Ultima creazione dell’artista coreana YoungSoon Cho Jaquet, “Tac. Tac.” è andato in scena in Svizzera a chiusura del 2014, prima all’Arsenic di Losanna e poi all’Usine di Ginevra.
La poetica di quest’artista, formatasi come danzatrice a Londra e da anni residente in Svizzera, è coerente ed equilibrata: all’obiettivo di essere sempre in comunicazione e in gioco con il pubblico mischia le suggestioni dell’arte asiatica e di quella occidentale, evidenziando il bisogno che abbiamo di rifugiarci nel ricordo e nelle nostre origini.
In queste tre tematiche così forti, sempre presenti nelle performance di YoungSoon Cho Jaquet, gli oggetti hanno un ruolo fondamentale. Veri fili conduttori della drammaturgia in “Tac. Tac.”, servono a mostrare quante diverse emozioni e sensazioni si possono provare nel toccarli, nello schivarli o nel lanciarli.
Non stupisce quindi che sia di nuovo l’oggetto al centro anche dell’ultimo racconto dell’artista coreana.
Sebbene fino ad oggi YoungSoon Cho Jaquet non abbia mai voluto raccontare il rapporto che ha con il Paese che da anni la ospita, è indubbio che sia stato significativo l’accostarsi allo sproposito di cose che riempie ogni appartamento dell’uomo occidentale moderno.
Già in “Champignons” (2009) centinaia di oggetti della vita quotidiana affollavano la scena, creando un’atmosfera a tratti nevrotica, a tratti elettrica, così da dar vita ad una esperienza sensoriale perturbante, in cui l’artista elaborava come gli oggetti del quotidiano si impadroniscano del tempo e dello spazio.
Se in “Dry Fish” (2007) era la stessa coreografa a vestirsi di pesci secchi, in “Hic” (2012) sono i corpi degli interpreti a mutarsi in oggetti. Ora, in “Tac. Tac.”, l’esperienza con il feticcio-oggetto sembra farsi più delicata e intima, più misteriosa e ibrida.
In una scena spoglia e minimalista, semplici oggetti di legno di varie dimensioni e forme circondano lo spazio. A dar loro vita sono le mani e il corpo della coreografa, che gioca e intrattiene con essi una comunicazione sensoriale leggera, a tratti fragile, che il suono, in tutte le sue varianti, accompagna con poesia e sentimento.
Già, il suono. Sembra essere questo il punto forte di “Tac. Tac.”, le lievi vibrazioni scaturite dagli spostamenti degli oggetti hanno il dono di concentrare l’attenzione del pubblico su un gesto apparentemente semplice che ha però la forza di commuovere.
Le oscillazioni, gli equilibrismi degli oggetti celano un racconto, una narrazione di incontri-scontri in cui l’oggetto parla, stride, cade, trascinato e mosso com’è dal corpo dell’artista.
In questa lenta transumanza che YoungSoon Cho Jaquet conduce sulla scena, i movimenti hanno la forza di dire e i rumori di evocare sensazioni, ma fino ad un certo punto. L’esperimento, seppur lodevole, anche se non del tutto originale, sembra fermarsi ad un primo stadio della conoscenza e dell’osservazione, così che profondità e turbamenti emotivi faticano a spiccare il volo in tutta la loro complessità.
Tac. Tac.
concezione, coreografie e interpretazione: YoungSoon Cho Jaquet
scenografie e collaborazione: artistica Jonas Marguet
assistente: Eleonore Heiniger
luci: Daniel Demont
suono: Jérémie Conne
drammaturgia: Christophe Jaquet
costumi: Birds of Paradise
costruzione scenografie: Stéphane Klaefiger
produzione: Cie Nuna/YoungSoon Cho Jaquet
coproduzione: Arsenic – Centre d’art scénique contemporain – Lausanne
durata: 1h
applausi: 1′ 10”
Visto a Losanna, Théâtre Arsenic, il 30 novembre 2015