Il maestro e il guitto: De Luca racconta Strehler

Pochi guizzi di violino, e via. Inizia così “Maestro! Memorie di un guitto”, monologo di e con Stefano de Luca che ha aperto la stagione del Teatro della Cooperativa di Milano.
Lo spettacolo è il primo di una stagione dedicata dalla sala di Niguarda a Strehler, a vent’anni dalla morte. Si proseguirà con “Giorgio Strehler e io. Quarant’anni di Gian Carlo Dettori al Piccolo Teatro”, dal 20 al 22 ottobre.

“Maestro! Memorie di un guitto” è l’omaggio di un artista al suo mentore. Questo lavoro è un atto d’amore leggero, un mix di deferenza e tenerezza. È il diario intimo di un uomo legato a un altro uomo dalla passione divorante per il teatro.

“Maestro!” esprime la fatica dell’apprendistato, il lavoro e il tormento prima della messinscena, l’autenticità della figura dell’attore: prima di tutto un guitto, un saltimbanco, il volto solcato da una smorfia ilare, lo sguardo attraversato da un sorriso velato. Si può fare teatro seriamente a patto di non prendersi davvero sul serio. La finzione è verità. Esercizio e sforzo fisico sfumano in un orizzonte immaginifico.

Pochi orpelli in questo monologo: solo passione e affabulazione. Sentimento. L’odore e il crepitio del legno. E la scintilla creativa, sospesa a mezz’aria come pulviscolo svelato dalla luce.
Questo è il teatro per de Luca, interazione con il pubblico: storie d’altri destinate ad altri, storie di sé destinate a sé stesso e agli altri.
L’abbrivio è nell’educazione sentimentale consumata fra i porticati e i cortili di Taranto (dove si era trasferito piccolissimo da Napoli), profondo Sud e voglia d’evadere. La seduzione aveva il volto e il lungo abito bianco di un’attrice del Piccolo, e rapiva il ragazzino di scuola media mentre la radio suonava “Ti amo” di Tozzi. E amore fu anche per Stefano de Luca. Amore per il mestiere dell’attore. Amore per Giorgio Strehler, per il palcoscenico e il carrozzone che gli gira intorno.
Da Taranto al grande teatro: la valigia rubata alla nonna si riempiva di sogni sulla strada ferrata per Milano.

Ed eccolo Strehler, il maestro senza riserve né compromessi. La sua forza era il lampo della sua intelligenza ironica e curiosissima, ribelle perché mai conformista. Era dignitoso e riservato, un galantuomo senza troppi pudori. Non mansueto, anzi combattivo. Che nei momenti giusti sapeva come mordere.
D’umore instabile, era irruente e iperattivo. Tanti difettacci e nessun difettino. Amava ribaltare ogni certezza. Aveva il dubbio come cultura. La sua nuvola di capelli bianchi sprigionava un potere magnetico. Passava da una socievolezza amichevole, affettuosa, alla scontrosità senza preavviso. A seconda dei momenti, malinconico, brillante, esilarante.
Lavorare accanto a un tipo così doveva essere complicato ed elettrizzante. Un giorno si soffermava a chiacchierare amabilmente, il giorno dopo non ti guardava neppure. E de Luca aveva imparato a non prenderlo alla lettera. Lavorandogli a stretto contatto di gomito, divenne prima aiuto regista, poi regista.

Confessione e poesia accendono questo monologo. C’è qualche nota surreale. C’è un’inconsueta capacità descrittiva e narrativa. C’è il contatto con il pubblico, scandito da luci (Claudio De Pace) che creano atmosfere sopite come una cena a lume di candela.

Il flusso ininterrotto e travolgente di comunicazione che partiva da Strehler e raggiungeva gli attori, qui arriva fino a noi spettatori. Ma diversamente da Strehler, de Luca lascia spazio alle pause e ai silenzi. Lascia alle nostre emozioni il tempo di condensare.
De Luca una sedia, un tavolo, un libro e un microfono. Quel saluto misterioso di Strehler, vent’anni fa, alla vigilia di Natale, alla vigilia della morte. E il nostro applauso, rivolto a chi è di scena. E a chi in scena non c’è più ma è come se ci fosse. Perché a teatro, quando le luci si spengono, per emozionare basta un bravo attore. E parole che abbiano un’anima.

MAESTRO! MEMORIE DI UN GUITTO
scritto, diretto e interpretato da Stefano de Luca
luci Claudio De Pace
assistente alla regia Linda Riccardi

durata: 1h 20’
applausi del pubblico: 3’ 50”

Visto a Milano, Teatro della Cooperativa, il 3 ottobre 2017

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