SabirFest 2017. (S)cortesie per gli ospiti dal Mediterraneo

Turi Zinna (photo: Stefania Mazzara)|Gaspare Balsamo (photo: Stefania Mazzara)|Ippolito Chiarello (photo: Stefania Mazzara)|Italianesi con Saverio La Ruina
Turi Zinna (photo: Stefania Mazzara)|Gaspare Balsamo (photo: Stefania Mazzara)|Ippolito Chiarello (photo: Stefania Mazzara)|Italianesi con Saverio La Ruina

Da quattro anni la città di Messina (da due Catania e per questa edizione anche Reggio Calabria) diventa spazio in cui riflettere su cultura e cittadinanza mediterranea, grazie al SabirFest, un incontro di voci e persone che, a partire dal significato della parola Sabir – lingua franca utilizzata nei porti e sulle imbarcazioni del Mediterraneo –, s’incontrano e condividono una riflessione sul Mediterraneo, come patrimonio di storia, tradizioni, diversità tra i popoli che lo abitano, ma soprattutto quale spazio culturale e sociale unico nel suo genere, determinante per progettare e vivere nuove forme di cittadinanza contro vecchie e nuove ingiustizie, vecchie e nuove preclusioni.

Ogni anno un tema guida, da sviscerare attraverso una molteplicità di linguaggi. Quest’anno al centro del dibattitto le (s)cortesie per gli ospiti, per riflettere su termini come straniero, ospite, accoglienza in un presente in cui sono sempre maggiori le criticità legate alle migrazioni e all’incontro con l’altro, troppo spesso considerato solo come una minaccia.
A SabirFest protagonista la parola narrata e quella drammaturgica, grazie ad un palinsesto teatrale ad arricchire la programmazione, articolatosi attraverso gli appuntamenti della rassegna (s)cortesie plateali, promossa dalla Rete Latitudini – presieduta da Gigi Spedale – e dal Clan Off Teatro di Messina.
Uno spettacolo a sera, dal 5 all’8 ottobre, nel tentativo di aggiungere anche attraverso il teatro nuovi spunti. Il quattrocentesco Monte di Pietà con la sua imponente scalinata ha accolto uno dopo l’altro Turi Zinna (compagnia Retablo) con “Doppio Legame”, Ippolito Chiarello con Fanculopensiero –Stanza 510 (spettacolo da cui è nato poi il progetto del Barbonaggio Teatrale di Chiarello, presentato anche al SabirFest), Gaspare Balsamo con il cunto “‘U Ciclopu, Giufà e Firrazzanu” e infine Saverio La Ruina (Scena Verticale) con “Italianesi”.

Quattro voci monologanti del Sud, per narrare di diversità, ospitalità negletta e controversa (è il caso di Balsamo, che trae spunto proprio dall’episodio dell’incontro di Ulisse e del Ciclope e di La Ruina che tratteggia con la consueta, profonda, sensibilità una pagina poco nota della storia recente, quella degli italiani di Albania). Solitudine, esclusione, impotenza caratterizzano invece gli altri due testi proposti, che marcano però una distanza rispetto al tema centrale del SabirFest, allargando i confini della riflessione.

Ad inaugurare la rassegna “Doppio legame” di Maria Piera Regoli e Salvatore Zinna, anche interprete, con la regia di Federico Magnano San Lio, della compagnia catanese Retablo.
Pur alimentandosi di fatti reali – la storia è costruita sui verbali del maxiprocesso alla mafia istruito nel 1986 dal giudice Giovanni Falcone – “Doppio legame” si inabissa ben presto, grazie ad un flusso monologante incessante e a tratti disturbante, nelle tenebre di un dilemma morale che pare irrisolvibile. Tra gesti, ghigni, lacrime, angoscia, Zinna condivide sulla scena la storia tragicomica di Enzuccio, pentito privo di credibilità, uomo che non conta nulla, ultimo tra gli ultimi nella gerarchia mafiosa. Quella di Enzuccio è un’esistenza condotta sempre sul filo, da una parte la dannazione del crimine, dall’altra la consapevolezza di non poter fare altro, non cerca compassione ma semplicemente si racconta in quello che è un dramma senza soluzione, fatto di crimini, fughe, detenzione, come tappe di una via Crucis senza salvezza.

Un imprenditore, chiuso in una stanza d’albergo con i suoi fantasmi del passato ed un presente fumoso e cupo. Ippolito Chiarello con “Fanculopensiero – Stanza 510” (liberamente ispirato al romanzo (Fanculopensiero) di Maksim Cristan, si agita irrequieto negli spazi maestosi del Monte di Pietà, che allarga a dismisura i confini di quel microcosmo-stanza entro il quale il protagonista si muove con disagio e incertezza, tra oggetti sparpagliati qui e là e pensieri in libertà.
Chiarello dà voce ai frammenti umani, inframezzati da inserti musicali che talvolta suscitano il riso, imbastiti in una drammaturgia poco coesa firmata da Michele Santeramo, la regia è di Simona Gonella, per uno spettacolo che gioca su amarezza, ironia e sconforto del protagonista, antieroe in cerca di un motivo per sopravvivere. Dai brandelli drammaturgici di Fanculopensiero ha preso vita alcuni anni fa l’esperienza di Chiarello del Barbonaggio Teatrale, che ha toccato ormai circa 300 città italiane, facendo tappa a Barcellona, Madrid, Parigi, Londra, Berlino, in Canada. Un prezzo per ogni porzione di spettacolo, a scelta del pubblico, con cui Chiarello dialoga per spiegare la scaturigine di quello che è un atto simbolico per rimettersi in contatto con la gente e creare nuove platee. Una necessità per il teatro di oggi in Italia.

Ippolito Chiarello (photo: Stefania Mazzara)
Ippolito Chiarello (photo: Stefania Mazzara)

Parole ora lievi ora imperiose, suono e gesto insieme, per il trapanese Gaspare Balsamo. Un cunto che a partire dal libro IX dell’Odissea, si è poi nutrita di narrazioni tipiche della cultura popolare siciliana.
“’U Ciclopu, Giufà e Firrazzanu” prende vita piano per poi deflagrare nello scontro mitico tra lo scaltro Ulisse e il Ciclope, cucito attorno ad una pratica attorale legata alla tradizione e plasmata poi addosso alla voce ed al corpo dell’attore in scena. All’epilogo finale si giunge dopo due innesti per trasportare la narrazione ancora di più nel gusto e nei personaggi del Mediterraneo. Ecco apparire infatti lo stolto e goffo Giufà e il furbo Ferrazzano, vivificati attraverso un dialetto fortemente evocativo che fa risplendere un universo culturale ricco e composito. Furbi e stolti, astuti e sottomessi, una dicotomia che ritorna anche nella scena dell’accecamento finale: il re di Itaca, con l’inganno ferisce l’unico occhio del Ciclope, sconfitto e beffato dall’uomo venuto dal mare in cerca di ospitalità, e che dice di chiamarsi “Nessuno”.

Gaspare Balsamo (photo: Stefania Mazzara)
Gaspare Balsamo (photo: Stefania Mazzara)

Pagine di una vita a metà quelle cucite insieme da Saverio La Ruina, abile ed elegante affabulatore che, con Italianesi, prende a pretesto le vicende di un sarto, Tonino, zoppo e amante dei colori, per raccontare una pagina semisconosciuta di storia d’Italia e d’Albania. Un affondo netto e delicato insieme, per dare corpo al tema dell’accoglienza, cercata e negata. Un monologo intenso e denso, fatto di ricordi e briciole di quotidianità, che indaga con amara ironia la condizione d’estraneità degli “italianesi”, ovvero gli italiani che alla fine della seconda guerra mondiale rimangono intrappolati in Albania sino alla caduta del regime dittatoriale con nel cuore e nella testa il mito dell’Italia. Stranieri in Albania, Tonino e la sua famiglia, piccoli pezzi di una grande storia che di loro si è dimenticata.
Passano gli anni, nel campo dove vivono in attesa di ritrovare un’identità e una paternità. Ma l’incontro con l’Italia e col padre si ammanta di delusione ed estraneità: italiani in Albani, gli italianesi diventano stranieri anche nel bel Paese, dove vengono considerati albanesi. Una parabola umana che parla d’identità cercata e perduta con la consueta capacità drammaturgica di La Ruina, che scava nelle pieghe di una vicenda assurda per evitarne l’oblio.

Italianesi con Saverio La Ruina
Italianesi con Saverio La Ruina

Doppio legame
con Salvatore Zinna
di Salvatore Zinna e Maria Piera Regoli
regia Federico Magnano San Lio
luci Aldo Ciulla
produzione Retablo

Fanculopensiero – Stanza 501
con Ippolito Chiarello
da un romanzo di Maksim Cristian
drammaturgia Michele Santeramo
regia Simona Gonella
spazio e luci Vincent Longuemare
produzione Nasca Teatri di Terra
organizzazione e distribuzione Francesca D’Ippolito

‘U Ciclopu, Giufà e Firrazzanu
di e con Gaspare Balsamo

Italianesi
di e con Saverio La Ruina
musiche originali Roberto Cherillo
disegno luci: Dario De Luca
organizzazione: Settimio Pisano
produzione: Scena Verticale

Visti a, Messina, Monte di Pietà – SabirFest, 5-8 ottobre 2017

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