StabilMente dopo 60 anni, lo Stabile di Torino attorno a tanta precarietà

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Giuseppe Battiston durante le prove del Falstaff (photo: Mario Spada)|In chiusura di stagione arriverà il King Size di Marthaler|Giuseppe Battiston nel Falstaff di De Rosa (photo: Mario Spada)
Giuseppe Battiston durante le prove del Falstaff (photo: Mario Spada)
Giuseppe Battiston durante le prove del Falstaff (photo: Mario Spada)

Un passaggio a staffetta, quello realizzato fra domenica e lunedì da Torinodanza e Teatro Stabile di Torino.

Domenica infatti Alain Platel (che sabato aveva incontrato e conquistato, insieme alla compagnia di “Coup Fatal”, il pubblico torinese) ha chiuso quest’edizione di Torinodanza con il ritmo travolgente dell’energia africana, ma con un occhio puntato anche alla lirica grazie al controtenore autodidatta congolese Serge Kakudji.

Parecchia musica, ma di natura del tutto differente, ha aiutato anche l’apertura della stagione 14/15 dello Stabile di Torino ieri sera.
Un’apertura che, tra volti più e meno noti, è stata affidata al debutto del “Falstaff” di Andrea De Rosa, nuova produzione targata TST e ERT, tratta dall'”Enrico IV” ed “Enrico V” di Shakespeare ma con qualche estratto anche dal “Falstaff” di Verdi.
Nuova collaborazione, dunque, per il regista e Giuseppe Battiston (ritroviamo anche Nadia Fusini per la traduzione, in scena Gennaro Di Colandrea e il suono curato da Hubert Westkemper) dopo il “Macbeth” del 2012.

Uno spettacolo da oliare in qualche meccanismo, ma questo in un debutto ci sta (lo spettacolo sarà in scena fino al 2 novembre), che tuttavia, nella pur interessante gestione della scena e nell’assodata bravura del protagonista, pare poco equilibrato nelle sue due parti.

Una domanda però, quella che De Rosa vuole porgere al pubblico attraverso il “teatro filosofico” che sta indagando negli ultimi anni, rimane: davvero il nostro è un tempo ‘della responsabilità’, dell’educazione, dell’impegno, della salute ad ogni costo? Un tempo in cui la ‘pars destruens’ (qui rappresentata da Falstaff, interessato solo a bere e divertirsi, chiuso nel suo bordello) viene repressa sul nascere e con lei la ‘pars ludens’ della nostra vita?

E’ strano allora, dopo questo Falstaff (che ci invita a ricordare quanto l’uomo sia fatto più di carne che di anima) accennare ancora una volta ai tempi poco favorevoli che circondano questo inizio di stagione teatrale torinese (ahinoi, uomini della responsabilità!).
Ma se il Teatro Carignano ieri sera mostrava i lustrini della grande soirée, “l’affaire Cavallerizza” (5 minuti a piedi dal Carignano) continua a rimanere in vita solo grazie agli sforzi dell’Assemblea – tutta cittadina – Cavallerizza 14:45, che profetizza “Un lungo e caldo inverno”; e se davvero ce la faranno a ‘resistere’ al rigido inverno torinese saranno solo i mesi futuri a dircelo.

Ecco allora che, a voler parlare della stagione torinese, lo Stabile certo s’impone numericamente, mirando anche al 60° anniversario dalla fondazione del teatro, che avvenne il 27 maggio 1955.
I cambiamenti sono tanti; e forse la menomazione di un luogo come la Cavallerizza Reale è una difficoltà già “smaltita” nella precedente stagione, o per lo meno ormai data per assodata. Cosa significherà davvero, per lo Stabile, la trasformazione ministeriale in Teatro Nazionale è invece ancora incerto. Ma per la sfida di questa stagione lo Stabile ha scelto intanto di affidare il proprio ‘motto’ a una sola e significativa parola: #StabilMente.

Il direttore Mario Martone, alla conferenza stampa di fine maggio, si era mostrato positivo, definendo quella al debutto “una stagione speciale”, e sottolineando l’intenzione di dar voce a tutti coloro che hanno contribuito, negli ultimi anni, ad un lavoro di squadra che ha reso lo Stabile di Torino una realtà peculiare: tant’è che, tra i 46 spettacoli in programma fra ottobre 2014 e maggio 2015, ci saranno anche molte realtà torinesi un po’ più inedite all’interno di questo scenario.

Partiamo da loro quindi, non per campanilismo ma perché ci sembra importante sottolineare il riconoscimento ricevuto da parte dello Stabile verso chi ha contribuito ad animare la scena teatrale della città, anche al di fuori del mondo più istituzionale. In qualche modo una eco che proviene dal ToFringe.
Al Gobetti la Piccola Compagnia della Magnolia presenterà “Atridi – Metamorfosi del rito”, che ha già debuttato in Calabria, a Primavera dei Teatri, e che la Magnolia avrà avuto modo di perfezionare quest’estate; O.P.S. Officine per la Scena sarà in programma con “I Giganti della Montagna” di Luigi Pirandello, mentre Crab porta in scena uno spettacolo video-installazione tratto da “Le Notti di Tino di Baghdad” di Lakser-Schüler.

Al Carignano, invece, verrà programmato “Bordermind Project” di Anticamera Teatro, mentre il Gobetti ospiterà un progetto seriale “mai realizzato in teatro fino ad oggi”, collaborazione della Fondazione con la Scuola Holden, ovvero sei puntate teatrali – di cui vi racconteremo meglio – ispirate ad una storia di Stephen Amindon, autore de “Il capitale umano”, romanzo da cui Virzì ha tratto l’omonimo film. Alla regia un nome milanese garanzia di qualità: Serena Sinigaglia.
Sempre all’interno delle realtà del territorio, Acti Teatri Indipendenti presenterà, per la regia di Beppe Rosso, “Lavoro!”, spettacolo tratto dai testi di Rémi Vos.

Passiamo al panorama internazionale. Dopo il successo del “clima tedesco” della scorsa stagione, quest’anno lo Stabile si propone di sfruttare al meglio le potenzialità di dialogo con l’esterno, createsi grazie alla consolidata collaborazione con Torinodanza, che ha portato in città alcune delle proposte più interessanti delle arti performative mondiali. Sarà il caso, quest’anno, di “Rhinoceros in Love”, della scrittrice e drammaturga cinese Liao Yimei, un vero fenomeno teatrale in patria, diventato una sorta di “bibbia dell’amore” per i giovani cinesi.

In chiusura di stagione arriverà il King Size di Marthaler
In chiusura di stagione arriverà il King Size di Marthaler

Registi come Declan Donnellan e Christoph Marthaler saranno altre presenze internazionali, rispettivamente firme di una personalissima versione dell’”Ubu Roi” di Alfred Jarry e di “King Size”, titolo che ben denota il tema di questa creazione basata sull’invadere dei complessi sogni di una coppia in una camera d’albergo dal “talamo ingombrante”.

Tornano poi Emma Dante con la sua storica compagnia Sud Costa Occidentale presentando “Verso Medea”, rilettura di Euripide musicata dai Fratelli Mancuso, suoi storici collaboratori. Ma la Dante prossimamente farà anche tappa alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, col debutto di un nuovo spettacolo per l’infanzia.
Per tornare allo Stabile, altre presenze saranno quelle di Toni e Peppe Servillo con “La Parola Canta” (presenti nella scorsa stagione con “Le voci di dentro”); Alessandro Gassman con “Riccardo III” (per chi se lo fosse perso l’anno precedente); Valter Malosti con “Antonio e Cleopatra” e “Akhnaton” di Agata Christie, inedita collaborazione con il Museo Egizio di Torino e Expo 2015, che vedrà il debutto dei neodiplomati attori della Scuola del Teatro Stabile di Torino in questo strano dittico.
Ci sarà anche Marco Paolini con “Ballata di Uomini e Cani – Dedicata a Jack London”, un canzoniere teatrale costruito sugli episodi giovanili dell’autore.
Tra gli autori più classici, gli inevitabili Pirandello, Rostand, Shakespeare e Goldoni, molte delle cui messe in scena produzioni dello stesso Stabile.

Un programma vario e ricco di proposte, non facilmente sintetizzabile, così da lasciare al pubblico, ai curiosi, agli affezionati, agli abbonati (nuova espressione di mecenatismo), la possibilità di lasciarsi accattivare a seconda degli interessi: le tematiche, gli stili, le provenienze, le ambientazioni saranno ad ampio raggio.

Se si dovesse concludere con un po’ di pragmatismo, fondamentale nel settore culturale, in cui da sempre le risorse sono scarse e negli ultimi anni più che mai, potremmo citare le parole della presidente della Fondazione, Evelina Christillin, ieri sera seduta come da tradizione accanto a Martone: “Senza mai transigere sulla qualità artistica e culturale dell’offerta, lo Stabile negli ultimi anni ha adottato un modello organizzativo composto che si colloca tra azienda di erogazione e azienda di produzione, capace di conseguire l’equilibrio tra gli apporti delle pubbliche amministrazioni e le altre entrate”.

Si potrebbero allora aprire molte riflessioni sulla sostenibilità economica del fare teatro oggi. Riflessioni importanti e necessarie, in qualche modo punto nodale di un voler ripensare gli apporti delle pubbliche amministrazioni e le rispettive responsabilità all’interno di un sistema culturale in cui c’è chi sopravvive e chi no.
A partire dai luoghi messi a disposizione o abbandonati: e non vogliamo essere noiosi rifacendoci ancora una volta alla Cavallerizza e alle sue potenzialità.

Registi come Declan Donnellan e Christoph Marthaler saranno altre presenze internazionali, rispettivamente firme di una personalissima versione dell’”Ubu Roi” di Alfred Jarry e di “King Size”, titolo che ben denota il tema di questa creazione basata sull’invadere dei complessi sogni di una coppia in una camera d’albergo dal “talamo ingombrante”.

Tornano poi Emma Dante con la sua storica compagnia Sud Costa Occidentale presentando “Verso Medea”, rilettura di Euripide musicata dai Fratelli Mancuso, suoi storici collaboratori. Ma la Dante prossimamente farà anche tappa alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, col debutto di un nuovo spettacolo per l’infanzia.
Per tornare allo Stabile, altre presenze saranno quelle di Toni e Peppe Servillo con “La Parola Canta” (presenti nella scorsa stagione con “Le voci di dentro”); Alessandro Gassman con “Riccardo III” (per chi se lo fosse perso l’anno precedente); Valter Malosti con “Antonio e Cleopatra” e “Akhnaton” di Agata Christie, inedita collaborazione con il Museo Egizio di Torino e Expo 2015, che vedrà il debutto dei neodiplomati attori della Scuola del Teatro Stabile di Torino in questo strano dittico.
Ci sarà anche Marco Paolini con “Ballata di Uomini e Cani – Dedicata a Jack London”, un canzoniere teatrale costruito sugli episodi giovanili dell’autore.
Tra gli autori più classici, gli inevitabili Pirandello, Rostand, Shakespeare e Goldoni, molte delle cui messe in scena produzioni dello stesso Stabile.

Un programma vario e ricco di proposte, non facilmente sintetizzabile, così da lasciare al pubblico, ai curiosi, agli affezionati, agli abbonati (nuova espressione di mecenatismo), la possibilità di lasciarsi accattivare a seconda degli interessi: le tematiche, gli stili, le provenienze, le ambientazioni saranno ad ampio raggio.

Se si dovesse concludere con un po’ di pragmatismo, fondamentale nel settore culturale, in cui da sempre le risorse sono scarse e negli ultimi anni più che mai, potremmo citare le parole della presidente della Fondazione, Evelina Christillin, ieri sera seduta come da tradizione accanto a Martone: “Senza mai transigere sulla qualità artistica e culturale dell’offerta, lo Stabile negli ultimi anni ha adottato un modello organizzativo composto che si colloca tra azienda di erogazione e azienda di produzione, capace di conseguire l’equilibrio tra gli apporti delle pubbliche amministrazioni e le altre entrate”.

Si potrebbero allora aprire molte riflessioni sulla sostenibilità economica del fare teatro oggi. Riflessioni importanti e necessarie, in qualche modo punto nodale di un voler ripensare gli apporti delle pubbliche amministrazioni e le rispettive responsabilità all’interno di un sistema culturale in cui c’è chi sopravvive e chi no.
A partire dai luoghi messi a disposizione o abbandonati: e non vogliamo essere noiosi rifacendoci ancora una volta alla Cavallerizza e alle sue potenzialità.

Giuseppe Battiston nel Falstaff di De Rosa (photo: Mario Spada)
Giuseppe Battiston nel Falstaff di De Rosa (photo: Mario Spada)

La cultura, come bene davvero comune (anche alla luce degli squallidi fatti di cronaca indice del profondo disagio sociale in cui siamo immersi), deve imporsi come tema di ragionamento trasversale sempre più urgente.
Nonostante Falstaff – e non solo lui – a sentir questi discorsi non potrebbe che scoppiare in una grassa risata.

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