Preparatio Mortis: Jan Fabre e il decesso delle aspettative

Jan Fabre
Jan Fabre
Jan Fabre (photo: Malou Swinnen)

L’attesa era tanta, forse troppa. Con ancora negli occhi e nella mente le folgoranti immagini di Orgy of Tolerance, presentato l’anno scorso, il pubblico trendy del Romaeuropa festival ha affollato la sala del Palladium per la doppia replica di “Preparatio Mortis”, spettacolo che prende forma da uno studio presentato ad Avignon cinque anni fa, ultima fatica dell’astro Jan Fabre.

Più che a teatro sembra di stare a Milano durante la settimana della moda: volti noti, direttori artistici, performer, giovani(?) critici(?). Così glamour e così ‘radical chic.’ Romaeuropa ha sempre fatto tendenza, e quindi va bene così.

Lo spettacolo è un breve assolo di corpo e danza di Annabelle Chambon, che cura la coreografia insieme a Fabre. All’inizio la danzatrice non si vede, uscirà molto lentamente da un talamo completamente cosparso di fiori. Una volta liberata compierà gesti isterici e passi a scatti, in una metamorfosi che si concluderà all’interno dello stesso talamo, spogliato e diventato teca, con farfalle e mosche a svolazzare al posto dei fiori. Insetti che si intravedono appena e che rappresentano un topos nelle creazioni del nipote del celebre entomologo Jean-Henri Fabre.
La danza è innovativa, fisica e dolorosa. La visione della donna è molto maschile, in mutande e reggiseno, supportata da una fisicità aggressiva ma sensuale, che ricorda la protagonista di “Another Sleepy Dusty Delta Day“.

C’è molto dell’estetica dell’artista belga in questo lavoro che, più di uno spettacolo teatrale, sembra un ‘tableau vivant’. Può riecheggiare Caravaggio o Arcimboldo, oppure certi trionfi floreali per le morti tragiche dei vip. Tuttavia – al di là di un senso non trovato (non lo cercavamo) e di una forma tanto fredda quanto efficace – “Praparatio mortis” non riesce a trasmettere o a far trasparire neanche per un istante un percorso comune di regista e performer, né una ricerca che superi la mera celebrazione dell’estetica dell’artista. Ma nemmeno il risultato del genio folle di un visionario.

Preparazione alla morte ma anche alla vita. Jan Fabre va a ritroso nel tempo; le connessioni fra arte, vita, morte e metamorfosi si percepiscono, ma tutto rimane a uno stato troppo simbolico nella forma e altrettanto banale nella realizzazione, tanto da condurci alla noia. Concetti alti come il trapasso fra la vita e la morte erano pronti ad un approfondimento che manca, e l’ineccepibile bravura della performer non basta a salvare lo spettacolo. L’attesa era troppa, la delusione anche.

Termino con una nota polemica: è assurdo far pagare 26 euro per un posto in balconata (stesso prezzo della platea), dove la visione è notevolmente ridotta (per giunta per uno spettacolo intimo come questo); e solo perché a Roma c’è Jan Fabre.


PREPARATIO MORTIS

coreografia: Jan Fabre
composizione musicale: Bernard Foccroulle
danzatrice: Annabelle Chambon
produzione: Troubleyn/Jan Fabre
realizzato da Romaeuropa Festival 2010
durata: 49′
applausi del pubblico: 2′ 57”

Visto a Roma, Teatro Palladium, il 6 novembre 2010

0 replies on “Preparatio Mortis: Jan Fabre e il decesso delle aspettative”
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *