Santarcangelo 17. Di habitat, corpi e politica

Geechie Merman Blix|Photo: Ilaria Scarpa
Geechie Merman Blix a Santarcangelo 17|Photo: Ilaria Scarpa

E’ in atto una ‘guerra tra fazioni’ sulla pagina Facebook del Festival di Santarcangelo. Una disputa a colpi di stellette che ha quasi del surreale: 1 stella contro 5 stelle. Così, a raffica: 165 giudizi negativi arrivati in poche ore, racconta chi li ha contati, a cui è seguita un’altra invettiva, ma stavolta pro-festival (nuova ondata di recensioni), tanto da riportare quella pagina al giudizio di gradimento ‘più equamente tollerabile’ di quasi 4 stelle su 5.

Sembra ironico raccontare tutto questo, soprattutto da parte di Klp, che con le stellette alla fine delle recensioni ha sempre ‘giocato’, fin dalla sua nascita. Ma qui la questione è diversa. Perché si ha a che fare con una diatriba che poco entra – soprattutto da parte di chi denigra il festival – in merito a fatti specifici, spettacoli o artisti ospitati in questa edizione. Semmai pare avere come baluardo due emblemi ‘mitologici’, per lo meno nel nostro Paese: i “soldi pubblici” spesi per la manifestazione (c’è chi dice circa 850 mila euro), e l’omosessualità (nelle vesti di multietnic* sirenett*), additata come oscenamente profusa durante le giornate di festival.
Già, perché sono le tematiche affrontate dagli artisti (perse in un magma nebuloso e indifferenziato) ad aver più infervorato gli animi, spesso di persone che al festival non ci hanno messo piede, ma sui social il naso sì, e lì hanno visto cose che voi umani…

Diàne (photo: Ilaria Scarpa / Luca Telleschi)
Diàne (photo: Ilaria Scarpa / Luca Telleschi)

Non si vogliono qui tenere a priori le parti di un festival e della sua libertà d’espressione (“ma quale arte!?” ribadiscono con una non innovativa pedanteria tanti commenti), ma certo gli argomenti andrebbero, se non spostati altrove, almeno approfonditi. Abbastanza utopico trovare un terreno di confronto. In parte ci hanno provato alcuni dei commenti arrivati a supportare il festival (tanti artisti, amici, addetti ai lavori…). Anche di chi nelle settimane precedenti ne aveva fortemente criticato il programma. Più spesso si è trasformato in un pro e contro – fra ricordi del passato, tasse del presente e poca fantasia per il futuro -, assomigliando sempre più a una ostilità di fazioni.
O sarebbe meglio dire, tout court, politica?

Ma Santarcangelo dovrebbe essere, per buona tradizione, il festival delle arti performative più all’avanguardia d’Italia, quello in cui davvero si osa sperimentare il nuovo, e quindi ampiamente in grado di far spallucce a polemiche sulla leicità e l’appropriatezza di alcuni ‘gesti’ artistici (ricordiamo, a tal proposito, un’altra polemica recente che aveva investito la direzione di Silvia Bottiroli). Insomma, a Santarcangelo si dovrebbe poter vedere il ‘diverso’ (che, per buona pace degli omofobi, non significa sempre e solo una questione di ‘gender’).
Chiediamoci allora se è così; se ancora oggi questa sorta di onorevole “marchio di fabbrica” venga tenuto in vita, attraverso le scelte di una direzione artistica, in un Paese che fa dell’omologazione il proprio ‘pensiero forte’. Di debole c’è tutto il resto. Politica in primis.

Dal canto suo il festival, appena concluso, ha tirato le somme di questa nuova rotta (ancora una volta al femminile, sotto la direzione di Eva Neklyaeva e la co-curatela di Lisa Gilardino) sbocconcellando cifre: 11.204 biglietti venduti, con un incremento del 45% rispetto al 2016, per 10 giorni di programmazione e 236 appuntamenti, di cui 118 a pagamento e 118 gratuiti con 65 artisti coinvolti.

Oggi noi vi proponiamo l’intervista video a Eva Neklyaeva, realizzata nelle giornate di festival da Mario Bianchi, con il racconto del ‘suo’ Santarcangelo.

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