Va pensiero: le Albe per un atto poetico di resistenza civile

Photo: Silvia Lelli
Photo: Silvia Lelli

C’era movimento sopra l’acqua. C’erano uccelli, uccelli che volavano, come ragione la sola bellezza.
(“Elegia di un viaggio”, Aleksandr Sokurov)

Entra barcollando una figura femminile nella penombra. Elegantemente vestita, è scossa da conati di vomito che la percuotono per larghi tratti. Crolla a terra, per rialzarsi e rovinare di nuovo al suolo. Il frastuono del terremoto scuote il palco, per ripercuotersi in tutto il teatro, e sul battito del respiro del pubblico.
Altri fantasmi di nero vestiti escono dalle quinte, per circondarla; lei si rialza, si riassetta i vestiti, cercando di darsi un contegno. Quando pare riprendersi una parvenza di dignità, dal gruppo una ragazza le si avvicina, dandole la fascia tricolore, quella da sindaco.

Un canto muto, che prende il là dalle note scoccate dall’armonio del maestro, direttore d’orchestra, s’intona da dietro il velo/epidermide, dove sarà collocato per tutta la durata dello spettacolo il coro, che comparirà e scomparirà tra ombra, penombra, luce: “Di Provenza il mar, il suol – chi dal cor ti cancellò”.
Si propaga per tutto il teatro, allontanando l’eco del terremoto, quell’assaggio delle arie verdiane, che si libreranno per le 2 ore e mezza di questo “Va pensiero”… Quelle figure si dispongono frontali alla platea e al pubblico, quasi pronte per la foto ricordo, e divengono il “Coro delle Vertigini”, come ci indicano le scritte che compariranno proiettate sulla scena per tutta la durata dello spettacolo, a segnare i cambi di scena e di contesto, ricordando i titoli incisivi dei capitoli di un film.
Il coro dona la sua vertigine, disegna e designa il “qui e ora” definendo lo scenario di questa piccola città, questo dolce paesello dell’Emilia-Romagna che si scoprirà scosso dal terremoto di mafia e ‘ndrangheta.

E’ questo l’incipit del nuovo spettacolo ordito da Marco Martinelli e dal Teatro delle Albe di Ravenna, che vede protagonista Ermanna Montanari, per incarnare con sempre intensa, vibrante bravura la Zarina, sindaco di questa cittadina della Bassa Padania, figura femminile che non dimenticherà mai di vestire la sua fascia, ma che invece perderà memoria di ciò che quella rappresenti infangandola, in combutta con i meccanismi perversi del non vedere e non dire, se non per quanto compete alle logiche dell’a(rra)ffare e del guadagno.

Con lei un “coro” di attori (Alessandro Renda, Roberto Magnani, Fagio, Laura Redaelli e molti altri ancora…), che vivendo fino in fondo la responsabilità di ciò che devono a ogni nuova replica riconsegnare, danzano con grazia ed efficacia in quella penombra di uno scenario ridotto all’essenziale: pochi tavoli, sedie, insegne, per suggellare ancor di più l’iconicità che si imprime nella storia di queste vicende.

Alessandro Argnani veste il ruolo di Vincenzo Benedetti, vigile urbano eroe che non si è voltato dall’altra parte per non vedere, ha rischiato il suo, a partire da una multa consegnata, e poi proseguendo anche come giornalista di articoli di denuncia. Un personaggio che non si può dimenticare, come del resto quelli di una compagine di attori in stato di grazia, accompagnati nella loro tournée da quel coro vero e proprio che, a seconda della regione di replica, viene selezionato tra quelli colmi di sincera verità dei comuni, cittadini che si sono sentiti investiti di una responsabilità, come già avvenuto nella prima tappa della Divina Commedia, Inferno.

Nasce da lontano questo “Va pensiero”, da un’attenta e lunga opera di documentazione, dialogo, confronto, esplorazione compiuta come sempre da Martinelli, la cui scintilla iniziale fu scatenata dal venire a conoscenza delle vicende di Donato Ungaro, un tempo vigile urbano di Brescello – in provincia di Reggio Emilia, che diede i natali a don Camillo e Peppone – giornalista e scrittore.
Il testo è intessuto ancora una volta con visionaria e impeccabile armonia nella sua struttura narrativa da un maestro della poetica, che è politica nella sua urgente evocazione del presente, e delle radici della Storia e dell’esistenza dell’essere umano; e che qui si alterna con le arie verdiane, le sonorità elettroniche di Marco Olivieri, le scosse di terremoto in cui si fonde monumentale lo spettacolo.

Prima di “Va pensiero” c’è stato “Saluti da Brescello”, testo che ha fatto parte di “Ritratto di una Nazione”, messo in scena a Roma nel settembre 2017 all’interno del progetto voluto da Antonio Calbi e Fabrizio Arcuri.
Lì protagonista era proprio Donato Ungaro, nelle vicende ricordate/narrate dalle ombre/statue di don Camillo e Peppone; lì il suo nome era legato al gesto eroico di resistenza al malaffare, non tacendo la verità, ma pagandone le conseguenze nell’esilio che lo portò a Bologna a fare l’autista di bus.

Da qui il respiro si è allargato, l’urgenza di universalità di Martinelli ha compiuto i suoi passi, ridonandoci la figura di Vincenzo Benedetti; portando il titolo, “Va pensiero”, e la presenza di Giuseppe Verdi, che nel “Nabucco” cantava la lotta di liberazione degli ebrei dal dominio babilonese, ridestando gli animi italiani di un amor patrio risorgimentale insofferente al dominio straniero: “E’ un romanzo teatrale sull’Italia di oggi – si legge nelle note di regia – su un popolo in prigionia come lo era quello ebreo nella cattività babilonese: il ‘Va pensiero’ suona per tutti noi”, nelle vicende di ‘ndrangheta e mafia dell’Emilia-Romagna, e non solo.

Monumento di resistenza dell’essere Cittadini d’Italia, ed etica ispirazione di “Educazione civica”, lo spettacolo vive di movimenti “di macchina” – lo sguardo di Martinelli è sempre più cinematografico dopo i primi passi con la trasposizione di “Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi”, e lo confermano le immagini proiettate, che fanno presagire anche un’incursione per grande schermo di quest’opera…–, e di danze oniriche, come quelle tratte dal “Rigoletto” che conquisteranno la scena simboliche, suggestioni donate da Gerardo Guccini, consulente musicale per la realizzazione di questo lavoro.

Se parlando di “Ritratto di una Nazione” avevamo scritto che “per ora si avverte come lava di vulcano, che denuncia sì storture e soprusi, ma che ha però bisogno di essere meglio indirizzata per poter scendere bruciando i confini geografici e, conservando l’identità di ciascuno, riscoprire quella nazionale”, in “Va pensiero” tutto ciò trova il suo compiersi.
Gli argini, qui paludosi della Pianura Padana e del Po, a caccia di ulteriore e salvifica bonifica, si aprono come quelli del nostro incedere a testa bassa, col morso del giogo, per permetterci di alzare e allargare lo sguardo, pronti ad accogliere in un comune abbraccio quello che è sempre più un rito collettivo di una Comunità – quella riscossa dal Teatro delle Albe – che c’è, e che ha sempre più bisogno di essere, di riscoprire la verità del sentire.

Il coro, divenuto nel corso della narrazione da “della vertigine” a quello “del sì”, quello del “si deve dire, non si può tacere la verità”, si rivolge sul finale di nuovo alla platea; le immagini proiettate si allargano nel volo di uno stormo di uccelli, che va, libero, nel viaggio, nascondendo chissà quali speranze di futuro.

E viene finalmente intonato il “Va pensiero”: unendosi attori e coro, conducendo il maestro d’orchestra Stefano Nanni con il suo organetto/fisarmonica, tutti conquistano il proscenio; e cantano, mentre si illumina il teatro, con il pubblico che, sentendosi ancor più investito della responsabilità di essere protagonista di questa vita, si unisce a quel canto.

Dal sonoro applauso che segue, arriva Marco Martinelli che evoca dalla platea un uomo, accolto dal pubblico commosso: Donato Ungaro, che alla fine ce l’ha fatta a vincere la causa contro il comune che l’aveva allontanato; ce l’ha fatta a tornare ad essere vigile urbano. E in questi giorni in cui, in memoria di Borsellino e di Falcone, si è arrivati alla storica sentenza che riconosce le responsabilità bastarde della Trattativa Stato-Mafia, riecheggiano ancor più forti le parole che Giovanni Falcone pronunciava nel 1991, e che sono citate come monito dalle note di regia:
“E naturalmente la mafia non è solo una semplice organizzazione criminale. Altrimenti sarebbe stata spazzata via, come il terrorismo”.

Va pensiero
di Marco Martinelli
ideazione e regia Marco Martinelli e Ermanna Montanari
in scena Ermanna Montanari, Alessandro Argnani, Salvatore Caruso, Tonia Garante, Roberto Magnani, Mirella Mastronardi, Ernesto Orrico, Gianni Parmiani, Laura Redaelli, Alessandro Renda con la partecipazione del Coro lirico Alessandro Bonci di Cesena nell’esecuzione di alcuni brani dalle opere di Giuseppe Verdi soprani Cinzia Barducco, Ilaria Capelli, Maria Loria, Tiziana Lugaresi, Bianca Padurean, Sabrina Rossi, Deborah Salvi contralti Livia Arginelli, Gabriella Fiumana, Valeria Intrusi, Raffaella Molari, Carla Righi, Silvia Sintini tenori Daniele Ambrosini, Renato Bartolini, Salvatore Campus, Vilmer Castorri, Ermico Diavino, Gaspare Giovannini, Giuseppe Magnani, Valter Salvi, Pietro Terranova bassi Corrado De Cesari, Marcantonio Pistoresi, Andriy Schchrbyna solista Francesca Castorri maestro collaboratore Ilaria Ceccarelli
per le repliche di Milano e Bergamo, sostituito dal coro “Gli Harmonici” di Bergamo diretto dal Maestro Fabio Alberti
arrangiamento e adattamenti musicali, accompagnatore e maestro del coro Stefano Nanni
incursioni sceniche Fagio, Luca Pagliano
scene Edoardo Sanchi
costumi Giada Masi
disegno luci Fabio Sajiz
musiche originali Marco Olivieri
suono Marco Olivieri, Fagio
consulenza musicale Gerardo Guccini
editing video Alessandro Renda
assistente alle scene Carla Conti Guglia
tecnico luci Luca Pagliano
macchinista Danilo Maniscalco
elementi di scena realizzati dalla squadra tecnica del Teatro delle Albe Alessandro Bonoli, Fabio Ceroni, Enrico Isola, Danilo Maniscalco, Dennis Masotti
direzione tecnica Fagio
sartoria Laura Graziani Alta Moda
capi vintage A.N.G.E.L.O.
fotografie dello spettacolo Silvia Lelli
ufficio stampa Rosalba Ruggeri, Alessandro Fogli, Silvia Pacciarini
organizzazione e promozione Silvia Pagliano, Francesca Venturi
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro delle Albe / Ravenna Teatro

durata: 2h 45’ (con 15’ di intervallo)
applausi del pubblico: 5’

Visto a Bologna, Arena del Sole, il 25 febbraio 2018

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