Residenza Idra. A tu per tu con le nuove voci del teatro lombardo

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Luilebaciò sul palco di Brescia (photo: Giulia Biletta)|Uno dei momenti di incontro informale di Ritorno al Futuro
Luilebaciò sul palco di Brescia (photo: Giulia Biletta)
Luilebaciò sul palco di Brescia (photo: Giulia Biletta)

In una Brescia finalmente rischiarata dal sole, dopo tre giorni di pioggia e nuvole, si è chiusa la seconda edizione di Ritorno al Futuro, rassegna che ha portato in scena sei voci emergenti del teatro contemporaneo lombardo, animando per tre giorni la città con spettacoli, masterclass, laboratori ma soprattutto inaspettate possibilità di relazione e incontro dall’una all’altra parte del palcoscenico.

È stato proprio questo, infatti, tra i tanti, il maggior punto di forza del festival che, insieme a un’organizzazione impeccabile, ha fatto di una giovane rassegna di teatro contemporaneo il contesto ideale per tessere nuove collaborazioni, confrontarsi, raccontare le proprie esperienze, in scena e non.

La dimensione stessa del festival, raccolta, intima, quasi familiare, ha favorito una vera e propria interazione tra operatori, artisti e spettatori, impossibile in iniziative più grandi e frenetiche.
Ci si sposta insieme da un punto all’altro della città, ci si ritrova per l’aperitivo negli spazi della Residenza Idra o anche per una semplice passeggiata tra gli archi del centro o tra le rovine dell’antica Brescia.
Il teatro insomma non si esaurisce a sipario chiuso, ma prosegue anche dopo. Gli attori vanno a cercare gli spettatori, tentando di riconoscerli dopo lo spettacolo, e il pubblico resta a chiacchierare con i registi, per chiedere di più, scambiare idee, impressioni, domandare da dove nasce un movimento, quale storia si nasconde tra le righe di un testo, scavare dietro le note di regia.

E’ come se lo spettacolo fosse ancora in divenire, raccontano le ragazze della performance “Senso”, preparata in residenza con Animanera: “Per noi è stata come una prova generale, un continuo rodaggio, ci modelliamo e adattiamo secondo le reazioni dei partecipanti, è importante avere un ritorno, impressioni a caldo”.
Come una prova aperta, ma ufficiale, che si conclude con un dialogo a tu per tu con il pubblico. È stato così per quasi tutte le compagnie partecipanti, soprattutto quelle più giovani, per le quali il festival è stata la prima occasione di salire sul palco come entità autonoma, presentando un testo originale.
La possibilità di confrontarsi direttamente con il pubblico prima, durante e dopo lo spettacolo, ma soprattutto l’opportunità di gestire in autonomia uno spazio per le prove.

“Più del circuito di produzione e distribuzione, le residenze ci hanno garantito lo spazio e il tempo” racconta Elisa Campoverde, della compagnia CampoverdeOttolini, in scena con lo studio “Di a Da”, realizzato in collaborazione con il cineteatro Agorà di Robecco sul Naviglio. “Quello che ci manca sono spesso degli spazi, dove poterci concentrare, avere le chiavi di una residenza e poterci restare anche un’intera giornata”. È quello che raccontano anche le ragazze della compagnia Luilebaciò: “Negli ultimi giorni ci siamo addirittura fermati a dormire in residenza – ci dice Vanessa – E’ stato un modo per non cambiare decoro, restare concentrati anche nello spazio, rimanere immersi nella scenografia del testo”, diventarne parte.

“Siamo sempre eredi di Teatro Magro” raccontano le ragazze, che hanno debuttato proprio in occasione di Ritorno al Futuro, “nel nostro testo ci sono ancora elementi molto magreschi – scherzano – ma questo progetto è stato quasi un affrancarsi, un iniziare a pensarsi autonomamente, come compagnia”.
Anche le ninfe di PietraTeatro hanno l’impressione di aver fatto un passo avanti, di aver avuto l’opportunità di concepirsi finalmente come gruppo a sé: “Abbiamo colto al volo la possibilità di questa residenza, ci è sembrato quasi un segno del destino, perché pensavamo da tempo di metterci in proprio, e questa è stata l’occasione giusta. Ci ha dato anche una forte spinta motivazionale, un bel ritorno, a cominciare da quello che abbiamo percepito noi durante la performance – racconta Elisabetta Fulcheri – Adesso non vediamo l’ora di metterci a lavorare sui nuovi progetti”.

L’accento posto sull’importanza di essere protagonisti del processo creativo e delle sue esigenze organizzative si ritrova anche nella gestione del progetto Etre, l’associazione che fa capo a venti residenze teatrali, madrina del festival: “Lavoriamo nell’amministrazione e nell’organizzazione dei progetti – raccontano Silvia e Camilla di Etre – Ma siamo comunque coinvolte nel processo creativo, abbiamo la possibilità di lavorare su bandi e iniziative di ampio respiro, a lungo termine, di essere presenti all’inizio e alla fine di un progetto”.
Un aspetto non da poco, in un tempo in cui la peculiare forma di assunzioni e contratti, quando ci sono, spesso non garantisce una continuità d’azione e pensiero, costringendo ad abbandonare in corso d’opera iniziative e processi in cantiere.

Il festival si è concluso sabato 23 con l’esibizione delle ultime due compagnie, già note nel circuito del teatro contemporaneo, non solo lombardo.
“Di a Da” di CampoverdeOttolini è un monologo poetico, una variazione sul tema del potere, liberamente ispirato alle esistenze di Spoon River, un soliloquio dove Me, il protagonista, galleggia tra creature acquatiche, città invisibili, bambole vaganti e giocattoli di legno, in una scenografia semplice e fiabesca.

“Il nostro modo di stare in scena, semplice e schietto, tende ad un vero incontro con il pubblico e alla creazione di quel pizzico di magia che ci rende per primi spettatori trasognati”, si legge sul sito della compagnia; e non è difficile immaginarlo mentre Elisa Campoverde racconta del suo studio sugli immaginari e le fiabe, per un prossimo spettacolo che forse vedrà sul palco un burattino.

In “Di a Da”, invece, Elisa resta alla regia, secondo il principio di condivisione autoriale che i due hanno adottato sin dagli esordi, alternandosi dall’una all’altra parte del palco. “Presentiamo uno studio sul potere, che nasce da una mia riflessione e dove ho preferito rimanere fuori, come regista e osservatrice – ci spiega Elisa a margine – Lavoriamo abitualmente così, spesso si preferisce rimanere interpreti l’uno dell’immaginario dell’altro, alternare la creazione al teatro”.

Il sipario finale è affidato alla Confraternita del Chianti con una magistrale rilettura de “La bottega del caffè” di Goldoni, a firma di Chiara Boscaro, che mette a punto un inedito dialogo con il testo originale.
Don Marzio, Ridolfo, il conte Leandro s’impadroniscono di tutto il teatro, con un continuo viavai tra palco e platea, un ritmo serrato e interpretazioni trasformiste, coinvolgendo parte del pubblico, tra cui anche sei spettatori che prendono posto direttamente sul palco.

Quello dei confratelli è un affascinante metateatro, in cui cade ogni convenzione scenica, dall’abbattimento della quarta parete alle didascalie delle note di regia originali, in un gioco linguistico dove perfino gli “a parte”, tradizionalmente ignorati, si ritagliano il proprio spazio nello scambio di battute.
Efficace la scelta di giocare con gli accenti e caratterizzare ogni personaggio con la propria cadenza regionale, uno dei tanti artifici che garantisce la continua forza comica del testo, che non risparmia tuttavia un retrogusto più amaro perché, come dice Ridolfo in chiusura, abbiamo riso di questi personaggi ma, da ora in poi, “fate che non si abbia a ridere di voi”.

Uno dei momenti di incontro informale di Ritorno al Futuro, nello spazio della Residenza Idra (photo: Giulia Biletta)
Uno dei momenti di incontro informale di Ritorno al Futuro, nello spazio della Residenza Idra (photo: Giulia Biletta)

Quando si chiude anche l’ultimo sipario, si torna a casa con l’impressione di aver condiviso un pizzico di quella magia che precede il chi è di scena, di essersi ritrovati dietro le quinte, immersi completamente nella dimensione del palcoscenico, e soprattutto con la sensazione di aver intravisto un orizzonte concreto, nuovo, in fermento e con tanta voglia di fare per la realtà teatrale contemporanea. Un primo passo verso il ritorno al futuro.

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