Amigdala sceglie Strijbos & Van Rijswijk, Corps Citoyen e Fattoria Vittadini per una riflessione sulla rigenerazione urbana
Quindicesima edizione di Periferico Festival, rassegna interdisciplinare e internazionale organizzata e diretta dal Collettivo Amigdala a Modena.
Fulcro delle diverse performance (tutte site-specific) alle quali abbiamo partecipato, il centro culturale OvestLab, gestito ormai da anni dal collettivo stesso in collaborazione con il Comune di Modena all’interno di un incarico di rigenerazione urbana a loro affidato, ma purtroppo in scadenza. E sarebbe davvero un peccato se il lungo percorso fatto da questa importante realtà, prettamente femminile, si fermasse qui.
Amigdala, negli anni, ha trasformato quella che era un’ex officina meccanica del Villaggio Artigiano di Modena Ovest in altro da sé. Una “fabbrica civica” volta a promuovere percorsi di nuova visione della città, insieme ai suoi abitanti. Da questa esperienza è nata, ad esempio, la rivista collettiva Fionda, l’archivio digitale di storia orale Afor, oltre a diverse produzioni artistiche con al centro la comunità di riferimento e un filo rosso ben tangibile: la cura degli spazi, dei luoghi e delle persone che li abitano.
La stessa attenzione si concretizza in Periferico, progetto principe di Amigdala. Il festival abita da sempre spazi non teatrali che vengono individuati di volta in volta, a seconda del loro valore storico, culturale, architettonico, in stretta relazione con la città e la comunità che vi risiede (se esistente). Agli artisti coinvolti viene richiesto un intervento personalizzato oppure riadattato per il contesto dove deve vivere (per la durata del festival). Una pratica possibile inevitabilmente con una residenza che diventa sinonimo di osservazione e incontro per dare nuova luce a spazi non convenzionali e abitualmente non accessibili o sconosciuti.
Per questa particolare vocazione di Periferico, abbiamo scelto di prendere parte a tre particolari performance “in movimento” ovvero sviluppate in un percorso itinerante a piedi e a tappe.
Il primo viaggio è quello di “Tempo Rubato – Walk with me” creato appositamente dai due compositori olandesi Strijbos & Van Rijswijk.
In perfetta coerenza non soltanto con la poetica del festival ma anche con quella dei due artisti, la passeggiata individuale inizia da OvestLab. Ad ogni partecipante viene consegnato un tablet collegato alle cuffie e raffigurante il tragitto da compiere. Si viene invitati ad affrontare la camminata distanziandosi l’uno dall’altro. Poco a poco, con l’avanzare, il suono della ghiaia della pista ciclabile dove inizia il tutto, oltre che sotto le scarpe si avverte anche nelle orecchie. Rumori circostanti, naturali o artificiali, si confondono ed amplificano. Arrivano poi le voci che si mixano tra loro e creano un tutt’uno, in tempo reale, con l’ambiente circostante. Un’esperienza davvero particolare udire l’amplificazione di ciò che accade nel reale, confuso e mescolato con suoni realizzati ad hoc. Con il procedere dei passi diventa sempre più difficile distinguere quali provengano da dove. Ma è soltanto l’inizio, perché dalle case del Villaggio Artigiano ci si sposta in un ambiente extraquotidiano, non solo perché è un cimitero, ma perché è un capolavoro razionalista – metafisico realizzato tra gli anni Settanta e Ottanta (mai compiuto) dall’architetto Aldo Rossi. E’ proprio all’interno di quest’opera architettonica, tra colorate strutture in calcestruzzo e continue linee compositive degradanti, che il viaggio raggiunge il suo culmine.
Nel lungo corridoio d’accesso, infinito nell’altezza e nel ripetersi dei pilastri in lontananza, una figura femminile rompe questa perfetta geometria. E’ il soprano Laura Giavon, che sfiora con il suo abilissimo canto il passare dei partecipanti. E’ una donna vestita di nero, forse a lutto, persa nella sua stessa voce, errante senza meta ma al contempo imprigionata da questo contesto tanto particolare. Il percorso diventa da qui fruibile in modo autonomo, ciascuno può quindi decidere quali strade prendere, come percorrerle, quanto soffermarsi.
Abbiamo quindi preso parte, stavolta in gruppo ma sempre con l’ausilio delle cuffie, a “Le ultime Cose” del collettivo artistico Corps Citoyen. Partendo dal piazzale retrostante la stazione di Modena ci siamo addentrati nella periferia più centrale della città, il quartiere Sacca. Un tempo sede di importanti fabbriche come la Fiat, e quindi luogo abitato principalmente da operai e immigrati dal Sud, la zona è oggi casa di numerose famiglie extracomunitarie.
Il viaggio ci porta a diretto confronto con alcuni abitanti, tra cui una congregazione religiosa, un’anziana seduta in poltrona sotto il suo palazzo, una squadra sportiva che si allena. Tutte queste persone restano mute di fronte al gruppo che le osserva, oppure continuano a fare ciò che stavano facendo, in una sorta di fotografia in movimento. In cuffia invece le sentiamo parlare. Raccontano del loro quartiere, di com’era, di com’è e di come sarà.
Lo storytelling operato da Corps Citoyen vuole creare un ponte generazionale per trasmettere testimonianze che diventano da subito rielaborazione. Il racconto registrato in forma di audiointervista intercetta così il visuale, l’esperienza del contatto umano diretto, seppur non direttamente verbale. L’esperienza si conclude con una piccola festa nella quale spettatori e attori coinvolti si ritrovano insieme.
L’ultima passeggiata performativa alla quale partecipiamo è prodotta da Amigdala con Fattoria Vittadini e vede insieme la coreografa Elisabetta Consonni con l’architetta Silvia Tagliazucchi.
“Stato di cambiamento ovvero come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire” affronta lo spinoso tema del futuro di uno stabilimento industriale dismesso e del quartiere al quale appartiene. Il gruppo parte da OvestLab per dirigersi, poco più in là, di fronte alla cinta muraria della Fonderia Cooperativa di Modena, chiusa da marzo 2022. Nel breve tragitto la cassa acustica portata in spalla dalla guida diffonde le voci dei lavoratori che raccontano di una vita spesa all’interno del sito, di momenti felici, di decadimento e problematiche sociali, politiche, ambientali, sanitarie.
Poco dopo raggiungiamo il perimetro dei più grande polo produttivo del Villaggio Artigiano. Un gradino contro il muro ci invita a salire, e possiamo finalmente guardare dentro. Viene dato ad ognuno un visore artigianale con una lunga pellicola trasparente che possiamo far scorrere davanti agli occhi.
Le forme disegnate si sovrappongono alla dura realtà di un’area abbandonata, tra poesia, realtà e un futuro ancora tutto da capire…