Displace. Con Muta Imago profughi tra le rovine di noi stessi

Muta Imago - Displace
Muta Imago - Displace
Muta Imago – Displace (photo: romaeuropa.net)

“Displace” ha concluso il progetto biennale che la compagnia romana Muta Imago ha sviluppato in tre tappe attraverso coproduzioni e residenze.
“Displace” ha anche concluso la ventiseiesima edizione di Romaeuropa festival.
Siamo alla fine, quindi. Anche del mondo, però. E “Displace” non lascia certo molto spazio alla fantasia: la catastrofe è nell’aria, la crisi ci risucchierà. No future for us.

Lo spettacolo si discosta da quella artigianalità, seppur condita con sapienza tecnologica, che avevano contraddistinto i precedenti lavori come “(a+b)3” o “Lev”.
In “Displace” questa caratteristica è sostituita dalla magnificenza tecnologica, dall’effetto speciale, dalla sensazione videogame. Nonostante questo c’è una certa coerenza visiva che accomuna il lavoro ai precedenti: mi riferisco soprattutto all’utilizzo di piccole luci, con cui le performer illuminano le loro facce a intermittenza, e alla polvere in scena in gran quantità. Inoltre c’è un’attenzione come sempre molto puntuale verso le luci che arredano gli spazi bui.

Lo spettacolo si divide in tre quadri: all’inizio un muro prima si alzerà minaccioso per poi crollare sulle note di un soprano, che urla disperata la struggente “Dido and Aeneas” di Purcell (ancora un omaggio a Pina Bausch e al suo “Caffè Müller”).
Nella parte centrale le quattro Troiane (facce d’angelo o amazzoni o donne arabe) creano geometrie con i corpi che hanno luci puntate a disegnare lo scheletro del muro appena caduto, e poi in un trionfo di rosso affileranno le loro fruste per terra.
Infine, nella scena finale, ritorna quella tanto a me cara artigianalità scomparsa: attraverso un gioco di carrucole, un telo si ergerà dal palcoscenico inglobando tutto lo schifo presente in terra e creando un’immagine da veliero stilizzato, simbolo della fuga (e cito il finale di Dillinger è morto di Ferreri) o della tragedia (il Titanic?).

Il primo quadro (presentato in giugno al Festival delle Colline Torinesi col titolo “Rovine”) è il trionfo della materia sul video, ma anche il simbolo della fragilità dell’uomo e della società contemporanea che ha creato, e non può non venire in mente il Vecchio Testamento di “cenere eri, cenere tornerai”.
Il secondo quadro (presentato a Romaeuropa 2010 col titolo “La rabbia rossa”) è appunto la rabbia delle “Troiane” di Euripide per la città distrutta, ma è anche la rabbia della nostra generazione per questa catastrofe in atto, impossibile da contrastare. È una risposta isterica e affrettata, come un urlo pieno di ira.
Il terzo quadro è il degno finale: immagine maestosa e poetica, ambigua ed esagerata per dimensioni ma semplice nella realizzazione.

Partendo da questa immagine potremmo affermare di trovarci di fronte in carne ed ossa ai veri “figli di Castellucci”, ossia agli esponenti più rappresentativi del “new visual theatre” italiano.
E come per il recente spettacolo proprio di Romeo Castellucci, il Teatro Vascello di Roma è pieno e applaude convinto. Muta Imago e Romaeuropa fanno il pieno e questo sembra fondamentale. C’è chi lo chiama “teatro di tendenza”, “teatro fighetto”. Non so. Certo è che, guardando lo spettacolo senza la necessità di trovare un senso né di dar troppo retta alle note di regia, è un lavoro che appare decisamente bello, affascinante, capace di tenere in tensione sulla poltrona. In definitiva, uno spettacolo che ti prende. Forse è il fascino perverso della catastrofe che sta per abbattersi su di noi.
It’s time to displace?

DISPLACE
ideazione: Muta Imago
regia, spazio, luci: Claudia Sorace
drammaturgia, suono: Riccardo Fazi
immagini e movimento: Vincent Fortemps
video: Luca Brinchi, Maria Elena Fusacchia
vestiti di scena: Fiamma Benvignati
assistenza tecnica: Maria Elena Fusacchia, Luca Brinchi, Luca Giovagnoli
voce Off: Fabiana Gabanini
foto di scena: Luigi Angelucci
organizzazione: Manuela Macaluso, Martina Merico, Maura Teofili con Anna Basti, Chiara Caimmi, Valia La Rocca, Cristina Rocchetti
canto lirico: Ilaria Galgani
produzione: Muta Imago 2011
coproduzione: Romaeuropa Festival 2011, Focus on Art and Science in the Performing Arts, Festival delle Colline Torinesi 2011 con il sostegno di Regione Lazio – Assessorato alla cultura, Spettacolo e Sport in collaborazione con Inteatro Polverigi L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, Centrale Preneste, Kollatino Underground, Angelo Mai, Città di Ebla, La Corte Ospitale
un ringraziamento particolare a Glen Blackhall
durata: 47’
applausi del pubblico: 3’ 35’’

Visto a Roma, Teatro Vascello, il 27 novembre 2011
Prima nazionale

1 Comments

  1. says: giovanni magnarelli

    E continuiamo a farci i pompini a vicenda! Tutto quello che è scritto in questo meraviglioso articolo può essere preso come vero in un contesto che vede un impoverimento generale del livello culturale e che si accontenta di chiamare “figli di” delle copie sbiadite e svuotate di senso di artisti che hanno fatto la storia degli ultimi due o tre decenni del teatro di ricerca italiano (esperienza unica e irripetibile). Forse chi scrive non sa nemmeno di cosa sta parlando? Mi piace pensare che sia così, sarebbe un’ottima giustificazione per le castronerie inserite (involontariamente, spero) in questo articolo in difesa dei “poveri” Muta Imago, che qualcuno ha osato attaccare sulla stampa, quella vera. Senza tener conto del fatto che mi sembra un pò di parte parlare di applausi “convinti”. Ho visto molte facce annoiate. ma io sono di parte ovviamente. Che il teatro fosse pieno è vero, ma questo, lo sapete bene quando non fate finta di niente, non dimostra affatto che l’evento sia di valore. Grazie per la meravigliosa esperienza di critica obiettiva e competente.

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