Un progetto di teatro seriale nato in lockdown e ora al debutto nella stagione del Teatro Stabile di Torino
Un’emittente radio sull’orlo del tracollo, abitata da un fonico che, dalla sua cabina regia, tutto osserva e accompagna; una caporedattrice, inquieta e ossessionata dal rischio della chiusura; un giornalista vagamente frustrato, che vorrebbe ancora perseguire onestamente il proprio lavoro, e uno stagista mentalmente instabile, che oscilla tra lo stato demenziale e quello geniale.
Fra tutti, il fonico, protetto in qualche misura dalle pareti di vetro del suo gabbiotto, sembra essere l’unico a non perdere la calma di fronte alla catastrofe imminente e alle crisi di nervi dei suoi compagni di sventura.
Più fili narrativi s’intrecciano. La precarietà, che caratterizza il lavoro in radio e che lo inficia al punto da giustificare la manipolazione dell’informazione pur di raccogliere ascolti, è il primo di questi fili. Non è questione di calo di interesse o di passione da parte dei protagonisti, ma di sopravvivenza, così che la ricerca disperata della notizia sensazionale e dell’esclusiva diventa ossessiva e, quando non c’è, la si costruisce, inizialmente con un certo imbarazzo, poi sempre meno.
Precarie e poco chiare sono anche le relazioni tra i personaggi: tra la caporedattrice e il giornalista c’è stata in passato una relazione che ancora sottintende non detti e sensi di colpa; lo stagista, psichicamente precario, nasconde i suoi disturbi ai compagni; il fonico è testimone di ogni cosa ma mantiene la sua distanza di protezione.
C’è poi un altro filo drammaturgico, drammaticamente attuale, che si inserisce nella trama e scombina gli equilibri, irrompendo attraverso la notizia di una bambina siriana che tenta di attraversare il confine con la Francia. Si tratta di una notizia che potrebbe salvare le sorti della radio: la bambina sta viaggiando da sola, avrà sicuramente perso i genitori, sarà scalza e il clima è particolarmente rigido, aveva con sé una bambola che è stata ritrovata, ha la stessa età della figlia del giornalista… insomma, ce n’è abbastanza per risvegliare un po’ di schadenfreude, quel sentimento di piacere che sorge di fronte alle disgrazie altrui, e costruirci un servizio.
A questo punto entra in scena un quinto personaggio, un immigrato vero, giornalista pure lui, in fuga dal suo paese d’origine e clandestino nel nostro: dice di conoscere la bambina, ha delle informazioni importanti.
La vicenda si complica e si sviluppa poi attraverso una serie di colpi di scena rocamboleschi, che vedono i protagonisti prima sfruttarsi vicendevolmente, poi scontrarsi, anche pericolosamente, fino a sfiorare la tragedia, infine diventare complici (in un caso, anche amanti), accomunati forse da una stessa dimensione esistenziale di precarietà, in un mondo sovrastato da pregiudizi, prevaricazioni e meschinità.
Lo spettacolo si compone di una successione di episodi collegati l’uno all’altro, come puntate di un radiodramma in cui l’elemento comico e quello drammatico si inseguono e accavallano, senza tuttavia che nessuno dei due fattori prenda mai in maniera netta il sopravvento sull’altro.
A segnare il passaggio tra i quadri, ogni volta un buio, che chiama l’applauso e, allo stesso tempo, il disorientamento degli spettatori: l’episodio risulta infatti quasi sempre comico, ma non lo è ciò che tale l’ha reso. Risate amare, dunque, in sala, miste a dubbi e riflessioni sul rischio – questo sì, reale – di non riuscire più a distinguere la realtà dalla sua manipolazione, così come il comico dal drammatico.
“Radio international” di Hamid Ziarati e Beppe Rosso, in scena al Teatro Gobetti di Torino a fine ottobre, rappresenta l’esito di un interessante progetto, nato durante il primo lockdown, trasmesso prima in video a puntate, infine riproposto in teatro come spettacolo unico, che tuttavia conserva una sua originale struttura e atmosfera da teatro seriale.
Interessante è la dimensione metateatrale che lo spettacolo propone: la finzione scenica rimanda continuamente al mondo della finzione radiofonica; determinante, nel definire spazi e ritmo, è la componente musicale, la cui regia è affidata in scena al bravo fonico-attore Massimiliano Bressan.
RADIO INTERNATIONAL
di Hamid Ziarati, Beppe Rosso
con Adriano Antonucci, Lorenzo Bartoli, Massimiliano Bressan, Francesco Gargiulo, Barbara Mazzi
regia Beppe Rosso
scene e luci Lucio Diana
suono Massimiliano Bressan
A.M.A Factory
Progetto Alcotra Italia Francia – migraction
Durata: 2 h
Applausi del pubblico: 2’
Visto a Torino, Teatro Gobetti, il 29 ottobre 2023
Prima nazionale