbiamo poi ottenuto un co-finanziamento del Ministero per i Beni e le Attività culturali veicolato sempre tramite bando regionale, finalizzato alle precedenti esperienze di residenza, le cui attività dovrebbero concludersi nel 2017. Questo ci ha permesso di portare a Cosenza alcune tra le principali novità italiane tra gli under 35. Ma anche per questa esperienza bisogna sempre fare i conti con fondi che non arrivano, lentezze del sistema e chiusure di burocrati che non comprendono la nostra vitale necessità di allargare le maglie strette di bandi che, così come sono strutturati, non rispondono alle reali esigenze dei territori dove vengono calati, e ci impediscono di creare un percorso di continuità artistica e relazione con la precedente residenza. Abbiamo però in mente di realizzare in autunno un piccolo festival dedicato esclusivamente alla drammaturgia calabrese, aperto anche a progetti in divenire che, tramite il confronto col pubblico e con un osservatorio critico, possono crescere.
A Primavera dei Teatri c’è stato il debutto de “Il Vangelo secondo Antonio”, scritto, diretto e interpretato da Dario De Luca, con Matilde Piana e Davide Fasano. Uno spettacolo che si muove sul filo del rapporto tra religione e malattia. Come nasce?
D. D. L. Don Antonio, un parroco di una piccola comunità, vicario generale del vescovo, si ammala di Alzheimer. Al suo fianco la sorella, devota perpetua dal carattere rude, e un giovane e candido diacono. La malattia colpirà la mente brillante di questo sacerdote e nulla sarà più come prima: i congiunti si muoveranno a tentoni in un terreno per loro sconosciuto, con rabbia, insofferenza e shock.
In Italia il tabù della demenza è ancora un macigno, qualcosa che si nasconde dietro giri di parole. A più di 100 anni dalla scoperta del morbo si fa fatica ad abituarsi all’idea che tanto non c’è cura, che non ci sono vere e proprie terapie. In Italia i malati sono più di un milione, e mi ha colpito molto, dopo il debutto a Castrovillari, l’impatto che lo spettacolo ha avuto sulla gente. Volevo mettere in scena il dramma della malattia, provare a raccontare una storia intima. E in tanti dopo aver visto lo spettacolo mi hanno confidato il loro personale dramma vissuto al fianco di un congiunto affetto da Alzheimer, spesso nel silenzio. Come se il pubblico, attorno alla malattia, riuscisse a riunirsi, fare comunità.
Anche per Saverio La Ruina un nuovo lavoro, “Masculi e Fìammina. Dialogo con la madre”, che debutterà a dicembre, al Piccolo Teatro di Milano. Qualche anticipazione?
S. L. R. E’ la storia di un uomo che si confessa con la madre che non c’è più. Confida la propria omosessualità a lei che, in silenzio, con amoroso rispetto, aveva intuito. In “Masculu e Fìammina” si grana delicatamente un tipico confessarsi del sud: in un Meridione con la neve, tra le tombe, finalmente con la sensazione d’essere liberi di dire.