Tra ombrelli e cecità, l’irrealtà del reale di Cerciello

Tempo pessimo per votare
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E’ con “Tempo pessimo per votare” di Carlo Cerciello che il Teatro Elicantropo di Napoli ha inaugurato la sua stagione 13/14, confermando la duplice vocazione politico-sociale e di attenzione per il contemporaneo.

Lo spettacolo è tratto da “Saggio sulla lucidità” di José Saramago, autore al quale il regista ritorna dopo la messinscena de “Il contagio”, un adattamento di “Cecità”, capolavoro dello scrittore portoghese che, afferma Cerciello, è stato “un riferimento assoluto, proprio come uomo, scrittore, politico, un po’ per tutto”.

E’ l’incipit del romanzo a dare il titolo a questo nuovo lavoro teatrale, che vuole essere, continua il regista, “una contemporanea, crudele e tragica analisi sul potere e sul suo cinico esercizio”.

In un anonimo Paese si sono appena svolte le elezioni, e piove a dirotto. Dallo scrutinio dei seggi è emerso che ben l’83% dei cittadini ha votato scheda bianca. Così il popolo, già superstite da una sconvolgente epidemia di cecità, che lo aveva reso anni prima incapace di comprendere e decodificare la realtà, si trova ora ad affrontare una grave situazione politica, con gruppi eversivi di astensionisti, i “biancosi”, che seminano il panico nella capitale.

La scena si apre con una schiera di ombrelli grigi che disegna nello spazio tracce di danze, per poi dileguarsi, veloce, dietro le quinte. Sul fondale scuro s’accende un piccolo sipario bianco con luci da varietà, e comincia una farsa inquietante e grottesca; ecco in fila, l’uno accanto all’altro, i ministri dell’anomimo Paese, seduti ad un tavolo. Sembrano esistere solo i loro volti di gommapiuma, che condensano su di sé tutta l’attenzione del pubblico, risaltando dal buio, attraversati da fasci di luce che ad ogni movimento ne distorcono i tratti.

Su una partitura sonora di grida e risolini dai timbri animaleschi, accompagnati da gesti ora scimmieschi, ora meccanici, si compongono discorsi gretti e raccapriccianti, a definire il futuro della nazione, dove “chi comanda non solo non si ferma davanti a ciò che noi definiamo assurdità, ma se ne serve per intorpidire le coscienze e annullare la ragione”.

Il lavoro drammaturgico ripropone fedelmente la trama del romanzo, e la surreale ambientazione che ingloba i personaggi viene pienamente evocata attraverso un dinamico e creativo uso dello spazio, e con frequenti cambi di scena, resi possibili da una strumentazione mobile che, assieme a luci sfumate e delicate, si trasforma di volta in volta, e d’improvviso si dipana nel buio, come un pallido alone.
Una scelta registica che privilegia l’evocazione sulla rappresentazione, e grazie a questa continua e irrefrenabile mobilità, riesce non solo a riprodurre fedelmente la dimensione dell’assurdo insita nel romanzo, ma ne esalta anche alcuni elementi e dettagli emblematici.

Sul palco dal pavimento a scacchi e senza quinte – che fa pensare alle scenografie sottilmente inquietati di alcuni film di David Lynch – si sussegue così, con un ritmo leggero e sostenuto, tutta una serie di personaggi (interpretati da allievi di Cerciello): il sindaco, la segretaria del sindaco, un sergente, l’ispettore, il commissario, il presidente della repubblica. Tutto è immerso in un’atmosfera sospesa ed onirica, se non di misteriosa inquietudine.

Il palco appare tramutarsi in un vero e proprio crocevia, punto di incontro di narrazioni che danno l’impressione di scomparire ed essere letteralmente risucchiate dal buio, dal nulla. Un luogo irreale dove, assieme alle luci, sfumano le ultime battute dei personaggi per poi far spegnere le loro sagome, che diventano quasi evanescenti, in un’oscurità che avvolge gli spettatori e li lascia sospesi per un attimo, nell’attesa che la scena si rianimi.

Questo uso della scenografia e di luci dona particolare mistero ad alcuni personaggi chiave del romanzo, soprattutto alla “donna dagli occhiali scuri”, che sembra davvero giungere da un altrove lontano, per materializzarsi sulla scena quasi per incanto.

Funzionale alla costruzione e allo svolgersi del magico logos di Saramago è anche l’utilizzo della video-installazione; uno schermo piatto, una tv posta in alto sul proscenio, sorgente dei notiziari che informano la popolazione su quanto avviene nella capitale, pare quasi il blasfemo retaggio postmoderno di un deus ex machina, lo strumento attraverso cui le scellerate soluzioni della classe dirigente conquistano il consenso della massa. Diviene così immagine ed emblema del quarto potere stesso, un segno semantico che parla al pubblico attraverso la sua semplice presenza, incastonata nella partitura drammaturgica, per costruire a poco a poco, frammento dopo frammento, in maniera lineare, lo svolgersi del romanzo.

Tempo pessimo per votare
adattamento e regia: Carlo Cerciello
con: Marco Rescigno
e con gli allievi del Laboratorio Teatrale Permanente del Teatro Elicantropo:
Rossella Amato, Francesca Borriello, Monica Cipriano, Mariangela Grimaldi, Claudio Fidia, Svitlana Hurska, Lisa Imperatore, Valentina Iniziato, Carlo Liccardo, Lorena Locascio, Federica Mazzarella, Danilo Pagano, Alessandro Paschitto, Tonia Persico, Maria Rosaria Postiglione, Marco Rega, Pasquale Saggiomo
musiche originali: Paolo Coletta
costumi: Iole Cilento
elementi scenografici: Michele Gigi e Marco Perrella
movimenti coreografici: Cinzia Cordella
video: Fabiana Fazio
assistente regia: Giovanni Esposito – Fabio Faliero – Giuseppe Maria Panico

durata spettacolo: 50′
appalusi del pubblico: 1′ 15”

Visto a Napoli, Teatro Elicantropo, il 20 ottobre 2013

 

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