The Andersen Project. Lepage alla scoperta dell’autore danese

The Andersen Project
The Andersen Project
The Andersen Project (courtesy of LG Arts Center)

Nel 2005 la Fondazione Andersen di Copenhagen commissiona a Robert Lepage, guru del teatro interculturale, tecnologico e multilinguista, uno spettacolo per la celebrazione del bicentenario della nascita dell’autore danese.
L’approccio del team creativo canadese è ambizioso e intrigante: Lepage e la sua compagnia (la Ex-Machina, a sottolinerare il carattere multidisciplinare della struttura, che riunisce attori, tecnici, musicisti, set designer e quant’altro) vogliono scardinare il dogma della regia tradizionale dalle fondamenta attraverso l’uso delle nuove tecnologie, verso una nuova forma di performing art.

Entro al Piccolo Teatro con grandi aspettative. E’ la prima volta che ho la possibilità di vedere il grande regista dal vivo e sono emozionata, pronta a far parte di un evento, a partecipare al grande teatro, a vivere un’esperienza empatica.

Yves Jacques, unico interprete di tutti i personaggi, entra in scena nelle vesti di Frederic Lapointe, un librettista canadese a cui è stata commissionata la scrittura di un’opera ispirata ad una delle fiabe minori di Andersen, “La driade”, ninfa che rinuncia all’immortalità per visitare Parigi.
E’ un susseguirsi di cambi di scena e di personaggi, un lungo monologo a più voci, magistralmente interpretato dall’attore, che è Lapointe, ma che poi diventa il manager frustrato e frequentatore di peep show, la driade stessa, Andersen, e il cassiere/graffitista del locale di spogliarelliste. Solitudine, turbamento, disillusione si alternano mentre, ad ogni cambio di scena, un sistema di binari paralleli fa scorrere gli unici alti elementi concreti della scenografia: le cabine di un peep show, un manichino, le cabine telefoniche. La scena si sviluppa all’interno di un fondale concavo su cui vengono proiettate immagini via via diverse, dove l’attore si immerge, dialogando agilmente con il reale ed il digitale, amplificato dagli interventi di una web cam che proietta a specchio ed ingrandito il viso del protagonista.

Di Lepage mi incuriosiva l’attenzione dedicata alla commistione dei generi, all’azione fisica, alla commistione linguistica utilizzata per dialogare con diverse culture, quella asiatica in primis.
Mi incuriosiva il fatto che l’Enciclopedia canadese del teatro mettesse in dubbio la natura stessa del suo teatro, domandando se un lavoro che versi così totalmente nell’immaginazione e così lontano dal testo si possa ancora definire teatro, o non piuttosto arte performatiova, o scultura/tableau vivent.
Ma la mia curiosità si era già trasformata in altro mentre gli applausi scemavano, ed io non avevo provato nulla. Se non avvertire il peso della quarta parete davanti a me.

The Andersen Project
scritto e diretto da Robert Lepage
cosceneggiatori: Peter Bjurman, Marie Gignac
co
scenografo: Jean Le Bourdais
assistente alla regia: Félix Dagenais
codisegnatore luci: Nicolas Marois
suono: Jean-Sébastian Côté
costumi: Catherine Higgins
attrezzeria: Marie-France La Rivière
realizzazione delle immagini: Jacques Collin, Véronique Couturier, David Leclerc con Yves Jacques
produzione: Ex Machina
coproduzione: Bite: 06, Bonlieu Scène Nationale, Festival de Otoño de la Comunidad de Madrid, Cal Performances, Célestins – Théâtre de Lyon, Change Performing Arts, La Comète (scène nationale de Châlons-en-Champagne), La Coursive, La Rochelle, Le Festival d’automne à Paris, Le Grand Théâtre de Québec, Le Théâtre du Nouveau Monde, Le Théâtre du Trident, Le Théâtre français du Centre national des Arts d’Ottawa, Le Théâtre National de Bordeaux Aquitaine, Le Théâtre National de Chaillot, Le Théâtre National de Toulouse Midi-Pyrénées, Le Volcan – Scène nationale – Maison de la Culture du Havre, LG Arts Center, Maison des Arts, MC2: Maison de la Culture de Grenoble, National Chiang Kai-Shek Cultural Centre, Taipei Pilar de Yzaguirre – Ysarca Art Promotions, Setagaya Public Theatre, spielzeiteuropa I Berliner Festspiele, Teatre Lliure, The Hans Christian Andersen 2005 Foundation, The Sydney Festival, Théâtre de Caen
durata: 2 h
applausi del pubblico: 3′

Visto a Milano, Teatro Strehler, il 16 aprile 2009

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  1. says: Damiano

    Già, è vero: a leggere una recensione così poco stimolante e che non fa affatto critica ma pura cronaca descrittiva (anche mia nipote di 12 anni potrebbe scriverla…); una recensione incapace di domandare, incapace d’interrogare lo spettacolo; che non vede gli intarsi drammaturgici di una fiaba moderna svolta coi mezzi comunicativi offerti dalla multimedialità contemporanea (la tecnica al sevizio della narrazione, della storia); una fiaba che, grazie allo scorrere continuo di scene e scenari, all’andirivieni di sculture, figure, macchinerie, immagini varie, dà proprio il senso della ricerca confusa e dello smarrimento (esemplare la scena del trip sul treno) di un uomo che cerca un’affermazione tramite l’ambizione (il grande spettacolo, appunto, nato sulle vanità e le inconsistenze altrui) in luogo piuttosto di guardare se stesso allo specchio in maniera più chiara (vi dice niente l’immagine iniziale e quella finale?); davvero a un lettore/spettatore che s’imbatte in una tale recensione non può venire in mente nulla da dire. Già… Cabaret?!!? Ragazzi, “Zelig, Colorado Café, Parla con Me, ve li meritate!!!”. Buona Televisione… Ah!, e buona lettura dell'”Enciclopedia Canadese”.

  2. says: Barnaba

    In effetti, lo spettacolo lascia un po’ con l’amaro in bocca. Grande parata tecnica ma sostanza poca e tensione pari a zero. Sembra quasi di assistere a del cabaret. C’è poco altro da dire, anche perchè se a distanza di una settimana al leggere questa recensione nn mi sovviene nulla da dire sullo spettacolo ci sarà un motivo. Un classico da “senza infamia e senza lode”. Peccato, perchè qualcosa in lontananza si intravedeva anche.