“The Confessions” di Alexander Zeldin: straordinarietà di una vita ordinaria

The confessions (ph: Alipio Padilha)
The confessions (ph: Alipio Padilha)

Al Piccolo Teatro per “Presente indicativo”, una storia di emancipazione femminile ispirata alla biografia della madre dell’autore. Con Amelda Brown ed Eryn Jean Norvill

Si dice che, prima di morire, l’intera vita ci scorra davanti come un film.

La parabola di una donna dall’adolescenza agli anni d’argento. Una saga umana a cavallo tra due continenti, tra aspirazioni e passioni, al crocevia con la grande storia. In “The Confessions”, di scena al Piccolo Teatro Strehler di Milano per la rassegna internazionale “Presente Indicativo”, il drammaturgo e regista britannico Alexander Zeldin realizza un affresco epico attraverso oltre mezzo secolo di vita e di storia tra Oceania ed Europa.

Protagonista della pièce è Alice, alter ego della madre dell’autore. Nata nel 1943 in Australia, donna di estrazione proletaria incoraggiata a non andare mai oltre sé stessa e le convenzioni sociali, Alice si trova presto a confrontarsi con la chiusura mentale di una società dominata dal conservatorismo degli anni Cinquanta. Faticosamente proverà a emanciparsi, sullo sfondo del femminismo e della liberazione sessuale. In fuga dai suoi fantasmi, in cerca di pace, approderà infine nel Vecchio Continente dove troverà la propria realizzazione.

Attraverso la figura centrale di Alice, lo spettacolo ripercorre i numerosi movimenti che hanno plasmato un’epoca in continua mutazione. Questo racconto di una donna che, alla fine della sua vita, ripensa ai momenti felici o tragici, questo «ritratto di un cuore che si appresta a smettere di battere», coinvolge proprio per i continui riferimenti autobiografici.
Sul piano registico, risalta la presenza continua in scena della protagonista, spettatrice/narratrice interna onnisciente. Alice assiste alla propria vita in flashback e vi partecipa anche solo con il linguaggio del corpo. Compare sulla scena in mille modi, una sorta di coscienza critica. Partendo dall’abbrivio sul boccascena, a sipario ancora chiuso: «Non sono interessante. Sono una vecchia signora. Cosa c’è di così interessante in me?».

Dietro il sipario, un altro palcoscenico, e poi un altro ancora. La vita è fatta di prosceni, scene, retroscena, e a volte si nasconde e dipana dietro le quinte.
Appena dopo l’inizio, l’anziana Alice svanisce attraverso un nuovo sipario. Al suo posto compare la sua versione giovane in abito giallo: esce tremando per l’eccitazione, sulla soglia di una vita che, come tutte le vite, sarà un crogiolo di luci e ombre.
È un inizio non convenzionale per un’opera frizzante e sofferta. Ed è così, in sordina, quasi in punta di piedi, che entriamo nei meandri di una vita dispersa e resiliente, sfiancata dagli eventi e dalla prepotenza umana. I valori di una donna in perenne ricerca di sé e di una nuova consapevolezza, aggiunti al demone della letteratura, accompagneranno Alice verso il riscatto umano e sociale.

Zeldin crea un teatro vivace per la struttura a scatole cinesi sia dell’intreccio sia dell’architettura scenica, giocata in profondità su tre dimensioni. Se ne aggiunge una quarta, poiché l’intera sala teatrale diviene scenario per attrici e attori, in un andirivieni simultaneamente irreale e naturalistico.

Alice è interpretata da due attrici. Amelda Brown è la donna più anziana, testimone discreta che guarda indietro al suo passato osservando le proprie esperienze con empatia, nostalgia, tristezza. Essa crea la cornice per vari quadri, tutti aventi come soggetto il suo io giovane interpretato da Eryn Jean Norvill. Eppure le parti sono indivisibili: quando la giovane Alice viene aggredita, è Brown a cercare di salvarla. Il suo io ormai maturo ha qualcosa da insegnare anche ai disfunzionali personaggi maschili che ne hanno ostacolato il cammino quand’era ragazza.

Un tema che emerge è quello della scelta: Alice cerca sempre di ritagliarsi delle opzioni, anche quando la società la trattiene e la blocca. La gentilezza diventa la sua arma vincente. Si trasforma in pragmatismo contro gli urti della vita.
La rapidità contrassegna questo set deliberatamente scenografico costruito da Marg Horwell, che si scompone e ribalta creando ambienti domestici assai diversi. L’illuminazione di Paule Constable è cruda, piatta, realistica. Per lo più le luci rimangono blandamente accese anche in platea. L’espediente chiama in causa il pubblico. I momenti d’ombra stigmatizzano i passaggi esistenziali più dolorosi.
Colpisce la verve di tutti gli attori. La musica di Yannis Philippakis lega i mutevoli stati d’animo della protagonista.
C’è una costante scompaginazione del set e un compenetrarsi dei confini tra arte e vita. L’intera operazione mira più a far riflettere che a emozionare. I sussulti sono estemporanei, e raramente commuovono. Tuttavia, apprezziamo la straordinarietà di una vita ordinaria. Consideriamo l’essenza magica del teatro, capace di trasfigurare un’esperienza personale in romanzo collettivo, e di rimodellarlo in un racconto di emancipazione e speranza.

The Confessions
testo e regia Alexander Zeldin
con Amelda Brown, Kate Duchêne, Jerry Killick, Lilit Lesser, Brian Lipson, Hannah Morrish, Gabrielle Scawthorn, Jacob Warner, Yasser Zadeh
scene e costumi Marg Horwell
coreografia e cura dei movimenti Imogen Knight
luci Paule Constable
musiche Yannis Philippakis
suoni Josh Anio Grigg
direttore del casting Jacob Sparrow
dramaturg Faye Merralls, Sasha Milavic Davies
direttore associato Joanna Pidcock
intimacy coordinator Katharine Hardman di EK Intimacy
direzione del doppiaggio Cathleen McCarron
insegnanti di dialetto Louise Jones, Jenny Kent
produzione A Zeldin Company / Compagnie A Zeldin commissione National Theatre, RISING Melbourne, Théâtres de la Ville de Luxembourg
coproduzione Wiener Festwochen, Comédie de Genève, Odéon-Théâtre de l’Europe, Centro Cultural de Belém, Théâtre de Liège, Festival d’Avignon, Festival d’Automne à Paris, Athens Epidaurus Festival, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Adelaide Festival, Centre Dramatique National de Normandie-Rouen

la produzione è supportata da Nancy e Michael Timmers, David Schwimmer, Cas Donald, Elisabeth de Kergorlay, Mazdak Rassi e Zanna Roberts Rassi, Andrew e Raquel Segal, Victoria Reese e Greg Kennedy, Studio Indigo Architects & Interior Designers
A Zeldin Company è supportata da The Astra Foundation
Compagnie A Zeldin è supportata dal Ministero della Cultura francese (DRAC Île-de-France)
Alexander Zeldin è artista associato al National Theatre, Odéon-Théâtre de l’Europe, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Centre Dramatique National de Normandie-Rouen

Spettacolo in lingua inglese con sovratitoli in italiano

durata: 1h 55’ senza intervallo
applausi del pubblico: 3’ 30”

Visto a Milano, Piccolo Teatro Strehler, il 9 maggio 2024

 

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