In una uggiosa giornata di novembre del 1975, Alberto Moravia urlava disperato a migliaia di persone, arrivate a Roma da tutta Italia per onorare per l’ultima volta il poeta morto, ucciso, calpestato…
In un secolo, i veri poeti si contano sulle dita delle mani e, se poi ne muore uno, il mondo è sempre più povero.
Tante volte sono stato sulla tomba di quel poeta, a Casarsa, per stare un po’ con lui, per fargli compagnia. Una volta ci arrivai che era quasi l’imbrunire e piano piano, con me, arrivarono decine di lucciole, forse perché anche loro volevano fargli compagnia.
Nei giorni scorsi, in una giornata piena di sole, a Firenze è morto un altro poeta, e così il mondo è ancora più povero. Giuliano Scabia ci ha lasciato, o almeno ci ha lasciato una parte di sé, ma, come è successo per Pasolini, lui sarà sempre con noi.
La prima volta che ho incontrato Giuliano Scabia è stato alla fine degli anni ‘70 a Casciana Terme, per la prima assemblea dei gruppi teatrali di base. Con il mio gruppo ci recammo in massa per conoscere altri scriteriati, che già, un poco velleitariamente, calpestavano le assi del palcoscenico. Eravamo dei ragazzi pieni di entusiasmo, insieme ad altri pieni della stessa voglia di spaccare il mondo, un mondo che non ci piaceva e volevamo rifarlo – non con le armi, come si usava allora, ma con la poesia.
Non sapevamo bene chi fosse quel signore strano che, ad un certo punto, a notte inoltrata, decise di organizzare una guerra fantasmagorica tra maschi e femmine, prima in strada e poi nelle camere, a suon di cuscinate, come in “Zero de conduite” di Jean Vigo. Aveva avuto per noi la capacità di trasfigurare con estrema semplicità, subito, la realtà in sogno. E la battaglia ci fu, e fu indimenticabile.
Da allora divenne per me un faro che mai si spense. Più tardi mi invitò al Dams di Bologna, dove insegnava, per parlare della mia compagnia. Figuratevi, un povero tapino, teatrante di provincia, a insegnare a quelli più giovani di me come si potesse vivere di teatro. Ma Scabia mi rassicurò che non avrebbe potuto fare di meglio. Lui, sempre umile, che con altri umili percorreva chilometri e chilometri a cercare le radici delle cose, che metteva insieme Orfeo e Dioniso per inventare un teatro mai arrogante, che vagava per cielo e terra inebriandosi di luce.
Lo invitai parecchie volte dove abito, in diverse occasioni, a raccontarci le sue storie.
Il ricordo forse più indelebile è quando lo portai nella mia città per una passeggiata poetica, che si svolgeva per tutto il corso della giornata, da Brunate, la piccola montagna che sovrasta Como, sino al lago.
La sessantina di persone che ci seguiva si fermava ogni tanto ad ascoltare le sue storie meravigliose, popolate di esseri fantastici. Fu in una di quelle pause che, nel cielo sereno, un tuono forte e nitido, sorto chissà da dove, scosse la natura tutt’intorno. Dio aveva voluto duettare con il nostro poeta immaginifico. E ricordo pure che, stanchi ma appagati, alla sera ci addormentammo ascoltando Monteverdi.
Poi, in anni più recenti (era il 2015), fu la volta dell’assegnazione del Premio Eolo, che la rivista che dirigo assegna alle eccellenze del teatro per le nuove generazioni. Subito ci venne in mente Giuliano, e nel medesimo tempo ci venne in mente l’intitolazione del premio… alla Riconoscenza. Riconoscenti per aver inventato un mondo sovrannaturale in cui perdersi tra magie e leggende, un mondo agli albori del mondo, come del resto è l’infanzia, lui, sempre fanciullo, nonostante i capelli bianchi; sempre ridente, sempre accogliente.
E così penso che, se tra un po’ – per fargli compagnia – andassi sulla sua tomba, situata – ne sono certo – al limitare di un bosco nel Pavano antico, ci troverei non solo le lucciole, ma anche dei cinghiali, un lupo, un gorilla e sicuramente un cavallo blu…
Giuliano, sei stato un grande ispiratore di teatro multiforme…tale quale il tuo cuore radiante luci, sonorizzare…un tutt’uno colle nubi e le stelle rotanti….il tuo fare ha toccato chi ti incontrava tra portici, torri e dialoghi condotti tra selve amene e mongolfiere…in un bestiario umanizzato ci hai condotti con mano ferma da gran direttore orchestrale…le tue sono state giornate ispiratrici di carriere e di vite spese in drammAturgie da varie rotte personali intraprese. Grazie …. Giuseppe (Beppe) Pedrini