Santarcangelo 14. L’arte per risignificare gli spazi

Santarcangelo 2014
Santarcangelo 2014
La tigre di Marco Smacchia per il logo di Santarcangelo 2014
Anche Henri Lefebvre sembra essere arrivato a Santarcangelo per la quarantaquattresima edizione (numero dalle cifre gemelle, tra freschezza e maturità) del festival internazionale del teatro in piazza, che ha aperto ufficialmente ieri, in terra di Romagna, il clou del suo primo week-end, dopo l’anteprima, avvenuta giovedì, del racconto biografico collettivo “Art you Lost?”, concepito in sede di festival l’anno scorso da lacasadargilla, Muta Imago, Luca Brinchi e Roberta Zanardo (di Santasangre) e Matteo Angius, format riproposto dopo i fasti dell’esordio romano.
Un assaggio a ventiquattro ore dalla “presa d’assalto” che rende Santarcangelo dei Teatri un appuntamento fisso dell’estate teatrale e performativa.

Non arriva certo in carne e ossa il Lefebvre citato, sociologo e urbanista francese morto nel 1991, ma il suo storico saggio “Il diritto alla città” (1968) farà da controcanto teorico al filo conduttore di quest’edizione: è sull’“atto dell’abitare” e sulla creazione di comunità temporanee che insistono i progetti di S·14, definizioni innovative, tra installazione, musica, architettura e teatro, di una necessaria resilienza culturale e di uno stile di vita condiviso e culturalmente sostenibile, sempre più urgenti.

Una risignificazione degli spazi fisici, storici, politici e identitari, collettivi e individuali, che elegge a luoghi di sperimentazione non solo le piazze, ma anche i cinema, i magazzini (quello della Saigi, ad esempio), l’Hangar Bornaccino, il parco artistico di Mutonia (difeso con successo dalla popolazione locale a slogan di “Mutoid must stay”, dopo l’ intimazione di sfratto del luglio 2013, che era stata ottenuta per istanza privata presso il Tar) e l’anfiteatro naturale del parco dei Cappuccini.

S’inseriscono all’interno di questo fluido skyline alcuni progetti architetturali e paesaggistici d’innovazione: Maël Veisse, costruttore di abitazioni provvisorie e di arredi per lo spazio pubblico, porta a Santarcangelo alcune delle sue strutture in legno di recupero, mentre Gilles Clément, paesaggista francese e il collettivo di architetti argentini CoLoCo, in collaborazione con l’artista Leonardo Delogu, creano percorsi d’indagine su corpo e paesaggio.

Sono studi sull’interazione tra creazione artistica ed ambiente in senso lato, fortemente miranti all’abbandono di una percezione del mondo per sistemi chiusi e non intersecabili: “Shared Space – Music Weather Politics” e “Create to Connect”, progetti di respiro internazionale che includono molte delle partecipazioni artistiche di S·14, diventano quindi il contenitore sperimentale dei tanti contributi eterogenei che trovano in questo festival un “punto temporaneo d’incontro”.

Il primo, organizzato dalla Quadriennale di Praga per un’indagine interdisciplinare e non solo scenografica dello spazio, include tra gli altri anche i Motus, qui in programma con “Caliban Cannibal”, “Nella Tempesta” e con la videoinstallazione “Call me X”, e le prime assolute di Mårten Spångberg (“The Nature”) e di Valters Sīlis e Teatro Sotterraneo (“War Now!”).

“Create to Connect” deriva invece dall’impegno di 13 organizzazioni culturali ed enti di ricerca europei per creare relazioni di lunga durata tra artisti, operatori e pubblico anche al di là del virtuale: Santarcangelo ospita alcuni di questi risultati collettivi.

Altri protagonisti da ricordare: Claudio Morganti con “Mit Lenz”, Cristina Rizzo, la Socìetas Raffaello Sanzio con “Dialogo degli schiavi”, la Non-scuola del Teatro delle Albe, Danio Manfredini, in prima assoluta con “Vocazione”, la compagnia francese Pardès Rimonim e i Menoventi con “Survire”, Marlene Monteiro Freitas del collettivo Bomba Suicida di Lisbona, in prima nazionale con “Guintche”, la compagnia cilena La Re-Sentida con “La imaginación del futuro”, prima europea del loro spettacolo sul colpo di stato cileno del 1973.

Per l’importanza delle istanze rivendicative che, tra stili e narrazioni diverse, uniscono i contenuti degli spettacoli in programma, la lingua, strumento assertivo per eccellenza, non poteva mancare tra le tematiche: “Enciclopédie de la Parole”, ideata dall’autore francese Joris Lacoste nel 2009, cura il progetto corale d’indagine sull’oralità e la memoria dal titolo “Suite N° 1“ABC”, ricomposizione di materiali audio, registrazioni radiofoniche, discorsi politici, dialoghi perduti nella quotidianità di uomini qualunque in tempi qualunque, catalogati per cadenza, enfasi e sugestioni melodiche da undici attori e undici soggetti esterni, invitati a far dono della loro voce.

Un programma denso e contaminato che, tra laboratori, workshop, incontri, spettacoli, film e performance musicali, proseguirà fino al 20 luglio.  
Contraddistinto da un forte interesse verso le problematiche urbane ed ecologiche attuali, c’è da sottolineare il taglio propositivo che il festival assume. Dall’approccio descrittivo all’approccio normativo? Chissà. Nel frattempo ci si compiace del tentativo di presentare così numerose collaborazioni e lavori a più mani, a testimonianza che la messa in comune delle risorse, anche intellettuali, è qualcosa di possibile.
Se l’edizione di quest’anno vuol fare in modo che l’arte sia un mezzo perchè insieme ci si accorga degli spazi fisici, culturali e sociali in cui prendiamo forma, anche solo come spettatori temporanei, non possiamo che sperare ci riesca.
 

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