Uscire dalla visione di “Political Mother Unplugged” di Hofesh Shechter è come scendere da un giro sulle Montagne Russe, senza fiato, con un turbinio di emozioni a cui non si sa dare nome tanto sono state forti e accavallate le une sulle altre senza soluzione di continuità, senza tempo del pensiero.
Tanti piani di realtà scorrono gli uni sugli altri, segnati da minimali alternanze di costumi, da sottili cambi di posture e gesti; raccontano di una umanità in lotta, o sopraffatta e spaesata, o presa dal quotidiano o guerriera, su cui incombono le urla bercianti di un potere dispotico che le proiezioni digitali grafiche identificano in un cantante rock dalla voce distorta, ma tra le quali emergono anche i tratti inequivocabili di Hitler.
Tutto inizia con un solitario samurai che si trafigge il ventre con la spada, atto estremo per mantenere l’onore, mentre alle sue spalle la scritta Political Mother in proiezione si sfalda in un pulviscolo. Nell’improvvisa luce che squarcia il buio compaiono due ragazzi, fermi, curvi con le braccia tese in diagonale verso il basso, in una posizione di forza, di ribellione, di resistenza.
A loro si assommano gli altri sette componenti della compagnia, ragazzi e ragazze con una energia possente, un senso di gruppo sensibilissimo che permette agli unisoni di farsi e sfarsi continuamente, alle formazioni di trasformarsi liquidamente le une dentro le altre, ai corpi di assommarsi e separarsi in un caleidoscopio di significati.
Mani imploranti, braccia alzate nel segno della resa, corse comunitarie in cerchio, giri su sé stessi tipici delle danze folcloristiche, passi strascicati, schiene curve, pigli rivoluzionari o fugaci duetti che raccontano relazioni, oppressione e resistenza in continua alternanza con il pulsare della musica che mai lascia la presa. Anche nei grandi respiri, segnati dall’ingresso delle note di Bach o di Verdi, i corpi non rallentano i loro battiti, solo una diversa energia alimenta il loro palpitare.
Dopo l’ubriacatura delle sensazioni di questa drammaturgia legata al gesto, è la ricchezza che resta nella mente, fissata nel ricordo dalla forza delle emozioni che le hanno sostenute.
Fila dei danzatori sul fondo del palco, luci che si abbassano, sul fondale compare una nuova scritta: «Where there is a pressure there is a folk dance», un incitamento a non mollare, a ritrovarsi nella comunità che ci identifica. Partono gli applausi, ma nella penombra soffusa questa splendida compagnia ci regala un altro piccolo gioiello, il rewind velocizzato dell’intero spettacolo; brevi frammenti accelerati ripercorrono la messa in scena all’indietro, fino a concludersi con la spada che viene estratta dal ventre del samurai, segno forse di una possibilità che resta aperta.
A undici anni di distanza dal suo debutto al Brighton Festival, primo spettacolo a serata intera presentato a Londra nel 2010, “Political Mother” mantiene intatto il suo potenziale dirompente attraverso i corpi di questa compagnia di giovanissimi, fortemente voluta da Hofesh Schechter. E ci regala ancora emozioni e speranza.
POLITICAL MOTHER UNPLUGGED
coreografia e musiche Hofesh Shechter
disegno luci originale Lee Curran
costumi Merle Hensel
video proiezioni Shay Hamias
collaborazione musicale Nell Catchpole, Yaron Engler
arrangiamento percussioni Hofesh Shechter, Yaron Engler
in scena la Compagnia Shechter II: Jared Brown, Jack Butler, Chieh-Hann Chang, Evelyn Hart, Charles Heinrich, Evelien Jansen, Rosalia Panepinto, Jill Goh Su-Jen, Niek Wagenaar
musical addizionale J.S. Bach, Cliff Martinez, Joni Mitchell, Giuseppe Verdi
colonna sonora Christopher Allan (violoncello), Rebekah Allan (viola), Laura Anstee (violoncello), Nell Catchpole (viola), Tim Harries (contrabbasso), Andrew Maddick (viola), Kai West (contrabbasso), Yaron Engler (batteria), Dom Goundar (batteria), Joseph Ashwin (chitarra), Joel Harries (chitarra)
La colonna sonora di Political Mother è stata creata in collaborazione con la Guildhall School of Music & Drama e barbicanbite09, con una ricerca supportata da Jerwood Studio a Sadler’s Wells.
L’arrangiamento della canzone Solaris di Cliff Martinez è concesso dalla EMI Music Publishing Limited.
Team di produzione:
responsabile tecnico Oran O’Neill
datore luci Edward Saunders
responsabile di palcoscenico Rebecca Moore
produzione Hofesh Shechter Company
coproduzione Théâtre de la Ville – Paris, HOME Manchester e Düsseldorf Festival con il supporto di Fondazione I Teatri Reggio Emilia, DanceEast e Ipswich
La Hofesh Shechter Company è sostenuta nel programma Shechter II 2020 da The Foyle Foundation, The Harold Hyam Wingate Foundation, l’International Music and Art Foundation, Esmée Fairbairn Foundation e Garfield Weston Foundation.
La Hofesh Shechter Company è sostenuta con fondi pubblici attraverso l’Arts Council England e beneficia del sostegno della BNP Paribas Foundation per lo sviluppo dei suoi progetti.
Political Mother ha debuttato il 20 maggio 2010 al Brighton Festival, Regno Unito.
durata: 1h 08’
applausi del pubblico: 4’ 20”
Visto ad Ancona, Teatro delle Muse, il 10 novembre 2021