L’opera della regista francese Caroline Guiela Nguyen ripercorre il colonialismo francese in Vietman attraverso vite ed emozioni dei diversi protagonisti
Dopo la feconda e importante esperienza di due anni fa nel nome di Strehler, Milano, ancora una volta per merito del Piccolo Teatro, dal 4 al 19 maggio diventa il centro della scena europea per la seconda edizione del festival internazionale di teatro “Presente indicativo” al cui titolo, già per altro significante, è stato aggiunto “Milano Porta Europa”.
“Un’Europa intesa come orizzonte culturale, esteso al di là dei confini fisici e politici che tradizionalmente la definiscono: crocevia di artisti, geografia policroma e frastagliata di linguaggi, esperienze, sguardi”, come afferma nella presentazione della rassegna il direttore Claudio Longhi.
Il festival vede la presenza di 16 artiste e artisti della scena europea, ma non solo (perché oltre ad artisti da Italia, Francia, Polonia, Portogallo, Regno Unito e Spagna, ne arrivano anche da Argentina e Cile), espresso in un coacervo di lingue diversificate (bielorusso, cinese, francese, inglese, lettone, polacco, portoghese, spagnolo, ucraino, vietnamita).
L’inizio della manifestazione non poteva che essere più folgorante, con la visione di “Saigon” della regista francese Caroline Guiela Nguyen che, dopo un approfondito lavoro storico di ricognizione tra Francia e Vietnam, ha riunito in un progetto molto stratificato attori e attrici francesi, vietnamiti e francesi di origine vietnamita, proprio come i personaggi che mette in scena nello spettacolo.
Sul palco dello Strehler viaggiamo così nel tempo: dal 1956, quando da Saigon gli occupanti stranieri francesi se ne vanno (ma non solo loro) al 1996, quando il governo vietnamita permette ai suoi conterranei di tornare dalla Francia al proprio Paese.
Teatro di ogni avvenimento è il ristorante di Marie Antoniette, dove tutte le anime di questo poetico e melanconico dramma si incontrano.
C’è chi aspetta da decenni un figlio che non tornerà mai, c’è il legame tenero e contrastato di una madre con il proprio di figlio che è invece ben presente, c’è chi se ne va lasciando un vuoto incolmabile, e c’è chi torna finalmente al proprio Paese e non lo riconosce più. Ci sono poi, sopra ogni cosa, le illusorie speranze di migrare in una terra più ricca per trovare una vita migliore, dove chi era dominatore è ora, in qualche modo, dominato.
Il grande palcoscenico dello Strehler è quindi invaso per tutto lo spettacolo dal ristorante di Marie Antoniette: da una parte, la cucina in cui la donna, davanti alle pentole fumanti, è intenta a preparare il cibo per i suoi clienti; in mezzo un grande tavolo dove si siedono via via gli amici e dove i clienti affezionati vengono a trovarla; di lato altri tavolini sui quali spesso si vedono mangiare in solitudine esistenze bisognose di affetto. E poi, all’estremo opposto della cucina, un piccolo palco con un microfono su cui, via via, chi vuole intona una canzone per rallegrare i presenti o più spesso per rinvigorire i ricordi.
Infine la grande porta di uscita, dove la vita arriva, passa e se ne va. In questo luogo simbolico si piange, si ride, si consumano addii, matrimoni, promesse non mantenute, rimpianti.
Ne emerge il ritratto di una nazione e della sua capitale, la cui identità è stata calpestata ma, al medesimo tempo, fuoriesce lo smarrimento della sua gente, alla ricerca di una rigenerazione del proprio dolore attraverso la speranza. Il tutto viene accompagnato dalla voce della rappresentante della più giovane generazione presente in scena, che ha proprio questo compito importante.
Ogni sentimento, ogni rapporto è espresso sul palco attraverso tre ore di grande teatro, sempre in stretto rapporto emotivo con il pubblico, per mezzo di una verità che traspare in ogni momento della narrazione, raccontata anche con il canto e una babele di lingue che si intersecano, e che solo attraverso i sentimenti si fa comprendere.
Alla fine dello spettacolo, sul sagrato dello Strehler, pubblico, attori e operatori si riuniscono per una festa comune in onore di quest’arte, qui rappresentata in modo così degno.
SAIGON
testo Caroline Guiela Nguyen
insieme a tutta l’équipe artistica
messa in scena Caroline Guiela Nguyen
con Caroline Arrouas, Dan Artus, Adeline Guillot, Thi Truc Ly Huynh, Hoàng Son Lê, Anne-Marie Ly-Cuong, Phú Hau Nguyen, Maurin Ollès, Yen Linh Tham, Anh Tran Nghia, Hiep Tran Nghia
collaborazione artistica Claire Calvi, Paola Secret
scenografia Alice Duchange
costumi Benjamin Moreau
luci Jérémie Papin, con l’assistenza di Sébastien Lemarchand
creazione sonora e musicale Antoine Richard, con l’assistenza di Orane Duclos
composizioni Teddy Gauliat-Pitois, Antoine Richard
drammaturgia e sovratitoli Jérémie Scheidler, Manon Worms
stagista di drammaturgia Hugo Soubise
traduzione Duc Duy Nguyen e Thi Thanh Thu Tô
realizzazione costumi Pascale Barré, Aude Bretagne, Dominique Fournier, Barbara Mornet, Frédérique Payot hairstyle e parrucche Christelle Paillard
allestito per la prima volta nel giugno 2017 alla Comédie de Valence – Centre dramatique national Drôme-Ardèche
produzione Théâtre national de Strasbourg
coproduzione con Les Hommes Approximatifs, Odéon – Théâtre de l’Europe, Comédie de Valence – Centre dramatique national Drôme-Ardèche, MC2: Grenoble, Festival d’Avignon, CDN de Normandie-Rouen, Théâtre national de Strasbourg, Centre dramatique national de Tours – Théâtre Olympia, Comédie de Reims – Centre dramatique national, Théâtre national Bretagne – Centre européen théâtral et chorégraphique, Théâtre du Beauvaisis – Scène nationale de l’Oise, Théâtre de La Croix-Rousse-Lyon, Domaine d’O – Montpellier, Teatro Nacional D. Maria II – Lisbona
con il sostegno finanziario di Région Auvergne-Rhône-Alpes, Conseil départemental de la Drôme
con il sostegno di Institut français à Paris nell’ambito del programma Théâtre-Export, Institut français Vietnam, Università di Teatro e di Cinema della città di Ho Chi Minh, La Chartreuse, Villeneuve lez Avignon – Centre national des écritures du spectacle
testo premiato dalla Commission nationale d’Aide à la création de textes dramatiques – ARTCENA
con la partecipazione di Jeune théâtre national
scene realizzate nei laboratori dell’Odéon – Théâtre de l’Europe
Spettacolo in lingua francese e vietnamita con sovratitoli in italiano e inglese
durata: 3h 20′ (intervallo incluso)
Visto a Milano, Piccolo Teatro, il 4 maggio 2024