Dentro al Sogno di Massimiliano Civica

Un sogno nella notte dell’estate
Un sogno nella notte dell’estate
La compagnia degli artigiani

Entriamo nel Sogno di Massimiliano Civica. “Un sogno nella notte dell’estate” è infatti la nuova riscrittura compiuta dal regista (e in uscita per i tipi di Editoria & Spettacolo) sulla celebre commedia di Shakespeare. Un nuovo lavoro sul Bardo, dunque, dopo “Il Mercante di Venezia“.

Partiamo dalla scena, che viene mostrata al pubblico mentre prende posto sulle poltrone del Teatro Vascello, storica sede scelta da Romaeuropa festival per il debutto assoluto: il palco si presenta nudo, con unici elementi un sipario chiuso e incorniciato sullo sfondo e due file di sedie da cinematografo ai lati, su cui gli attori prenderanno posto ben visibili quando non saranno in scena.

Echi da commedia dell’arte: un “Arlecchino servitore di due padroni” strehleriano di un grigio asciutto anziché variopinto.

La storia è risaputa, le tre aree narrative – quella borghese della corte del duca di Atene, quella operaia dei commedianti e quella onirica del regno notturno dei boschi – vengono tratteggiate da altrettanti stili di costumi: pregevoli e chic le tuniche bianche ateniesi dei primi, colorate e pop le mises contemporanee dei secondi, inquietanti le mantelle nere dei terzi che spariscono nel buio.

Partendo da questa precisione nelle scene e nei costumi, si sviluppa un rigore interpretativo che, soprattutto nella prima parte, viene utilizzato dagli ateniesi. Un’asciuttezza estrema che risalta la riscrittura contemporanea di Civica, mette il testo al centro dell’attenzione rendendolo piacevole all’ascolto e incuriosendo la platea. Scandendo così distintamente le parole, i bravi attori sanciscono l’affermazione di un loro manifesto, di una loro dichiarazione di messa in scena, diventando portavoci dell’idea del regista. Anche il ventriloquismo che abita certe scene può essere inserito in questo contesto: la parola ha ancora più forza ed è ancor più pungente quando, oltre all’interpretazione, sparisce anche il movimento del labiale.

A contrasto di tutto questo, a creare il distacco, intervengono gli attori della compagnia più sgangherata che ci sia, intenti a organizzare la rappresentazione della storia di Piramo e Tisbe per le nozze del duca: i loro lazzi sono sano divertimento e originale architettura, complice un mix di attori interessante che annovera tra le sue fila, insieme ad attori formati e già ‘rodati’ con Civica, tre dei quattro componenti della compagnia Gli Omini e uno dei Tony Clifton Circus. Ognuno porta con sé un po’ delle sue esperienze sulla scena, creando momenti esilaranti grazie a un testo che non ci è mai sembrato così vicino.

Terzo elemento, a celebrare un’idea di sdoppiamento e di parallelismo che echeggia durante tutto lo spettacolo, è la scelta registica di dare doppi ruoli ad alcune delle prime parti e, nello specifico, far interpretare dagli stessi attori prima ateniesi i personaggi mitologici del bosco. Ecco allora che Ippolita è anche Titania, Teseo è Oberon e Egeo diventa Puck. Uno spaesamento squilibrato, al cospetto del quale anche l’ultima scena del teatro nel teatro tanto cara a Shakespeare – e risolta scenicamente in un interessante rovesciamento di prospettiva e di visuale dove gli spettatori veri sono di fronte e si guardano con gli spettatori recitanti – appare quasi normale.

Una volta superato il dubbio sui motivi che portano alla rappresentazione dell’ennesimo Shakespeare, l’allestimento – così ostinatamente contemporaneo – ci restituisce un teatro di parola e di regia ‘bipartisan’, che può far breccia nei cuori sia degli estimatori del classico che degli amanti dell’innovazione.

Un sogno nella notte dell’estate
di William Shakespeare
con: Elena Borgogni, Valentina Curatori, Nicola Danesi, Oscar De Summa, Mirko Feliziani, Riccardo Goretti, Armando Iovino, Mauro Pescio, Alfonso Postiglione, Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Diego Sepe, Luca Zacchini
regia: Massimiliano Civica
costumi: Clotilde
oggetti di scena: Paola Benvenuto
maschere: Atelier Erriquez & Cavarra
tecniche del corpo: Alessandra Cristiani
tecniche della voce: Francesca Della Monica
supervisione tecniche di ventriloquismo: Samuel Barletti
produzione Teatro Stabile dell’Umbria / Compagnia Il Mercante
durata: 2h 33’
applausi del pubblico: 1’ 50’’

Visto a Roma, Teatro Vascello, il 27 ottobre 2010
prima assoluta

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  1. says: antonella losurdo

    gira che ti rigira, ci abbiamo messo 40 anni, ma ce l’abbiamo fatta… siamo tornati alle tunichette.
    pregevoli? non direi dato che la stoffa sembrava un nylon di pessima qualità e si vedevano le mutande.
    il bravo Civica ci ha messo ben 5 mesi di prove a distruggere dei bravi attori (almeno su alcuni potrei mettere la mano sul fuoco che lo sono…). è riuscito a togliere loro qualsiasi poesia, e azzerare qualsiasi possibilità di analisi personale (da parte degli attori, almeno) del testo shakespiriano.
    altro che rigore interpretativo… eloquio noioso, piatto e senza alcun tipo di intenzione.
    persino il fascino della parola del Bardo, notoriamente resistente a tutto, alla fine, è venuto meno.
    sinceramente, molto meno di una lettura.
    che dire poi della comicità dei comici? ero abbastanza stupita che un pubblico considerato più o meno evoluto alla fine ridesse alle bave del povero “gatto” (facile gioco sul Leone) sulle tette in bella mostra del calendario Pirelli esibito al posto dell’almanacco, come in un numero da Bagaglino.
    o all’altra facile risata tirata con la battuta di Botto: “bacio il buco, ma non bocca gentile” recitata all’altezza dell’ano di Muro… senza parlare poi del cosiddetto numero del ventriloquo, dove sin troppo evidentemente le labbra si muovevano. e anche se non si fossero mosse, chissenefrega della fata ventriloqua!! povere attrici e poveri attori… che bosco triste.
    del resto, i gran cerimonieri Titania ed Oberon, puniti da quelle lunghe palandrane nere che ne “impedivano” qualunque appeal, litaneggiavano talmente tristi da sembrare due vecchi signori all’ennesima lite in 50 anni di matrimonio.
    e, da ultimo ma non ultimo, che c’entra il teatro giapponese col Sogno? Se Kurosawa traduce Shakespeare con successo nell’immaginario della sua terra, non è detto che la camminata del Samurai funzioni anche per noi. la lezione di Barba, forse, è stata malintesa dal signor Civica.
    bè, ad onor del vero, la solidarietà ricevuta dallo spettacolo non è stata poi così calda visto che quasi metà sala, più o meno educatamente, è andata via alla fine del I atto. almeno nella serata in cui c’ero io, e in quella precedente dove c’erano dei miei amici.
    una operazione arrogante e priva di fondamento scientifico.

  2. says: Simone Nebbia

    Perfetto. A nome integrale ma tanto era chiaro anche prima.
    Sul fatto che non tutti vediamo le stesse cose è polemica sterile, che non ho alzato e non ci tengo. Non vedo perchè reagire ironizzando su una mia “simpatia”. Che c’entra? C’è possibilità di commentare e ho trovato un po’ povero di contenuti il pezzo di Simone, cui avrò modo di dirlo anche personalmente. Cui dirò che parlare di riscrittura contemporanea per quello spettacolo che ha tradotto anche il titolo per essere più fedele all’originale mi sembra trattar la cosa un po’ a scappare via. Ma ci può stare. Tutto qui. Capita anche a me che mi scrivano di non aver centrato uno spettacolo e mi fa piacere se mo lo fano notare. Si cresce con questo.
    Sulla didascalia: ma dai so benissimo che ci si può sbagliare, ne faccio tanti io di errori…però da come dici non era un errore e a questo punto sarei curioso: c’era qualche senso più profondo che mi è sfuggito?
    Spero non si alzi un polverone, ho soltanto espresso una mia opinione. Come consente di fare la vostra rivista. Ciò vuol dire che la leggo e partecipo, almeno.
    Ciao e buona domenica.

  3. says: daniela arcudi

    allora:
    1 – la didascalia non intendeva quello che il simpatico sn ha inteso, ma vabbè, ci può stare
    2 – slg: !?!?!?!
    3 – per fortuna non tutti vediamo le stesse cose ed esistono altri luoghi in cui poter esprimere opinioni diverse, lo sai molto bene
    evviva!

  4. says: S N

    …un po’ diverso, c’era na magia che non ho trovato nella recensione, c’era un debito al sogno che nel Sogno è evidentissimo, c’era una stoffa di una qualità pregiata che qui non è passata…ma vabbè, mettiamo che non possiamo vedere tutti lo stesso spettacolo, può accadere…però soprattutto non c’era “lo stesso Civica” nello spettacolo, come erroneamente scritto sulla didascalia della foto. Quello lì è Riccardo Goretti….