Gli Sguardi di Silvia Mercuriati: “Voglio che il pubblico non tema di non capire il teatro”

Silvia Mercuriati e Davide Barbato di Piemonte dal Vivo alla presentazione di Sguardi 22 (ph: Marco Iacuaniello)
Silvia Mercuriati e Davide Barbato di Piemonte dal Vivo alla presentazione di Sguardi 22 (ph: Marco Iacuniello)

Progetto Zoran guida da anni un’attività trasversale nel Comune di Pianezza, alle porte di Torino, dimostrando che innestarsi, con pazienza, nel tessuto della collettività è la chiave per radicarsi sul territorio

Mentre Progetto Zoran sta proponendo a Pianezza, comune dell’hinterland torinese che guarda verso le montagne, un’estate di “Musica, parole, natura”, si pensa già alla prossima edizione di Sguardi, la rassegna di teatro contemporaneo che – sempre a Pianezza – la compagnia realizza durante il resto dell’anno. 
In attesa quindi delle “Geografie dell’anima” di Marco Fracon e Chiara Menardo, in scena il 9 luglio nel parco di Villa Lascaris, abbiamo voluto fare con Silvia Mercuriati, direttrice artistica di Sguardi, una riflessione sulla stagione da poco conclusa (a giugno), in attesa della ripartenza ad ottobre.

Sguardi ha concluso la sua seconda edizione all’insegna di “Storie non ordinarie”, sottotitolo della stagione 22/23. Perché hai scelto questa traiettoria da offrire agli spettatori?
Il teatro racconta storie e lo fa da sempre, non c’è nulla di criptico, complesso, nel teatro. Voglio che il pubblico ne sia consapevole. Soprattutto il pubblico che non ne fruisce per paura di non comprenderlo, perché teme di non avere i mezzi necessari per capirlo, perché pensa che parli di qualcosa che non lo riguarda. Avevo la necessità di esplicitare che avremmo raccontato semplicemente delle storie. Storie non ordinarie, certo, come quelle che riguardano ciascuno di noi e che potrebbero essere raccontate, che dovrebbero essere raccontate. Perché ogni vita è diversa, unica, non ordinaria, ed è qui che sta la bellezza, nella non ordinarietà della quotidianità. Non concetti complessi, non teorie incomprensibili, ma semplici storie di uomini, donne, come noi, e che attraverso il loro racconto ci permettono di comprendere un pezzo di mondo che in qualche modo ci appartiene.

Da tanti anni lavori sul territorio di Pianezza, dove Progetto Zoran ha la sua sede operativa. C’è stata una evoluzione rispetto al “tuo” pubblico?
Abbiamo iniziato a lavorare sul territorio di Pianezza nel 2011 con estrema cura e attenzione. Siamo partiti con un progetto di teatro sociale e di comunità, ancora oggi attivo. Il primo obiettivo era quello di favorire la relazione tra il Centro di Salute Mentale del territorio e la cittadinanza in un processo di lotta allo stigma attraverso il teatro. Il progetto prevede infatti la partecipazione di un gruppo misto di pazienti psichiatrici e cittadini e di tappe di lavoro aperte al pubblico, spesso condivise con alcune realtà del territorio in occasione di giornate istituzionali quali il 25 aprile, il giorno della memoria, il 25 novembre.
Le relazioni instaurate con le associazioni del territorio, la condivisione con un pubblico spontaneo che ha iniziato a seguire il progetto e le uscite pubbliche ci ha permesso di allargare la lente, per osservare i bisogni della comunità, per iniziare a costruire il pubblico.
Un pubblico che aveva voglia di teatro, che voleva vedere spettacoli di teatro, perché il territorio era privo di programmazione.
Tutti i momenti di spettacolo sono sempre stati fatti in location non teatrali, luoghi da valorizzare, da abitare attraverso una nuova veste. Tra questi citiamo la Pieve di San Pietro a strapiombo sulla Dora Riparia, lungo la cui riva destra correva una delle più importanti vie romane, la via Francigena. Un luogo davvero affascinante in cui inserire il teatro sociale e di comunità, ma anche un luogo che ha assunto un ruolo diverso, proprio perché fruibile in maniera diversa dal pubblico. Pianezza ha una storia di teatro amatoriale, non professionistico, e il pubblico si è sempre dovuto spostare nel capoluogo o nei comuni limitrofi per fruire di un’offerta culturale professionale.

Hai visto una crescita?
Il nostro è stato un lavoro lento, certosino, per costruire dal basso un percorso di condivisione con la cittadinanza, le associazioni culturali e le istituzioni che ha portato alla costruzione di un pubblico nuovo. Il lavoro è sempre stato triplice: programmare, produrre e formare. Poi nel 2016 abbiamo messo le radici aprendo il TLC, un piccolo, piccolissimo teatro da camera nel centro storico, che ci ha permesso di ampliare il lavoro, di continuare a intercettare nuovo pubblico, di rimanere quotidianamente connessi con il territorio. Un presidio che è stato premiato durante la pandemia dalla Compagnia di San Paolo attraverso il bando “Rincontriamoci”, e che ci ha permesso di mettere le basi per la costruzione di una stagione teatrale nel 2021 e di portare sul territorio artisti di fama nazionale.
C’è un pubblico in continua crescita che si avvicina al teatro contemporaneo in modo occasionale e poi ne rimane affascinato. Un pubblico che ha imparato che il teatro si può vedere e fare ovunque, e che il linguaggio contemporaneo parla del presente, di oggi, di tutti noi. E che per andare a teatro non c’è bisogno del vestito buono della festa e nemmeno di una laurea.

Quali sono le difficoltà di portare il teatro contemporaneo in realtà di provincia? E quali le tue strategie di audience engagement?
L’attività per noi più preziosa sul territorio è sempre stata quella di condividere il lavoro con le associazioni culturali e sociali. La nostra forza arriva da lì, dal lavoro quotidiano di costruzione di progetti condivisi, dove il teatro diventa uno strumento per comunicare, per raccontare, per esprimersi. Penso all’A.N.P.I Sezione Albino Genova, con cui abbiamo costruito spettacoli per e con la cittadinanza; penso a Firmato Donna, un’associazione impegnata a promuovere attività volte a favorire e tutelare i diritti e le condizioni della donna con la quale abbiamo prodotto spettacoli, condiviso pratiche. Ce ne sono davvero tante altre, alle quali siamo particolarmente legati e con le quali abbiamo lavorato in sinergia. Questo modo di agire, involontariamente, ha ampliato la nostra audience, è diventato il nostro punto di forza. Il teatro ha mostrato la sua funzionalità, la sua utilità pubblica, la sua capacità di raccontare, in modo semplice, la complessità dell’essere umano.
Questo ci ha permesso di accrescere il nostro pubblico, di rafforzarlo, incontrarlo in contesti meno ufficiali e di fidelizzarlo.
Ci si dimentica del grande lavoro che fanno realtà come la nostra in territori privi di programmazione. C’è un gap culturale fortissimo tra il capoluogo e le città metropolitane. Soprattutto laddove mancano amministratori illuminati che hanno a cuore la cultura e che, pur di vincere facile, punterebbero al nome televisivo e commerciale per riempire le piazze piuttosto che costruire processi culturali virtuosi in grado di offrire ai cittadini la qualità culturale che meritano.

A volte anche la location di un evento fa la sua parte. Per voi è quella del Barrocco, chiesa sconsacrata di San Rocco riconvertita per eventi assolutamente profani. E’ un luogo che la cittadinanza sente interessante e vivo?
La nostra realtà, Progetto Zoran, fin dalla sua fondazione nel 2003, si è sempre distinta per un’attività di ricerca teatrale fatta in luoghi non convenzionali.
Non è un caso quindi che il Comune di Pianezza sia stato per noi un’attrattiva: un Comune dove il teatro contemporaneo non era presente, dove nemmeno il teatro, come edificio, esisteva. In compenso Pianezza ha tutta una serie di luoghi storici, edifici recuperati, parchi privati e ville d’epoca affascinanti, spesso non visitabili, o poco accessibili dalla cittadinanza.
L’idea di collocare la stagione in luoghi non teatrali, non è stata solo una necessità, ma anche una scelta.
La ricerca di un nuovo pubblico avviene fuori dai contesti ufficiali, fuori dai teatri, ed è lì che noi seminiamo, per portare il teatro ovunque. E continueremo a farlo anche quando sarà costruito il primo teatro della Città, si stima a fine 2025, dove accanto alla programmazione in teatro affiancheremo appuntamenti diffusi sul territorio, per permettere a tutti di prenderne parte e aumentare la partecipazione del pubblico.
Barrocco ha ospitato sette spettacoli della stagione 22/23, una location davvero unica e affascinante, che è stata una cornice in grado di accogliere i diversi allestimenti. Per non parlare del parco di Villa Lascaris, che ha ospitato nella vasca a filo di prato dove sorgeva la fontana (oggi non più funzionante), l’ultimo spettacolo di stagione. Persino la riscrittura di Elio Germano di Pirandello per realtà virtuale vissuta al Cinema Lumière è stata un’esperienza per il pubblico, e per il cinema stesso, unica. Questo fa il teatro: fa vivere esperienze uniche attraverso i contenuti, attraverso le forme, ma anche attraverso i luoghi.

Concert Jouet a Villa Lascaris (ph: Fernando Genova)
Concert Jouet a Villa Lascaris (ph: Fernando Genova)

Hai voluto aprire la stagione con “Shakespearology” di Sotterraneo, adatto anche ad un pubblico di liceali, ma poi hai proposto la danza non convenzionale di Silvia Gribaudi, un nome più pop come quello di Elio Germano, e artisti meno noti ma da scoprire… penso ad esempio a Marco Ceccotti che, con “Questa splendida non belligeranza”, ha vinto In-Box 22. Generi e stili diversi. Qual è stata la sorpresa maggiore che il pubblico ti ha dato di fronte ai nomi che hai scelto?
Mi sono immaginata la stagione come una grande pranzo, ogni spettacolo in programma era una portata. Un antipasto originale, un primo raffinato, un secondo succulento, un contorno che rassicura, un dolce inebriante. Diversi, si. Diversi per genere, età, fama ma funzionali al pranzo completo.
Diverse sono state le portate che hanno fatto registrare il sold out.
Il feedback più ricorrente da parte degli abbonati è stato proprio questo: la diversità delle proposte ha creato sempre molta curiosità nel pubblico.
Il lavoro di Silvia Gribaudi ci ha permesso di raccontare un mondo diverso della danza, un mondo sconosciuto ai più, e speriamo di essere riusciti a incuriosire e a stimolare la visione di altre esperienze contemporanee. Non dimentichiamoci che la Lavanderia a Vapore di Collegno è a soli 10 minuti da Pianezza, eppure i pianezzesi che si spostano a vedere spettacoli di danza sono pochissimi.
L’esperimento di Elio Germano con i visori ha attirato molto pubblico, non tanto per il nome, visto che lui non era presente, quanto per l’esperienza dei visori che ha incuriosito e piacevolmente interessato il pubblico a scoprire e sperimentare una nuova fruizione.
Il terremoto dell’Aquila raccontato da Alessandro Blasioli ha toccato il pubblico nel profondo.
Fabio Bonelli ha saputo creare un’atmosfera così intima da far trattenere il fiato per cinquanta minuti, il pubblico ne è rimasto davvero affascinato.
Ogni spettacolo, ogni portata è stata gustata con cura, qualche spettatore ha provato a fare una classifica, ma ci ha confidato che non è riuscito, perché ogni spettacolo lo ha sorpreso in modo diverso, non paragonabile.

Questa splendida non belligeranza di Marco Ceccotti al Barrocco (ph: Iacuaniello)
Questa splendida non belligeranza di Marco Ceccotti al Barrocco (ph: Iacuaniello)

Sei al lavoro per la nuova stagione?
Stiamo ultimando la prossima stagione; questo è sempre un periodo davvero stimolante e per non farci mancare nulla abbiamo deciso di organizzare una piccola rassegna estiva. Un regalo agli spettatori che ci hanno seguito in questi otto mesi. Abbiamo organizzato cinque appuntamenti in sinergia con Noiciproviamo, un’associazione culturale del territorio, Villa Lascaris casa di spiritualità e cultura, e i proprietari di Villa Lydia per offrire al pubblico musica e parole negli splendidi parchi privati pianezzesi. Location mozzafiato che coccoleranno questa calda estate.
Dal 30 giugno con il concerto “Sentimento Popolare” del duo lombardo Camilla Barbarito e Fabio Marconi arriveremo a settembre con il concerto spettacolo di Federico Sirianni dedicato alle “Città invisibili” di Calvino, attraverso presentazioni di libri, performance, letture e danza immersi nel verde.

E poi si riparte ad ottobre…
Partiremo il 9 ottobre con il progetto “Vajonts” di Marco Paolini, testo riadattato coralmente da Marco Martinelli, Fabbrica del Mondo ente promotore, che sarà contemporaneamente in scena in almeno 100 teatri in tutta Italia e sarà sviluppato registicamente in maniera autonoma da ciascuna realtà che ospiterà il progetto. Sarà per noi un’occasione di lavoro con la cittadinanza, abbiamo previsto l’intervento, oltre di attori professionisti, anche di allievi attori del territorio, gruppi di donne con le quali facciamo teatro da diversi anni. Un inizio all’insegna della comunità, per ribadire che il teatro è lo strumento della comunità, del dialogo, del confronto sull’attualità. Non è solo ricordare un disastro avvenuto sessant’anni fa, ma è un’occasione per parlare di ambiente, ecosistema, responsabilità, che dopo l’alluvione in Emilia Romagna ci mette tutti in prima linea. Proseguiremo la programmazione fino a giugno cercando di dare continuità con la programmazione estiva 2024.

Ci puoi svelare qualche altro nome?
In linea con lo scorso anno, abbiamo scelto spettacoli che hanno già debuttato, vogliamo essere una piazza che favorisce la circuitazione.
Visto che lo scorso anno abbiamo lanciato un semino con la danza, quest’anno ospiteremo due progetti che coinvolgeranno attivamente il pubblico: “Ballroom” di Chiara Frigo in un progetto condiviso con la Lavanderia a Vapore di Collegno e Morenica, e “Save last dance for me” di Alessandro Sciarroni [passato da poco, con grande successo di pubblico, anche a Interplay 23, ndr].
Ospiteremo il progetto artistico “White rabbit red rabbit”, la produzione italiana di 369 gradi che, in accordo con l’autore Nassim Soleimanpour, ha deciso di dedicare un intero anno di repliche alla creazione del fondo “Un anno per la libertà di scrittura”, indirizzato alla creazione di una residenza di drammaturgia rivolto a giovani autrici e autori iraniani, che si svolgerà nell’estate del 2024 in Sardegna con la collaborazione di Italian and American Playwrights Project. Dal 13 marzo 2023 per un intero anno, il testo teatrale più libero, più misterioso e più informale del mondo si mette al servizio della drammaturgia, della libertà di scrittura, del dialogo.
Programmeremo uno spettacolo di lotta alla mafia, che affiancherà le consuete attività che l’associazione Legalmente del territorio di Pianezza sta portando avanti da alcuni anni. Ma non voglio spoilerare troppo, proseguiremo la programmazione nell’ottica di offrire al pubblico un menù variegato, ma coerente. In grado di soddisfare allo stesso tempo palati raffinati e coloro che devono ancora scoprire il proprio gusto.

Interessante è anche la proposta off, che intende affiancare eventi di tipo diverso alla stagione (incontri etc.), importante proprio nell’ottica di avvicinare un pubblico sempre più trasversale. Replicherete anche nella prossima stagione, rilanciando magari con più proposte?
Sguardi è un progetto che, oltre alla stagione teatrale, comprende altre pratiche per osservare il contemporaneo. Pratiche diverse per coinvolgere pubblici differenti.
Tra questi c’è Sguardi Off, appuntamenti culturali e di spettacolo dal vivo che mettono insieme musica, poesia, arte, società e che affrontano una tematica specifica sulla quale abbiamo deciso di porre l’attenzione. Oppure Sguardi Collaterali, azioni artistiche e culturali, performative e non: mostre, presentazioni di libri, laboratori, documentari, ecc… Spesso sono appuntamenti costruiti e condivisi con altre associazioni del territorio o di cui facciamo parte come enti partner o in ospitalità.
L’obiettivo è stato quello di sviluppare una progettualità trasversale che coinvolgesse la produzione, la programmazione e la formazione per raggiungere un target più ampio, per implementare il lavoro sull’engagement culturale, per rafforzare il radicamento sul territorio, per continuare a sviluppare progetti di rete.
Sguardi sono gli orizzonti/panorami offerti al pubblico sui linguaggi contemporanei dello spettacolo dal vivo che contemplano, oltre al teatro, la danza contemporanea, il circo contemporaneo, la musica.
Sguardi è un’espressione, in senso figurato, della nostra società: vogliamo che il teatro si riappropri di un linguaggio universale, in grado di essere portavoce del nostro tempo.
Accanto ai satelliti che ruotano intorno a Sguardi sperimenteremo alcuni titoli per le matinée rivolte alle scuole del territorio, un’occasione per avvicinare i ragazzi al teatro contemporaneo.

Se non avessi problemi di budget, chi vorresti invitare a Sguardi?
Sono un’attrice e so quanto sia frustrante e faticosa la data secca, quindi come prima cosa prevedrei almeno due giorni di replica per spettacolo programmato.
Se il budget e le strutture presenti lo permettessero prevedrei un progetto in residenza con la possibilità per il pubblico di osservare tutte le fasi: il lavoro sul testo, la messa in scena, l’allestimento. È importante raccontare al pubblico come avviene la creazione e cosa c’è dietro alla produzione di uno spettacolo. Quest’anno abbiamo provato a raccontarlo. Ad ogni spettacolo veniva fatto un approfondimento su un aspetto diverso e sui diversi professionisti che lavorano dietro le quinte. Ma un conto è raccontarlo, un altro è poterlo vedere, osservare. Credo che permettere al pubblico di osservare i processi, li renderebbe più consapevoli e partecipi.
Il desiderio più grande rimane quello di poter programmare artisti stranieri, il budget che abbiamo è limitato, ma l’internazionalizzazione permetterebbe davvero di completare il nostro lavoro, sarebbe la ciliegina sulla torta. Spettacoli stranieri sia in stagione che a fine stagione, in un festival dedicato che possa mostrare al pubblico nuovi orizzonti.

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