La visione di un Satyricon contemporaneo

Satyricon di Verdastro
Satyricon di Verdastro
Il Satyricon di Petronio secondo Verdastro (Photo: Fabio Gatto)
Un lungo lavoro sotto molti punti di vista, questa riscrittura contemporanea del “Satyricon” divisa in cinque capitoli e presentata in versione intera al Teatro Vascello di Roma dalla compagnia Verdastro Della Monica.
Il progetto infatti, iniziato nel 2008 come laboratorio teatrale, diviene un ambizioso tentativo di riscrivere la celebre opera di Petronio in chiave contemporanea, anche grazie alla collaborazione di sei drammaturghi diversi che ne hanno rivisitato alcuni degli episodi più importanti e meglio conservati, come la scena della Pinacoteca e la famosa cena di Trimalcione.

Questi differenti momenti teatrali, animati da linguaggi necessariamente, e volutamente, frammentati e diseguali, vengono ricondotti dalla regia di Massimo Verdastro ad uno stile unitario, che tende tutto al contemporaneo. Vengono così utilizzati numerosi strumenti tecnici, grandi schermi, musiche moderne e canzonette, in un passaggio continuo dal passato al presente, sottolineato anche dall’utilizzo di un latino maccheronico che si trasforma spesso in un colloquiale parlato e in un romanesco desueto.

Il quotidiano è molto presente nel “Satyricon” di Petronio, che si pone come una sorta di pur frammentario romanzo storico in cui i costumi del tempo, di una società corrotta e in crisi che ha perso i valori del mondo classico, vengono contemporaneamente dipinti e parodiati.
I protagonisti dell’opera, i giovani Encolpio e Ascilto, accompagnati dal fanciullo Gitone di cui di continuo si contendono la bellezza, attraversano numerose avventure, immersi in un mondo pervaso da una sessualità insieme giocosa e perversa.
Tutto è marcio in questa società, ben rappresentata dalle abitudini dell’arricchito Trimalcione; è assente qualsiasi legame saldo che motivi i rapporti personali, che ci appaiono legati al caso, e in cui la disgrazia dell’altro provoca quasi immancabilmente numerose risate. Eppure non manca mai una leggerezza giocosa e giovanile che gode della sua stessa provvisorietà.

Nei diversi stili drammaturgici di questa riscrittura sembra restare fermo l’intento di parodiare i vizi della società contemporanea, e di far risaltare quindi sotto questo punto di vista l’attualità del testo di Petronio. Così ad esempio i vizi dei retori, la vuota ampollosità dei discorsi criticata nel testo dal poeta Eumolpo, si trasforma, nel capitolo scritto da Marco Palladini (il secondo, intitolato “Tra scuola e bordello”), in una sorta di parodia del linguaggio lacaniano, cervellotica e inconcludente. Anche la sessualità è molto presente nello spettacolo, ma è una sessualità che viene resa per lo più grottesca, e che non appare mai né veramente perversa né tantomeno giocosa. I corpi nudi non solo non sanno, e non vogliono, essere erotici, ma non riescono neppure ad essere volgari.

Il teatro contemporaneo sembra alle volte esporci ad una sorta di assuefazione non richiesta alla nudità, ed è normale a questo punto che Priapo si trasformi, come avviene nel capitolo di Quartilla, scritto da Letizia Russo, in un buffo omino con un lungo ridicolo fallo di gomma.
In questo senso il “Satyricon” che ci viene presentato è veramente contemporaneo, e sembra dirci che la sessualità non può che esser presentata in forma grottesca, in cui non può esservi nulla né di perverso né di erotico, o meglio in cui l’unica perversione sembra essere proprio in questa cronica impossibilità all’erotismo. Questo toglie allo spettacolo l’allegria giocosa che, in un modo o nell’altro, sopravvive nell’atmosfera densa del “Satyricon”, e che si ritrova ancora nel film di Fellini, ad esempio, in cui si rappresenta un miscuglio perfetto, e volendo anche un po’ indigesto, proprio di erotismo e perversione.

Al di là di un giudizio complessivo sullo spettacolo, su cui indubbiamente molto si è lavorato, o sul tipo di riscritture che sono state tentate, da questa rappresentazione forse troppo lunga e pretenziosa, emerge una problematica estremamente contemporanea.
Gli scivoloni nel cattivo gusto, di cui qui non mancano esempi, sembrano infatti rifarsi direttamente ai modelli delle nostre peggiori televisione e politica, ben rispecchiando il modello di sessualità e corpo che queste ci presentano. In questo il lavoro centra il suo obiettivo ed è fedele all’opera di Petronio. Ciò che invece spesso sembra mancare, in tante riscritture contemporanee, è proprio il traslato dell’arte, cioè una distanza che sia veramente ironica tra la realtà che si vuole sbeffeggiare e quella che viene presentata sul palco. Insomma, non ci viene regalato forse fino in fondo il benefico lusso di una catarsi.

SATYRICON
una visione contemporanea da Petronio
ideato e diretto da Massimo Verdastro
testi di Antonio Tarantino, Luca Scarlini, Marco Palladini, Letizia Russo, Magdalena Barile, Lina Prosa
coordinamento drammaturgico di Luca Scarlini e Massimo Verdastro
con: Massimo Verdastro, Alessandro Schiavo, Luigi Pisani, Giuseppe Sangiorgi, Andrea Macaluso, Marco De Gaudio, Giovanni Dispenza, Tamara Balducci, Valentina Grasso, Giusi Merli
e con la partecipazione di: Silvio Benedetto, Francesca Della Monica, Charlotte Delaporte, Anna Moroni
scene e costumi:  Stefania Battaglia
drammaturgia musicale: Francesca della Monica
movimenti di scena:  Charlotte Delaporte
luci: Valerio Geroldi, Tommaso Checcucci, Marcello D’Agostino
ritratti video: Massimo Verdastro, Marzia Maestri
opera video ‘Carmen in Fine’: Theo Eshetu
regia: Massimo Verdastro
durata: 5h (compresi intervalli)
applausi del pubblico: 2’ 30’’

Visto a Roma, Teatro Vascello, il 29 aprile 2012

Join the Conversation

1 Comments

Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  1. says: carlo

    ma quando mai Massimo Verdastro può regalare una catarsi ?
    Il vecchio che avanza, il decrepito che si manifesta che non se ne va che resta.
    Uno schiaffo al futuro, al bello, alla grazia, in due parole massimo Verdastro.
    Unica nota di merito dell spettacolo è la scenografia e i costumi che da soli hanno reso in concretezza i testi.
    Ma la domanda sorge spontanea, si diceva un tempo, dopo il capolavoro che fu il film di Fellini, a qualcuno può interessare una sbiadita copia ?