Stelle Danzanti di Chiara Tomarelli. Il buco nero delle carceri e una distesa di arance

Chiara Tomarelli
Chiara Tomarelli
Chiara Tomarelli (photo: teatrovascello.it)

Due spunti iniziali: la suggestiva “Summertime” cantata da Janis Joplin e la citazione di Nietzsche “Man muss noch Chaos in sich haben, um einen tanzenden Stern gebären zu können” (Bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante).

Chiara Tomarelli, ancora una volta, ci porta nell’ombra con il suo studio “Stelle Danzanti”, storie di donne ai margini, un progetto per un futuro spettacolo sulle donne in carcere. E lo fa a suo modo, costruendo un racconto articolato tra diversi personaggi e la mente lucida di chi ha studiato caparbiamente i problemi dei luoghi di reclusione. Così come nel precedente “Madonne di Beslan” la storia era raccontata dalle madri coinvolte nell’attentato e dall’analisi (bellissima) della giornalista Anna Politkovskaja, la Tomarelli anche stavolta snoda un racconto partendo dai ricordi, dalle storie vere di donne recluse e da uno studio approfondito sulle patrie galere. Un continuo spostarsi tra il dentro e il fuori, tra i racconti personali e la cultura critica dei dati.

Da sola in scena, in abiti da uomo più grandi di lei, gli occhi vengono attirati dai movimenti puliti e belli da vedere. Non si muove un muscolo che l’attrice non voglia. Ogni donna, portata con gran rispetto in scena, è caratterizzata da un’inflessione dialettale, da una postura, da un modo di portare i capelli. La semplicità del corpo dell’attore con pochi strumenti/oggetti sa parlare ancora chiaramente. A questo, quando tutto il lavoro a breve si trasformerà in spettacolo, l’attrice vorrà aggiungere ancora qualcosa che già in germe è presente: l’uso di diversi linguaggi.
Tra tutti ci soffermiamo su quello musicale.

Dopo un inizio con tutta una lista di sinonimi della situazione-carcere, Tomarelli parla direttamente di un ricordo: quegli strilli romani tra il Gianicolo e le celle di Regina Coeli, a cui si affiancano ricordi di vita, di una donna e di una prigionia come un buco nero, che cattura lo spazio e il tempo.
Mentre indossa il primo personaggio esplode la voce di Janis Joplin con “Summertime”, i movimenti spezzati raccontano il tormento di quello a cui assisteremo: la luce delle torce negli occhi, buchi neri illuminati, apparentemente implosi, che trovano la forma musicale nella voce straziante e acida della cantante di Porth Arthur. E sull’ultima storia, quella di una donna in procinto di uscire dal carcere, la seconda parte della canzone: movimenti fluidi, liberatori e le note finali, che suonano di apertura e ci indicano i colori da vedere.
Un’apertura al mondo delle carceri, il passo carraio che scivola per mostrare, la fine (e non la fuga) di uno stato da buco nero. Le carceri hanno assunto il loro colore, il grigio; la profondità del risucchio del tempo non impegnato nelle galere dai carcerati è nero. Un cancello blindato si apre a novembre mostrando, nel cortile, una distesa di arance siciliane.

STELLE DANZANTI storie di donne ai margini
di e con Chiara Tomarelli
scene e luci: Giuseppe Di Giovanni
costumi: Barbara Bessi
produzione: Compagnia Piano in bilico
durata: 60’
applausi del pubblico: 1′ 48”

Visto a Roma, Teatro Vascello, il 14 dicembre 2010

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