A Teatro i nasce una biblioteca virtuale di drammaturgia. Ce ne parla Francesca Garolla

Francesca Garolla (photo: Laila Pozzo)
Francesca Garolla (photo: Laila Pozzo)

Pensare il teatro dopo la pandemia, partendo da ciò che la pandemia non può frenare: le idee, le parole, i testi, che diventeranno gli spettacoli di domani. Questo è “Pubblicazioni”, la call che Teatro i ha rivolto a drammaturghi di tutta Italia.
L’idea di Francesca Garolla, Federica Fracassi e Renzo Martinelli, condirettori di Teatro i, è stata di raccogliere testi di teatro italiano, per lo più inediti, con lo scopo di costruire una Biblioteca virtuale di drammaturgia contemporanea. La risposta è stata confortante. All’attenzione della piccola sala off sulla Darsena milanese sono arrivati 230 testi di 170 autori. Ne sono stati selezionati 129, che dal mese di aprile saranno disponibili nella biblioteca web di Teatro i.
La settimana scorsa sono stati pubblicati anche i nomi dei cinque autori il cui testo diventerà un podcast. I testi selezionati per la versione audio sono “Market” di Irene Canale, “Phoenicopteridae – La verità del fenicottero” di Francesca Di FazioCollettivo Inciampo, “Hound dog” di Fabio Marson, “Balena 52-hertz” di Jacopo Panizza e infine “La vespa celiaca” di Pietro Sanclemente.
Una menzione speciale va a “Il corpo che parla” di Gioia Battista, vincitore del “coup au cœur” del Comitato di spettatori-lettori: un testo emotivamente forte, che affronta il tema del femminicidio.
Francesca Garolla ci illustra la nascita e il senso dell’intero progetto, parte essenziale della stagione 2020-21 di Teatro i.

Francesca, che cos’è “Pubblicazioni”?
È un modo di stare collegati per fare comunità. Volevamo dire agli spettatori che, anche se chiusi, con l’impossibilità di condividere in modo tradizionale spazio e tempo, i teatri continuano a essere fucine di produzione artistica. “Pubblicazioni” è un’occasione per dare visibilità al lavoro sommerso che a volte richiede un’attività di scouting per venire alla luce.

È anche un modo di dare dignità a una stagione alternativa?
Noi di Teatro i rispettiamo il teatro in streaming, ma non è nelle nostre corde. Il teatro in video ha la sua dignità, ma ha bisogno di una regia ad hoc, ad esempio quella di Luca Ronconi per il suo celeberrimo “Orlando Furioso” televisivo. Noi abbiamo chiamato “pubblicazione” la nostra stagione, che si articola in due progetti, il primo del quale avviene in diretta streaming, ma ha il format di una chiacchierata. “Emersioni – Dialoghi tra Attrici”, condotto da Federica Fracassi, prevede dieci dirette Facebook con al centro dieci coppie di attrici. Un’attrice affermata e un’attrice emergente dialogano su temi connessi con il teatro e con la vita. Del primo gruppo fanno parte Sonia Bergamasco, Elena Bucci, Daria Deflorian, Mariangela Granelli, Manuela Mandracchia, Milvia Marigliano, Laura Marinoni, Francesca Mazza, Elisabetta Pozzi e Cinzia Spanò. Le artiste “emergenti” sono invece Serena Balivo, Chiara Bersani, Leda Kreider, Claudia Marsicano, Giulia Mazzarino, Federica Rosellini, Alice Spisa, Agata Tomsic, Petra Valentini e Matilde Vigna.
La seconda iniziativa è appunto “Pubblicazioni”, sulle nuove drammaturgie.

Sono emergenti anche gli autori di “Pubblicazioni”?
Abbiamo voluto prescindere dall’età. Non volevamo avallare la sensazione che in Italia oltre i 35 anni si scada come uno yogurt. Abbiamo voluto offrire una vetrina che si aggiungesse al Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli” e al premio Hystrio. L’unico vincolo era che gli autori non avessero all’attivo più di due testi prodotti e messi in scena. Ogni autore poteva partecipare con massimo due testi.

Da chi era composta la giuria, e com’è avvenuta la selezione?
Abbiamo creato un Comitato di Lettori composto da professionisti del settore. Oltre a me, Federica Fracassi e Renzo Martinelli, c’erano Magdalena Barile, Federico Bellini, Chiara Lagani, Valentina Diana, Claudia Di Giacomo e Valentina De Simone di PAV, Omar Elerian, Pier Lorenzo Pisano e Michelangelo Zeno. Abbiamo selezionato 129 testi che avessero una loro coerenza e coesione, che non fossero banali e fossero ben scritti, e si prestassero a una resa teatrale ad ampio raggio. Molti testi ci sono giunti come materiali, pertanto si prestano a un’azione scenica che riconduce alla danza o alle arti performative. Siamo stati garantisti sia nel riconoscere l’autonomia di giudizio dei componenti il comitato, sia la libertà di spaziare tra generi dei partecipanti.

Possiamo fare un radiografia di questi partecipanti?
Ci sono giunte opere da tutta l’Italia. Gli autori sono equamente distribuiti tra uomini e donne. Il più anziano ha 81 anni, la più giovane è una 17enne: il suo testo su Artemisia Gentileschi ha tutta la freschezza di una ragazza del liceo. Le opere affrontano temi contemporanei come la diversità e l’integrazione, le questioni concernenti l’emancipazione femminile, la malattia e la morte in senso lato, il disagio, la denuncia, la solitudine, i social con la loro componente di voyeurismo, dissimulazione ed esibizionismo. Non c’è la dominanza dei temi tipici della drammaturgia italiana, come la famiglia, l’amicizia e l’amore, che pure sono temi immarcescibili e sono presenti in queste drammaturgie. Ci sono testi “situazionali” che mostrano le condizioni psicologiche, sociali e culturali di un determinato ambiente. Molto spesso questi scritti si caratterizzano per una velocità filmica.

Tra i temi c’è anche il Covid?
Sì, ma in maniera pudica, indiretta. È una sorta di filigrana. Si può dire che quasi tutti i testi partecipanti abbiano un legame con questo tempo. La pandemia è qualcosa che avviene in tutto il mondo. Questo mi porta a guardare oltre le pareti di casa mia. Riguarda me perché riguarda l’umanità intera. Questo virus ci ha cambiati molto. Ha cambiato il nostro rapporto con il tempo e con la velocità. Ha modificato il nostro modo di vivere le relazioni e la nostra percezione della morte, che ora è agganciata a un dato numerico. La generazione nata nei decenni 1980 e 1990 è molto aperta, dimostra di conoscere vari linguaggi e di non volersi incancrenire su temi tradizionali.

Anche tu, da drammaturga, ritieni impudica una trattazione diretta del Covid?
Noi non siamo dei cronisti, ma non per questo possiamo prescindere da un tema così scottante senza sembrare vecchi. Avvicinarsi al Covid significa affrontare argomenti come la malattia, il disagio, le differenze, che la pandemia esaspera. A fine 2019, quindi prima del virus, io ho iniziato a scrivere un testo che ha per protagoniste due sorelle chiuse in casa dalla madre, che intende proteggerle da un’epidemia che è una sorta di male di vivere. Esse guardano il mondo dalla finestra, incapaci di affrontarlo. Ho provato a finire questo testo durante il primo lockdown, ma non ci sono ancora riuscita. È difficile una trattazione diretta del tema Covid, si rischia di banalizzare. È un tema che va approcciato con rispetto e delicatezza.

Torniamo a “Pubblicazioni”. Com’è avvenuta la selezione finale?
Abbiamo coinvolto 100 spettatori volontari grazie a una call realizzata con i mezzi limitati del nostro teatro, in pratica facendo ricorso ai social e al passaparola. Molti di questi non sono spettatori in senso stretto, ma si definiscono semplicemente “amanti della lettura”. Magari vanno a teatro solo una volta l’anno. Il 18% di loro non è mai stato a Teatro i. Per noi può essere un’occasione per intercettare il pubblico di domani.

Che ne sarà dei testi “vincitori”?
Saranno drammatizzati da attori professionisti con la regia di Renzo Martinelli, ma appunto in versione audio. I podcast saranno presto scaricabili dal sito di Teatro i.

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