Santa Giovanna dei Macelli. Il primo incontro tra Brecht e Ronconi

Santa Giovanna dei Macelli
Santa Giovanna dei Macelli
Santa Giovanna dei Macelli (photo: piccoloteatro.org)
Per la prima volta Luca Ronconi affronta Bertolt Brecht, e lo fa con un testo incredibile, di un’attualità spiazzante e una poesia celata dietro alle parole rudi e crudeli dei protagonisti.
“Santa Giovanna dei Macelli”, la Giovanna Dark dei Cappelli Neri, è un’eroina metropolitana dell’Esercito della Salvezza, che cerca di redimere anime ormai corrotte in virtù di ideali che lei stessa fatica a mantenere saldi.

Durante la crisi economica del ’29, a Chicago, il magnate Pierpont Mauler vuole restare in piedi con le sue aziende e i relativi profitti condannando operai, allevatori e concorrenti. A nulla servirà l’opera redentrice di Giovanna, che finirà schiacciata da lui, ma anche dalle bassezze della povertà umana e dagli apparenti salvatori del popolo (l’organizzazione dei Cappelli Neri), che si alleeranno con i potenti.

Vedere questo spettacolo (oggi) è importante, perché come sempre Brecht riesce a parlare di un tema che è ancora assolutamente attuale, e lo fa senza mezzi termini, con un linguaggio semplice (ma non facile) e immediato, crudo e potente.
Già Strehler, nel 1970, aveva messo in scena lo spettacolo, con decine di attori e cancelli, ciminiere, fumi.

Ronconi sceglie un allestimento come sempre magnifico e curato da Margherita Palli: un ambiente post-moderno fatto di bidoni di latta semovibili e poco altro, nei quali sono incastrati i protagonisti allevatori di carne, quasi ingabbiati nel loro stesso profitto. Una telecamera in scena gioca sul doppio, mostrando le due facce di molti personaggi, a un tempo furbi e ingenui.
L’impianto è certo di grande effetto, e fa moltissimo per portarci dentro un’atmosfera cupa e di disperazione. Purtroppo, però, siamo portati a distrarci facilmente. La recitazione, lo studio scelto da Ronconi, non è infatti del tutto convincente. Gli attori passano da sprazzi di ricerca sulla gamma tonale, interessanti e divertenti, a lunghi monologhi monotòno nei quali è impossibile non perdersi, e il testo di Brecht (che pure è bellissimo ma, si sa, è impedito qualunque taglio) non aiuta.

Fausto Russo Alesi, Slift, sempre bravissimo nelle sue interpretazioni, ha momenti di follia esilaranti e momenti di stanchezza, che lasciano un po’ perplessi. Maria Paiato, la Giovanna redentrice, è visionaria e appassionata e si muove con serenità sul palco, ma non sempre cattura l’attenzione.
Un merito a parte lo deve avere invece Paolo Pierobon, un Mauler arrabbiato, bambinesco, sovraeccitato, che convince fin dal primo momento in cui entra in scena, tra urla e pianti, facendo provare pietà per il suo personaggio, malgrado sia quello cattivo, quello che il pubblico dovrebbe in teoria detestare.
Bravissimi anche gli interpreti secondari, che riescono con un’ironia grottesca a far sorridere sulle debolezze umane.

Bella la scelta di Ronconi di usare le tecnologie per i famosi cartelli brechtiani, e anche l’uso della telecamera, che proietta su uno schermo le immagini di operai e la controscena degli attori impegnati sul proscenio; peccato però non sia sfruttata a pieno e resti un po’ lì, sospesa, lasciandoci con una sorta di amaro in bocca (sarebbe stato bello vederla usare per un dialogo interattivo, o in molti altri modi, che per un semplice ritorno di immagine).
La gru usata per elevare al cielo Giovanna, a un tempo patibolo, luogo di confessione e di stasi è invece già vista e sembra di incontrarla in quasi tutti gli spettacoli di Ronconi, seppure sia efficace e paia mostrarsi un po’ come la sua firma personale.

Lo spettacolo è complessivamente lungo (tre ore), e difficile da seguire serenamente fino in fondo, ma è comunque da vedere perché ci racconta un Ronconi diverso dal solito, che esce dagli schemi dell’epica classica e cerca un teatro diverso da se stesso. Quindi, già per questo, da premiare.
Al Piccolo Teatro Grassi di Milano fino al 5 aprile.

Santa Giovanna dei Macelli
di Bertolt Brecht
traduzione: Ruth Leiser e Franco Fortini
regia: Luca Ronconi
scene: Margherita Palli
costumi: Gianluca Sbicca
luci: A. J. Weissbard
musiche a cura di Paolo Terni
interventi filmici: Emanuele Di Bacco, Nicolangelo Gelormini
con (in ordine alfabetico): Francesca Ciocchetti, Roberto Ciufoli, Gianluigi Fogacci, Giovanni Ludeno, Michele Maccagno, Alberto Mancioppi, Francesco Migliaccio, Massimo Odierna, Maria Paiato, Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Elisabetta Scarano
una produzione Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa, The State Academic Maly Theatre of Russia, Mosca
in collaborazione con Centro Sperimentale di Cinematografia – Sede Lombardia
per gentile concessione dell’editore Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main
durata: 3h
applausi del pubblico: 2′ 30”

Visto a Milano, Piccolo Teatro Grassi, il 23 marzo 2012

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