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Una tempesta di neve tutta russa per il Sacro attraverso l’Ordinario

La tempesta di neve de Il Mulino d'Amleto

La tempesta di neve de Il Mulino d'AmletoInsieme a Torino Spiritualità, MITO Settembre Musica, il festival di figura Incanti e Torinodanza, ad occupare l’inizio dell’autunno torinese è tornato anche Il Sacro attraverso l’Ordinario, giunto anche lui (come Incanti) alla ventesima edizione.

La manifestazione, promossa da Il Mutamento Zona Castalia e dalla Residenza Multidisciplinare Storie di Altri Mondi, si sviluppa intorno al tema della spiritualità e quest’anno ha come filo conduttore il dialogo tra le generazioni. I principali temi trattati sono infatti “la ricerca delle proprie radici, la disabilità, la diversità, i sentimenti e l’essere donna”.

Fino a domani San Pietro in Vincoli, la Cavallerizza Reale, il Blah Blah, Teatro Astra, Colosseo e altri spazi performativi nelle province piemontesi stanno accogliendo spettacoli, concerti, workshop di drammaturgia, danza…
Molto rivolto al sociale, il festival è un intreccio di voci. Accanto a Giordano Amato, Eliana Cantone, Fabrizio Modonese Palumbo e Alessandra Rossi Ghiglione, direttori artistici dell’evento, troviamo diverse compagnie, cooperative e associazioni che si occupano di teatro e musica: I Sogn/attori, CLGEnsemble, la compagnia Contro/verso

E sono tornati alcuni dei nomi torinesi incontrati al Torino Fringe (come Dario Benedetto, Giulia Pont e uno degli stessi organizzatori, Inti Nilam, ora in veste di regista), mentre tra gli ospiti internazionali ricordiamo Jean Claude Carrière, Anna Halprin, Damo Suzuki, Ernesto Tomasini e Werner Weick.

Krapp ha deciso di seguire “La tempesta di neve”, dall’opera di Aleksandr Puškin, allestito da Il Mulino di Amleto per la regia della russa Ivanka Polchenko.

Ostacolata dai genitori nel suo amore per Vladimir Nikolàevic, la giovane Marja Gavrilovna – “educata sui romanzi francesi e, per conseguenza, innamorata” – decide di sposarlo in gran segreto. Ma la notte prescelta, una violenta tormenta di neve rovina il programma dei due amanti, impedendo a Vladimir di arrivare in chiesa.
Giuntovi stravolto il giorno successivo, scoprirà che la giovane amante si è comunque sposata… ma con un altro! Ferito nell’orgoglio e in preda alla totale disperazione, non vorrà più incontrarla, si arruolerà come alfiere nell’esercito, e perirà in battaglia.

Intanto Marja è caduta in depressione, i genitori se ne accorgono e accettano finalmente il suo folle amore per il giovane alfiere. Ormai però non c’è più modo di far avvicinare questi alla figlia. Guarita, la giovane Gavrilovna rifiuterà ogni amante, fino all’arrivo di Burmin, colonnello degli Ussari, di cui si innamorerà. Egli stenterà a dichiararsi, fino a quando non ammetterà che a bloccarlo è un ostacolo che li terrà sempre lontani. Burmin è infatti sposato con una donna che non conosce né ha mai rivisto dopo le nozze: giunto per caso in una chiesa, in una notte di tormenta di neve, venne scambiato per lo sposo e condotto all’altare; celebrato il rito, la donna alzò il velo per baciarlo, si accorse che non era l’uomo che stava aspettando, si mise urlare e il malcapitato fuggì, non riuscendo più a risalire alla sposa.
Maria naturalmente riconoscerà in questi avvenimenti la stessa sua sorte, e i due scopriranno così di essere già marito e moglie.

Il testo di Puskin nasce come racconto, e tale rimane. Gli attori – Marco Lorenzi, Barbara Mazzi, Raffaele Musella, provenienti dallo Stabile di Torino, e Veronica Visentin, diplomata al centro sperimentale di cinematografia di Roma – si alternano tra il ruolo di personaggi e quello di cantastorie, e sono abili a mantenere alta la tensione scenica, tenendo salda l’attenzione del pubblico per tutta la durata dello spettacolo.

Il lavoro è costruito con attenzione e semplicità, il clima romantico è stemperato con leggerezza da un’intelligente ironia. È evidente come gli attori arrivino dall’accademia: ottima dizione, pronuncia pulita e colori delle voci adatti ad accompagnare il racconto; allenati a movimenti precisi, ogni loro spostamento è gioioso e puntuale.
Questa perfezione non annoia, ma rende presto prevedibile i toni del resto dello spettacolo. Mancano trovate registiche particolarmente originali, però la calma e la precisione di ritmi e voci che accompagnano la storia risultano in sintonia con lo stile del racconto.
Non ci si immerge in un’esperienza catartica, ma lo spettacolo ha il pregio di raccontare la storia che scrisse Puskin riuscendo a trasmetterne l’atmosfera originale, quella di una Russia fredda, di personaggi ben coperti, pallidi e delicati, raccontati con un misto di poesia ed ironia.

Tre panche basse – come si trattasse di inginocchiatoi – sono utilizzate come scenografia su cui gli attori camminano, si appoggiano, ne invertono la posizione per costruire nuovi spazi. Due rami in un vaso fungono da giardino e qualche scialle si fa prima velo da sposa, poi lettera su cui Maria Gavrilovna scrive, poi ancora briglia di cavallo al galoppo. Coerenti e piacevoli le suggestioni musicali, tra le quali brani di Schumann, Chopin, Rachmaninov, Listz.

Ispirata dalla consulenza artistica di Bruce Myers, attore di Peter Brook, Ivanka Polchenko si rivela una regista silenziosa ma attenta; il suo intervento è delicato e si riverbera nell’importanza data all’armonia creata fra attori, testo, musica e scenografia.

LA TEMPESTA DI NEVE
di Aleksandr Puškin
regia: Ivanka Polchenko
consulenza artistica: Bruce Myers
con: Marco Lorenzi, Barbara Mazzi, Raffaele Musella, Veronica Visentin
in collaborazione con Teatro Marenco di Ceva, Festival dell’Incanto 2013 / Associazione Culturale Art&VitaVE

Visto a Torino, San Pietro in Vincoli, il 2 ottobre 2013


 

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