Da Chiara Frigo e Massimiliano Loizzi a Lucania e Sciarroni, la proposta di Silvia Mercuriati in provincia di Torino vince, forte di un pubblico cresciuto negli anni
Con un travolgente “SID. Fin qui tutto bene”, in scena al Barrocco di Pianezza il 18 gennaio, la stagione teatrale “Sguardi”, ideata e organizzata da Progetto Zoran, è giunta a metà percorso. Tempo, dunque, di fare i primi bilanci. Cinque finora gli spettacoli proposti al pubblico di Pianezza (comune della prima cintura torinese), con una comprovata attenzione per il teatro contemporaneo nelle sue variegate espressioni, che vanno dal teatro di narrazione alla danza, dalla musica alla prosa e ampio spazio anche per le commistioni di genere.
La stagione, giunta alla sua seconda edizione, nasce infatti con l’intento di accompagnare il pubblico del territorio alla visione e alla conoscenza di un teatro, quello contemporaneo, che è in continua evoluzione e che talvolta può risultare spiazzante, ma che per questo non può e non deve rimanere accessibile soltanto al pubblico torinese o a una nicchia ristretta di addetti al mestiere o amatori.
“Il teatro parla a tutti”: ne è convinta Silvia Mercuriati, direttrice artistica di “Sguardi”, che dal 2011 insieme a Progetto Zoran ha condotto con le cittadine e i cittadini di Pianezza un lungo e graduale lavoro di avvicinamento al teatro, fatto di incontri, laboratori, attività, progetti, reti con le associazioni del territorio, prima di arrivare a costruire e proporre una stagione teatrale laddove per giunta un teatro, inteso come edificio, finora ancora non c’è, ma che potrebbe essere già pronto per il 2025. Un lavoro di cui sono oggi evidenti i frutti, non tanto per il sold out che, puntuale, si è verificato a ogni replica, quanto per la risposta del pubblico a fine spettacolo e nei giorni a seguire. Perché una delle convinzioni della Mercuriati è che il teatro vada interpretato come ‘piazza’, luogo di scambio di pensiero, spazio di riflessione, opportunità anche di crescita, e così ogni giovedì del teatro (la stagione propone, da ottobre a giugno, un appuntamento mensile, di giovedì sera), a fine spettacolo viene offerta al pubblico la possibilità di incontrare gli artisti e di confrontarsi su quanto si è visto e vissuto. La discussione spesso si prolunga nei giorni a seguire in altre occasioni di incontro, anche informali, con gli organizzatori della rassegna: “Ci piace l’idea che il teatro non finisca in sala – spiega la direttrice artistica – ma, al contrario, sia qualcosa che ti porti a casa, qualcosa che, offrendo strumenti di riflessione, semini dubbi e non dia risposte certe”.
La stagione si è aperta il 9 ottobre alla Multisala Lumière con “Vajonts 23”, un’azione corale di teatro civile che, a sessant’anni dalla frana che costò la vita a duemila persone, ha coinvolto in contemporanea oltre cento teatri e compagnie in Italia e in Europa e che, nello specifico, è stata qui curata da Progetto Zoran, con la partecipazione delle studentesse e degli studenti dell’Istituto d’Istruzione Superiore Dalmasso di Pianezza.
Nello spazio suggestivo del Barrocco, ex luogo di culto religioso ora consacrato al teatro, in cui la postazione di regia è collocata nell’antica cantoria sotto le canne di un imponente organo (e qui l’allestimento moderno incontra rispettosamente l’arte barocca), il 26 ottobre è andato in scena “Il tour buonista”, spettacolo di propaganda satirica di e con Massimiliano Loizzi, prodotto da Mercanti Di Storie, a sostegno di Emergency.
Loizzi, travolgente, esilarante, conosciuto e apprezzato anche dal pubblico giovane grazie alle sue produzioni per il web, ha proposto un tipo di comicità dal ritmo serrato e accenti grotteschi, spesso triviali, ma che, a dispetto delle risate e degli imbarazzi che possono generare, non è mai fine a sé stessa. L’autore intende piuttosto svelare, attraverso un racconto che prende spunto da esperienze autobiografiche, il razzismo che troppo spesso si cela dietro parole, azioni e atteggiamenti ritenuti inclusivi. Critico e spietato nei confronti delle ipocrisie della nostra società e del buonismo ostentato, lo spettacolo si chiude tuttavia con una sollecitazione a continuare a pensare alla possibilità di un mondo migliore, non tanto con le parole quanto con i fatti.
Lunghi applausi e chiacchiere con l’artista a fine spettacolo in un Barrocco trasformato in agorà.
Quello stesso spazio ha poi ospitato “Ballroom” di Chiara Frigo, con i partecipanti al laboratorio realizzato in collaborazione con CortoCircuito – Piemonte dal Vivo, Lavanderia a Vapore, Progetto Zoran, Tecnologia Filosofica e associazione Andromeda. Una performance di danza collettiva durante la quale anche il pubblico, disposto lungo il perimetro della navata come in una sala da ballo, è stato coinvolto con grazia e delicatezza nella messa in scena di un istinto, o forse di un bisogno naturale: quello dell’incontro con l’altro.
La sequenza coreografica, le parole sussurrate all’orecchio, l’alternanza dei partner evocano le modalità dello speed dating, ma in una forma particolarmente raffinata e leggera, a tratti nostalgica, complice l’atmosfera suggerita dalla colonna sonora, una carrellata di canzoni d’amore che vanno dagli anni Settanta ai Novanta.
A dicembre la stagione si è spostata a Caselette, dove è andato in scena “Sentimento popolare”, con Camilla Barbarito e Fabio Marconi. Un concerto in continuo dialogo con il pubblico, particolarmente apprezzato per l’originalità e l’arte con cui, attraverso la voce e suoni prodotti con vari strumenti e micro-strumenti artigianali, sono state riarrangiate canzoni popolari nostrane e d’altri Paesi.
E si è quindi arrivati a “SID – Fin qui tutto bene”, di Girolamo Lucania, con Alberto Boubakar Malanchino, premio Ubu under 35 come miglior performer dell’anno, e con la musica live e il sound design di Ivan Bert e Max Magaldil.
E’ la storia scomoda di un ragazzo italiano, che fatichiamo a riconoscere come tale a causa del colore della pelle, nato e cresciuto in periferia, padre e madre ancora legati alle tradizioni del loro Paese d’origine, amante della letteratura ma anche del lusso, in una società – la nostra – vittima di un consumismo sfrenato che genera solo frustrazione. Storia di un ragazzo che si veste rigorosamente solo con capi firmati, che si veste di bianco (lui che è nero, ma uno psichiatra gli ha detto che il bianco per i mussulmani è il colore del lutto), che ruba sacchetti di marca nei grandi magazzini, che ogni tanto si droga insieme agli amici; storia di un ragazzo che si innamora della sua insegnante di lettere, che si rivede in Julien Sorel e che alla fine diventa un pluriomicida, per noia.
Una drammaturgia contemporanea di rara bellezza, in cui la musica dal vivo, i contributi grafici, le videoproiezioni e il disegno luci non accompagnano ma dialogano con la parola, magistralmente interpretata da Alberto Boubakar Malanchino, e sono a tutti gli effetti parte integrante del testo. Cinque minuti di applausi e un confronto in ‘piazza’ che si è prolungato – presenti anche molti giovani – per altre due ore.
“Sguardi” proseguirà con altri cinque appuntamenti: “White rabbit Red rabbit” il 29 febbraio al Salone San Pancrazio, i cui fondi saranno indirizzati alla creazione di una residenza di drammaturgia rivolta a giovani autrici e autori iraniani; “Ionica” il 21 marzo, di nuovo al Barrocco, uno spettacolo che affronta il tema della legalità; l’applauditissimo “Save the last dance”, il 21 aprile al Salone San Pancrazio, spettacolo di danza con Alessandro Sciarroni; “La fabbrica degli stronzi”, teatro di prosa, il 16 maggio al Barrocco e, in chiusura, “Lo schifo”, il 16 luglio a Villa Lascaris, ispirato all’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin.
Una chiusura che vuole essere un invito a restare vigili, un ammonimento contro l’indifferenza, un arrivederci al prossimo autunno per continuare il discorso.
Quali, dunque, i desideri e le prospettive per la prossima stagione di Sguardi? “Ci piacerebbe ampliare lo sguardo e dedicare un appuntamento anche al circo contemporaneo – racconta Silvia Mercuriati – Ci interessa poi allargare la platea giovane: i giovani devono capire che il teatro parla di loro. Infine, abbiamo in mente di potenziare i momenti di confronto con il pubblico, aggiungendo un paio di appuntamenti per discutere di ciò che si è visto, non più solo a caldo, a fine spettacolo, ma nei giorni a seguire, prendendosi il tempo di elaborarlo”. Un bell’esempio di accompagnamento al teatro e di cittadinanza attiva.