I Premi Ubu 2011. I vincitori

Franco Quadri (photo: ubulibri.it)
Franco Quadri (photo: ubulibri.it)

I primi Ubu senza Franco Quadri. Amato, odiato, ma senz’altro oggi ricordato.
Per la 34^edizione del premio, il Piccolo Teatro di via Rovello, stand della Padania in faccia a calarci nella realtà, pioggerella semiautunnale a rendere melliflue le atmosfere, si riunisce ancora una volta per perpetuare quella tradizione (negli ultimi anni diventata prenatalizia) che, in fondo, tutti i teatranti italiani – lo ammettano o preferiscano schernirlo – attendono con curiosità. Per dirne bene o male. Per aver qualcosa di cui parlare (e i commenti arrivati a margine di questo post sono ennesima dimostrazione).

Inevitabile allora il ricordo di Quadri, il grande assente, che riempie di sé la sala grazie al video-omaggio che apre la serata (presentata da Giole Dix anche in quest’edizione).

Come sempre Klp sta seguendo l’evento in diretta con le sue ‘potenti telecamere’ e, quest’anno, anche con un suo fotografo, per cercare di carpire qualche immagine inedita. In attesa di proporvi i nostri reportage tra parole e immagini, vi lasciamo ai vincitori di quest’anno (evidenziati in grassetto), e ricordando, per ciascuna categoria, anche le candidature ai ballottaggi.
Tanti gli ex aequo e qualche premio che sembrerebbe forse più alla carriera… Una certa ripetizione (negli anni) anche nelle produzioni, e spiace che non si sia osato con qualche maggiore novità. Ma così hanno deciso i 53 critici chiamati ad esprimersi sul teatro italiano nella stagione 2010/2011.

Eccoli, i vincitori del 34° Premio Ubu:

Gli Ubu 2011
Volti dagli Ubu 2011 (photo: Andrea Chesi)

Spettacolo dell’anno

– The History Boys di Alan Bennett (Ferdinando Bruni e Elio De Capitani, Teatridithalia) ex aequo
– Dopo la battaglia (Pippo Delbono, Ert – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma, Théâtre du Rond Point, Théâtre de la Place, Théâtre National de Bretagne) ex aequo
– La compagnia degli uomini di Edward Bond (Luca Ronconi, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa)
– Hamlice. Saggio sulla fine di una civiltà (Armando Punzo, Carte Blanche/Volterrateatro e Teatro Metastasio)
– The End (Valeria Raimondi e Enrico Castellani, Babilonia Teatri e Crt – Centro di Ricerca per il Teatro)

Regia

– Valerio Binasco per Romeo e Giulietta di William Shakespeare ex aequo
– Valerio Binasco per Filippo di Vittorio Alfieri
– Mario Martone per Operette morali da Giacomo Leopardi ex aequo
– Luca Ronconi per Nora alla prova da “Casa di bambola” da Henrik Ibsen

Scenografia

– Maurizio Balò (Il misantropo)
– Roberto Crea (Il presidente)
– Daniela Dal Cin (Loretta Strong)

Gianrico Tedeschi durante la premiazione
Gianrico Tedeschi durante la premiazione (photo: Andrea Chesi)

Attore

– Massimo Popolizio (Blackbird e Il misantropo)
– Gianrico Tedeschi (La compagnia degli uomini)
– Carmine Maringola (Trilogia degli occhiali)

Attrice

– Mariangela Melato (Nora alla prova da “Casa di bambola”) ex aequo
– Federica Fracassi (Hilda e Incendi) ex aequo
– Daria Deflorian (Lʼorigine del mondo, ritratto di un interno)
– Anna Della Rosa (Blackbird)

Attore non protagonista

– Luca Micheletti (La resistibile ascesa di Arturo Ui)
– Paolo Pierobon (La compagnia degli uomini e Nora alla prova da “Casa di bambola”)
– Renato Carpentieri (Operette morali)
– Marco Foschi (La compagnia degli uomini)

Punzo, De Capitani e Bruni agli Ubu 2011
Armando Punzo, Elio De Capitani e Ferdinando Bruni in platea (photo: Andrea Chesi)

Attrice non protagonista

– Ida Marinelli (The History Boys)
– Eva Robin’s (Tutto su mia madre)
– Federica Santoro (Lʼorigine del mondo, ritratto di un interno)
– Barbara Valmorin (Operette morali)

Nuovo attore o attrice (under 30)

– i ragazzi di The History Boys (Giuseppe Amato, Marco Bonadei, Angelo Di Genio, Loris Fabiani, Andrea Germani, Andrea Macchi, Alessandro Rugnone, Vincenzo Zampa)
– Licia Lanera
– Isabella Ragonese


Migliore novità italiana (o ricerca drammaturgica)

The End di Valeria Raimondi e Enrico Castellani
– Lʼorigine del mondo, ritratto di un interno di Lucia Calamaro
– Trilogia degli occhiali di Emma Dante

Migliore novità straniera

Lucido di Rafael Spregelburd
– Blackbird di David Harrower
– The History Boys di Alan Bennett

Migliore spettacolo straniero presentato in Italia

– Un flauto magico da Wolfgang Amadeus Mozart (Peter Brook, Théâtre des Bouffes du Nord)
– Vollmond (Pina Bausch, Tanztheater Wuppertal Pina Bausch)
– Le dragon bleu di Marie Michaud e Robert Lepage (Ex Machina)

Una rappresentanza del Teatro Valle Occupato
Una rappresentanza del Teatro Valle Occupato (photo: Andrea Chesi)

Segnalazioni per premi speciali (anche quest’anno tutti ex aequo)

– Teatro Povero di Monticchiello per il coinvolgimento di un intero paese in un progetto di teatro civile di forte intensità poetica
– Il festival Prospettiva di Torino, a cura di Mario Martone e Fabrizio Arcuri, terreno di confronto artistico internazionale rivolto alla crescita del “nuovo”
– Mario Perrotta
per la “Trilogia sull’individuo sociale”, del quale coglie la disgregazione nel mondo contemporaneo
– Rai Radio 3 per aver riproposto con successo un genere “dimenticato” quale il radiodramma, valorizzandolo come arte del presente
– Virgilio Sieni non solo per il complesso del suo lavoro sul movimento, ma anche per la ricerca di nuovi linguaggi con interpreti non professionisti
– Teatro Valle Occupato per l’esempio di una possibilità nuova di vivere il teatro come bene comune

A margine anche la premiazione di Rete Critica, che ha decretato vincitrice la compagnia Menoventi.
Gianni Farina
arriva in anticipo, la sua prima volta alla serata degli Ubu e, con quel po’ di titubanza di chi non ha mai partecipato, chiede in giro se dovrà dir qualcosa. In tanti, invece, quel palco lo solcano con sicurezza. Del resto, c’è mestiere anche nel ricevere premi!

Franco Quadri nel video a lui dedicato
Franco Quadri nel video a lui dedicato

E ora gli UBU 2011 in pillole (riassunto e ampliamento di quanto già apparso su Fb).

L’attore più in forma. Gianrico Tedeschi che, dall’alto dei suoi 92 anni, ha fatto sfoggio di una verve che noi 30-40enni, a quell’età (se mai arriverà), ci sogneremo…

Delegazioni e cortei. Da Torino arriva una vera e propria delegazione dello Stabile, dall’ufficio stampa alla presidente. Evelina sfila anche al Piccolo, sottobraccio all’ormai inseparabile Martone. In tanti anche ad accompagnare Pippo Delbono, che consegna il microfono a Bobò. E’ lui, probabilmente, a mandare la platea ‘affanculo. Ma nessuno lo capisce, e tutti applaudono. Altra delegazione è quella romana del Valle. Infine il Teatro Povero Di Monticchiello, riconoscimento di un progetto “di paese” che fonda i suoi inizi ancor prima degli Ubu.

Il più elegante
. Ci tocca tornare a Monticchiello: Andrea Cresti, e non ci riferiamo senz’altro a com’era vestito.

La più colorata. Licia Lanera di Fibre Parallele. Simpatici ad esserci benché non premiati (chi ve l’ha fatto fare?!?). Il cappotto fucsia di Licia porta una delle poche note di colore all’interno del teatro.

Il più tenero. Ettore, il figlio di Babilonia Teatri, che ‘costringe’ Valeria Raimondi a disertare il palco. In rappresentanza del lavoro di squadra salgono Enrico Castellani, Ilaria Dalle Donne e Luca Scotton. Ma Valeria, il suo trofeo, in fondo ce l’aveva già in braccio.

Il ricordo di Quadri e Bausch di Pippo Delbono
Il ricordo di Quadri e Bausch di Pippo Delbono (photo: Andrea Chesi)

Conoscenze. Molti “vecchi” (artisti) non conoscono il lavoro (né i nomi) dei “giovani” (e viceversa?). Per il resto le conoscenze sono tante: baci e abbracci a profusione.

Il più impacciato. Forse Fabrizio Arcuri, che sale sul palco per il premio speciale alla rassegna torinese Prospettiva (ribattezzata poi, nel tgR del Piemonte da un noto giornalista e organizzatore teatrale, “Retrospettiva”).

Il one man show. Damiano Pignedoli, della redazione di Ubulibri, che quest’anno può rompere le righe e trovare il suo momento di celebrità.

Cos’è mancato. Una dose di teatrale arte all’evento, in fondo un po’ (s)morto, come il grande assente. A forza di sentir parlare di teatro sarebbe anche bello vedere qualcosa di artistico, ogni tanto.

Genio e sregolatezza. Altra grande assenza.

Il più logorroico. Categoria difficile da aggiudicare. Seguendo le orme dei premiati di quest’anno, potrebbero esserci degli ex aequo. Soprattutto nell’ambito dei “non posso venire a ritirare il premio ma scrivo una lettera chilometrica che dovrà essere letta per intero alla platea”.

Chi torna a casa con le tasche più piene. Senz’altro i Menoventi, investiti (non di Ubu) da un gruppo di “Re Magi” con doni, libri, ospitalità…

Altri officianti & partecipanti (elenco assolutamente non esaustivo). Luca Ronconi, Armando Punzo, Margherita Palli, Rodolfo Sacchettini, Saverio La Ruina, Fabrizio Gifuni, Ida Marinelli, Chiara Lagani, Fibre Parallele, Elio De Capitani, Mariangela Melato, Ferdinando Bruni, Costanzo/Rustioni, Mario Perrotta, Federica Fracassi, Ermanna Montanari, Marco Cavalcoli, Sergio Ariotti, Anna Bandettini, Sergio Escobar, Andrea Porcheddu, Oliviero Ponte di Pino…

Cornuti e mazziati. Tanti, presenti ma anche assenti, ça va sans dire.

In questo video di Renzo Francabandera: Fabrizio Arcuri, Alessandro Rugnone, Claudia Cannella, Enrico Castellani, Milena Costanzo, Roberto Rustioni, Valeria Raimondi, Marino Sinibaldi, Luca Micheletti, Lorenzo Quadri, Gianrico Tedeschi, Ida Marinelli, Ferdinando Bruni, Consuelo Battiston, Deniz Özdogan, Mario Perrotta, Licia Lanera

19 Comments

  1. says: Renzo

    E’ giusta la puntualizzazione di Simone che nel suo commento sugli Ubu indica in maniera asettica (non lo fa con le signore per evidente galanteria 😉 )il dato anagrafico del premiato più anziano. In realtà la mia argomentazione partiva da una riflessione che aveva stimolato il mio primo commento in testa e che nasceva addirittura dal redazionale precedente in cui si menzionavano alcuni premi come una sorta di Ubu alla carriera.
    Questo filone argomentativo su cui mi ero subito speso in senso contrario, unito alla risposta ai commenti precedenti che introducevano il solito dato anagrafico su premiati e premiatori, ha fatto precipitare la soluzione nel paragrafo finale, in cui ho erroneamente esteso la considerazione a quel fra parentesi (unico, peraltro, converrai, come a voler significare un’informazione di rilevo ai fini argomentativi generali) cui tuttavia non aggiungi nessun commento.
    Sono sicuramente io in difetto di chiarezza rispetto al punto e accolgo pienamente il chiarimento giusto e opportuno di Simone, che ringrazio di aver puntualizzato.

  2. says: Simone Nebbia

    Caro Renzo,
    rispondo unicamente a te perchè su alcuni temi non c’è davvero molto da dire (ringrazierò personalmente Anna Bandettini come non ho ancora fatto da quel simpatico intervento veneziano). Tra gli argomenti che ho espresso nel mio pezzo non c’è traccia di critica al premio a Tedeschi che non conosco, non ho visto nello spettacolo, insomma mi sembra pretestuoso poterne dire qualcosa. Ho rilevato unicamente la provenienza dello spettacolo per cui ha vinto (solo per il discorso che avevo in mente di fare e che ho fatto), e tra parentesi la sua età che intendevo rilevare per proprio l’esatto contrario di un rifiuto, ma per la sua incredibile longevità. Mi dispiace di una lettura che travisi questo: io non ho dichiarato nulla su di lui, sarei felice non si ricorresse a interpretazioni vertiginose e forzate di un semplice dato anagrafico.

    Io non ho mai detto inoltre che i Premi Ubu non siano legittimi, c’è tutta una giuria a renderli tali. Ho detto che la loro formula non mi convince. Poi non ho mai detto che dietro queste votazioni si celi chissà che gioco sotterraneo, come mi si vuole attribuire. Ho detto che il meccanismo svela la sua poca credibilità anche al cospetto di settori culturalmente meno rilevanti.

    Detto ciò, il resto l’ho scritto. Che piaccia o dispiaccia a chi legge. O non legge.

    Saluti
    S N

  3. says: renzo

    (…continua)
    Da questo al discorso dei premi Ubu, poi, noiosissimo, che ogni anno deve tenere banco per dire chi è buono, chi è cattivo, se è giusto esserci o non esserci, se ci si nota di più se ci siamo o non ci siamo, a me, in onestà frega poco. Ci sono stato quest’anno come l’anno scorso e due anni fa e pure tre.
    Ho intervistato i vincitori come l’anno scorso, due anni fa e forse tre.
    Ho letto il post del collega Nebbia, che con la punta affilata, come spesso fa, pone alcune questioni di territorialità del teatro, ma diciamo che se parliamo di Ricci Forte (e chiuderei qui per non dover centrare il mio intervento su di loro che è inutile perchè non sono oggetto del mio punto argomentativo in risposta al primo intervento di Ludovico) per loro il problema di essere visti, di vendere gli spettacoli e di avere un seguito non esiste. Sono dei fortunati in questo tempo di magra.
    Non penso loro si possano lamentare di alcunchè. Hanno un seguito importante, non penso gli interessino premi di questo mondo di critici che hanno sempre criticato spesso a giusta ragione. Sono superiori a queste beghe e da anni impegnati in ricerche più serie di queste cosette di poco conto di cui discutiamo oggi.

    Torno invece volentieri sull’argomento territorialità, di cui avevo parlato con i colleghi proprio a Venezia in occasione della Biennale, per dirmi non solo d’accordo con la questione, ma come anche Simone potrà confermare, in una discussione in vaporetto nelle brume mattutine, mentre si discuteva della presenza o meno di TeC nel gruppo di siti che avrebbero fatto parte del progetto rete critica (cosa andata poi diversamente per loro legittima scelta) ritenevo che proprio la presenza mia/nostra, loro e di altri operatori seri e voraci, che vedono molto più teatro di tanti altri, specie nelle periferie dello stivale, poteva garantire una copertura più ampia del ventaglio di proposte che i premi possono prendere in considerazione.
    Per questo ritengo che, ad esempio, quanto uscito fuori dalla consultazione di Rete critica sia uno spaccato assai migliore e più rappresentativo del plurale che anima la scena nazionale e i suoi più interessanti respiri.

    Il resto delle considerazioni esulano dal mio professionale, portano l’argomento in un voyeurismo postribolare e costringono a dire che è tutto merda, quando così non è.
    Nel mio lavoro cerco di Salvare quello che è buono, aiutarer a crescere nel confronto chi mi chiede di farlo, e mi capita, sicuramente senza merito, di farlo con numerosi.
    Sarà per questo, in fondo, che dopo tanti anni insieme ai colleghi di Krapp siamo riusciti a creare un sito di informazione che si è guadagnato così tanta autorevolezza, documentando, essendo presenti.

    A me il denaro non interessa e ancor meno marchiare prosciutti.
    Non ho gradito dunque il tenore volgarotto del primo commento di Ludovico, un commento in cui qualcuno si arrogava il diritto di dire a qualcun altro “voi c’eravate a fare lordura del teatro”.
    Questo quancuno, e chi è non mi importa, se ha il coraggio di firmarsi col suo nome o si nasconde dietro uno pseudonimo ancor meno, prima di parlare dell’esperienza professionale di questo gruppo di lavoro deve solo guardare alla storia.
    Neanche noi abbiamo mai avuto premi come Krapp, pur avendo fatto in questi anni passati una vera e propria rivoluzione mediatica con il contributo di tutti, vantando, per così dire, numerosi (e spesso autorevoli e interessanti) tentativi di imitazione, per dirla con la Settimana enigmistica, ma non ci lamentiamo e andiamo avanti, a raccontare il teatro dovunque abbia luogo, con una tenacia e una passione che non va infangata, perchè merita (e per fortuna anche a noi il pubblico dà ragione) rispetto e attenzione.

    A riguardo, e chiudo, degli argomenti dell’articolo di Nebbia cui si fa menzione, da ultimo, non sono d’accordo su diverse sue posizioni a riguardo dei premi Ubu 2011, condivido il tema territorialità e non condivido l’argomento su Tedeschi, come ho detto nel mio primo commento, che merita il suo premio, perchè ritengo che in fatto di arte il dato anagrafico non rilevi. Come non ero d’accordo con spinte giovanilistiche qualche anno fa che hanno creato inutili meteore finite nel tritacarne del produci consuma crepa, così non sono d’accordo sull’ironia ad un premio ottuagenario. Il professionista Tedeschi meritava il riconoscimento, per la sua intepretazione titanica nello spettacolo.
    In fatto di arte l’unica cosa che rileva è la grandezza, quella vera. Immensa, incommensurabile della poesia.

  4. says: renzo

    Ludovico, guarda, non mi ero preso neanche la briga di stare a cercare dove altro commenti e scrivi, perchè non è mia abitudine fare il segugio online, lo faccio dal vivo con gli artisti seguendo la passione che mi anima.
    Come penso anche Stefano Ricci e Gianni Forte, che bene fanno il loro lavoro di operatori dello spettacolo e di creativi.
    Non ho nè da difenderli nè da osannarli. Di loro ho visto moltissimo, ho molto creduto al progetto che aveva visto nuova luce con Macadamia, i passi successivi mi hanno convinto meno, Grimmless mi è parso uno spettacolo poco riuscito e anche la performance alla fondazione Fendi mi ha lasciato più di qualche dubbio. Penso anche di averlo detto, fra le righe, in forma sincera come faccio con loro e con tutti.
    Spero possano tornare presto ad alti livelli creativi con cui stimolare di nuovo le platee e i critici di tutta italia, così che possano avere anche loro qualche riconoscimento.

    Difficile trascinarmi in polemiche di più bassa lega, lascio i toni della polemica ad altre e più affilate penne.

    Per parte mia ho scritto il mio commento prima ancora di quello del signor Santi ma per via dell’approvazione del commento stesso da parte della direzione della testata, è apparso con ragguardevole ritardo, creando un effetto alone logico che non era mia intenzione generale, e di cui va mondata l’argomentazione e anche il tono di questa ulteriore spiacevole risposta che ora leggo.
    Ho anche sollecitato la mia redazione a pubblicare subito il mio commento proprio per evitare l’equivoco ma i tempi di lavorazione del sito non lo hanno permesso.

    Detto questo, a riprova proprio della limpidezza del mio argomentare, non sono mai entrato nella ridda delle polemiche sul pubblico, perchè il pubblico vince sempre se torna a casa con qualcosa, e così vincono gli operatori che riescono ad instaurare un dialogo col pubblico.
    Se Ricci e Forte vendono i loro spettacoli e fanno il tutto esaurito sono contento per loro. Se mi si chiede perchè non vincono i premi la mia personale opinione è che ciò non dipenda oggi, come spesso si ritiene, da una questione anagrafica di chi i premi li assegna.
    Forse lo era quattro cinque anni fa, quando il fenomeno ricci forte è esploso nella sua compiutezza mediatica.
    Ma con altrettanta sincerità posso dire, e diciamo che non sono il solo a ritenerlo, che dopo Macadamia non ho visto qualcosa che potesse giustificare, e dico questo solo ed esclusivamente da parte mia, per mio gusto e criterio di giudizio, un premio, nel senso che il loro sentimento creativo non si è affilato in questo tempo, ma ha cercato piuttosto di consolidarsi, perdendo forse di vista la sfida.
    E’ il mio limpidissimo punto di vista. Può piacere, può non piacere. E’ il mio e non riguarda altro che il contenuto artistico delle loro produzioni spettacolari. Spero quindi di non dover subire crocifissioni da social network per questo, come ad alcuni colleghi è purtroppo successo, perchè altrimenti finiremmo in una dittatura da battiam battiam le mani che penso nuoccia prima di tutto a chi l’arte la fa e che dovrebbe trarre sempre il meglio dal confronto, anche e soprattutto da chi mette in evidenza i bugs concettuali e critica non per partito preso ma con affetto per l’arte scenica..

    (continua)

  5. says: MARIO BIANCHI

    Caro Marx hai molte ragioni, ormai i giovani critici, non tutti per fortuna, reputano con tanta spocchia che uno spettacolo esiste solo perchè loro lo recensiscono, spesso manca la passione di capire la bellezza e di trasferirne in modo comprensibile le ragioni al lettore, sarebbe quella la vera missione del critico,la passione non la spocchia, senza campanilismi di sorta .Giustamente hai parlato anche di tradizione, con il benemerito Gerardo Guccini notavamo che un attore di trent’anni e forse anche un critico di quell’età non conosce i grandi attori del Novecento, Mauri forse sì, ma Buazzelli, Randone, Sarah Ferrati, Wanda Capodaglio sono per loro sconosciuti ed invece dovrebbero vederli ed apprezzarli. Abbiamo forse disimparato ad amare un teatro fatto di relazioni, di tanti attori in scena che recitano bene non in modo tronfio(anche a me Micheletti è piaciuto poco, come pure Pippo a cui voglio bene ma che ripete sempre le solite autocelebrazioni).Ma il teatro è da amare tutto, senza steccati senza voler essere buonisti,da Ricci e Forte non perchè sono modaioli ma perchè a volte riescono a coniugare con naturalezza la loro fulminante drammaturgia a ciò che si vede in scena, a Mariangela Melato o a giovani attrici bravissime come Arianna Scommegna o Federica Fracassi ma ho anche tanta nostalgia per un bella Mirra dell’Alfieri.

  6. says: Ludovico Parisi

    Replico solamente per confermare: quì il travestito mi sembra che appaia esclusivamente tu, mio, non più nemmeno tanto caro, Marcello Santi. La tua insistente perseveranza nel voler alludere (nemmeno troppo allusivamente) al fatto che dietro la mia firma si nasconda un intervento da parte di “artisti camuffati” fa solamente crollare a terra, senza troppa educazione, delle palle già piene. Le tue considerezioni, insensate e a tratti contraddittorie e soprattutto senza una finalità ben precisa se non quella di insistere che dietro ogni forma di mia contestazione si celi la firma di Ricci Forte, è tentativo risibile e infamante. Rilassati e goditi la tua arte.

  7. says: marcello santi

    Se tu sei uno spettatore io sono altrettanto, mai scritto una riga di critica teatrale, ma visto tanto teatro. Il vero guaio è la tifoseria, per cui, di tutti gli spettacoli dei Babilonia (che trovo straordinari) The end, è a mio avviso, poco riuscito ma tutti a inchinarsi all’icona Babilonia, perché non sono più teatranti ma oggetti di culto. E tanti altri come loro.
    E la colpa è del tifo da calcio, dell’appartenenza viscerale a una squadra (Babilonia, Del Bono, Fanny, Celestini e ognuno ha la sua) per cui tutto il resto fa schifo. Questo devo dire, è il maggior difetto della gran parte dei critici giovani (non tutti, non tutti). E degli spettatori fanatici e degli artisti internazionali camuffati da spettatori.
    Tanto per dire: ieri sera ho seguito in streaming la premiazione degli Ubu.
    Inizia Perrotta (premio speciale per la sua trilogia): di lui non mi è piaciuto Misantropo ma ho trovato straordinario Cavalieri (aspetto di vedere il terzo capitolo ).
    Continua Sieni (anche lui premio speciale): tendenzialmente geniale, ma lo spettacolo di cui hanno cantato le lodi presentato a Castiglioncello era sotto tono rispetto ai lavori precedenti.
    Procede Babilonia di cui ho già detto (ad avercene dei Made in Italy).
    Continua un tronfio Micheletti (di un’antipatia più unica che rara nel prendere il premio e anche in scena. Pierobon tutta la vita)
    Ancora Ida Marinelli (migliore non protagonista): splendida in Hystory e Angels ma inguardabile in altri spettacoli tipo lo Zoo di vetro.
    L’Elfo stesso (migliore spettacolo dell’anno): meritato, meritatissimo come per Angels, ma ho visto anche spettacoli di routine mal riusciti (Giardino e Zoo. Ma come dimenticare l’altro bellissimo Libri da ardere?)
    E via dicendo fino al Del Bono che mi provoca le coliche sempre, indistintamente (e qui devo dire che proprio non ce la faccio a farmelo piacere ma continuo ad andare a a vederlo nella speranza che).

    Ecco: così, caro Ludovico travestito, si dovrebbero giudicare gli “oggetti” teatrali, senza squadre del cuore. Ovviamente questi sono i miei giudizi e quelli di un altro, critico o no che sia, saranno diversi, ma senza tifoserie, senza appartenenze. E’ miserabile vedere i giovani critici (che anelano al posto dei loro vecchi colleghi, come scrive la Bandettini su repubblica.it), cercare un posto al sole creando le loro fazioni e i giovani (si fa per dire) artisti internazionali che anelano a un premio che disprezzano creare i loro steccati. Che miseria: non è critica non è teatro quello che così si dà, ma un bel campionato di calcio con conseguenti domeniche sportive.
    Domandina finale: chi di voi giovani critici ha mai visto almeno tre quattro volte un attore come Glauco Mauri? Forse molti di voi non sanno neanche chi è ed è gravissimo.
    Marx

  8. says: Ludovico Parisi

    “La rivoluzione griffata non si è mai fatta e gli altri, i rivoluzionari veri, in vita soffrono piuttosto che attendere glorie.” Scusami Renzo, non la prendere sul personale, ma se la tua frase (insieme ad altre porzioni dello stesso intervento) viene, pretestuosamente forse, unita alla risposta di un soggetto quale Marcello Santi, ne esce fuori una desolante e piuttosto gratuita diffamazione. Non tanto nei confronti dei “RiccieFotte” (carino il gioco di parole ma preferivo il “Chiagne e Fotte”) i quali in questo modo stanno ricevendo, anche se non è vostra intenzione, chiaramente, una pubblicità che suona come un “purchè se ne parli”. Pubblicità che mi sembra abbiano già a sufficienza senza dover mettere altra carne al fuoco. A maggior ragione se nel mio intervento il duo non viene neanche involontariamente citato o preso in considerazione nella mia riflessione personale. Caro Marcello, credo che ci si trovi davanti a soggetti maturi, qualora non artisticamente, di certo anagraficamente e quindi in grado di esporsi in prima linea senza dover mandare emissari al loro posto. In secondo luogo, stai prendendo una cantonata di ingenuità derisibile. Ma di malizia infastidente. “L’ennesimo post” a cui alludi, lo cito in primis, venendoti in aiuto. Sono intervenuto una sola volta sul blog della Bandettini in occasione del ‘celebre’ premio rete critica. In quell’occasione citai Ricci Forte solo per riferirmi ai soggetti presi in causa nella stessa competizione, in quanto fino a prova contraria al ballottaggio ci andarono loro, non un’altra compagnia! Il fatto che esista uno spettatore che si interessi a informarsi delle opinioni di esperti del settore e che abbia desiderio di condividere un proprio parere, anche qualora in discordanza assoluta con il pensiero di chi scrive l’articolo e che non sia il solito addetto ai lavori che prenda parte alla discussione salottiera, pensavo potesse essere ancora considerato un prestigio per la testata anche quando di supporto multimediale. Evidente, dalle tue parole, che tutto lo sforzo di cui si sono fatti portatori i critici stessi di dar valore,autorità, libertà di espressione e circolazione del pensiero, attraverso un mezzo differente dalla carta stampata, si stia vanamente disperdendo grazie a commenti beceri e inutili come il tuo. Forse che il tuo intervento non sia più interessato del mio? Riflettici. Il web è la grande Pandora del quotidiano e noi solo avatar. E una grande spietata livella sociale. Un boomerang che nell’infinità bontà del mezzo, decapita il lanciatore distratto.
    Per chiudere, caro Renzo, non credo che la platea giudicante sia così innocente e pia, genuflessa alla fiamma dell’arte. E’ pur sempre un premio, si sa. A volte sembra persino leghista. Un passepartout abilitante. Un riconoscimento di forma. E si sa che la forma spesso porta con se, aimè, la sostanza, quella verità a cui ti appelli (la Verità…potremmo sciorinare pagine di teodicea per trattare questa parola. Nemmeno Santa Romana Chiesa insiste sull’argomento).
    Non comprendo più, nemmeno in buona fede, questo costante appellarsi a frasi del tipo “noi, lardosi marchiatori che vivono questo mondo solo per passione e senza guadagnare un centesimo”. Se davvero questa carenza di remunerazione monetaria fa di voi “critici per passione”, smettiamola allora di dividere l’autorevolezza della critica da quella del pubblico, in quanto la passione non è stimabile di compenso e tantomeno la sensibilità artistica e la cultura personale. D’altronde, non sto dicendo nulla di diverso da quello che oggi ha espresso il vostro collega Simone Nebbia su Teatro e Critica (trovandosi in accordo solamente con il premio ai Babilonia, a cui mi associo con entusiasmo). Ma dal momento che quì c’è un pensiero di fondo un tantino subdolo, grazie a risposte come la tua e quella di Marcello, le mie parole risultano più irritanti di quelle di un vostro simile.

    P.s. non aggiungo la lista delle realtà teatrali che a mio avviso meriterebbero di essere premiate. Non perchè non ce ne siano (e tra queste non avrei citato nemmeno RiccieFotte, pensa tu) ma perchè trovo che sia un gesto dozzinale e un post in più ad una baruffa asettica.

  9. says: Ludovico Parisi

    “La rivoluzione griffata non si è mai fatta e gli altri, i rivoluzionari veri, in vita soffrono piuttosto che attendere glorie.” Scusami Renzo, non la prendere sul personale, ma se la tua frase (insieme ad altre porzioni dello stesso intervento) viene, pretestuosamente forse, unita alla risposta di un soggetto quale Marcello Santi, ne esce fuori una desolante e piuttosto gratuita diffamazione. Non tanto nei confronti dei “RiccieFotte” (carino il gioco di parole ma preferivo il “Chiagne e Fotte”) i quali in questo modo stanno ricevendo, anche se non è vostra intenzione, chiaramente, una pubblicità che suona come un “purchè se ne parli”. Pubblicità che mi sembra abbiano già a sufficienza senza dover mettere altra carne al fuoco. A maggior ragione se nel mio intervento il duo non viene neanche involontariamente citato o preso in considerazione nella mia riflessione personale. Caro Marcello, credo che ci si trovi davanti a soggetti maturi, qualora non artisticamente, di certo anagraficamente e quindi in grado di esporsi in prima linea senza dover mandare emissari al loro posto. In secondo luogo, stai prendendo una cantonata di ingenuità derisibile. Ma di malizia infastidente. “L’ennesimo post” a cui alludi, lo cito in primis, venendoti in aiuto. Sono intervenuto una sola volta sul blog della Bandettini in occasione del ‘celebre’ premio rete critica. In quell’occasione citai Ricci Forte solo per riferirmi ai soggetti presi in causa nella stessa competizione, in quanto fino a prova contraria al ballottaggio ci andarono loro, non un’altra compagnia! Il fatto che esista uno spettatore che si interessi a informarsi delle opinioni di esperti del settore e che abbia desiderio di condividere un proprio parere, anche qualora in discordanza assoluta con il pensiero di chi scrive l’articolo e che non sia il solito addetto ai lavori che prenda parte alla discussione salottiera, pensavo potesse essere ancora considerato un prestigio per la testata anche quando di supporto multimediale. Evidente, dalle tue parole, che tutto lo sforzo di cui si sono fatti portatori i critici stessi di dar valore,autorità, libertà di espressione e circolazione del pensiero, attraverso un mezzo differente dalla carta stampata, si stia vanamente disperdendo grazie a commenti beceri e inutili come il tuo. Forse che il tuo intervento non sia più interessato del mio? Riflettici. Il web è la grande Pandora del quotidiano e noi solo avatar. E una grande spietata livella sociale. Un boomerang che nell’infinità bontà del mezzo, decapita il lanciatore distratto.
    Per chiudere, caro Renzo, non credo che la platea giudicante sia così innocente e pia, genuflessa alla fiamma dell’arte. E’ pur sempre un premio, si sa. A volte sembra persino leghista. Un passepartout abilitante. Un riconoscimento di forma. E si sa che la forma spesso porta con se, aimè, la sostanza, quella verità a cui ti appelli (la Verità…potremmo sciorinare pagine di teodicea per trattare questa parola. Nemmeno Santa Romana Chiesa insiste sull’argomento).
    Non comprendo più, nemmeno in buona fede, questo costante appellarsi a frasi del tipo “noi, lardosi marchiatori che vivono questo mondo solo per passione e senza guadagnare un centesimo”. Se davvero questa carenza di remunerazione monetaria fa di voi “critici per passione”, smettiamola allora di dividere l’autorevolezza della critica da quella del pubblico, in quanto la passione non è stimabile di compenso e tantomeno la sensibilità artistica e la cultura personale. D’altronde, non sto dicendo nulla di diverso da quello che oggi ha espresso il vostro collega Simone Nebbia su Teatro e Critica (trovandosi in accordo solamente con il premio ai Babilonia, a cui mi associo con entusiasmo). Ma dal momento che quì c’è un pensiero di fondo un tantino subdolo, grazie a risposte come la tua e quella di Marcello, le mie parole risultano più irritanti di quelle di un vostro simile.

    P.s. non aggiungo la lista delle realtà teatrali che a mio avviso meriterebbero di essere premiate. Non perchè non ce ne siano (e tra queste non avrei citato nemmeno RiccieFotte, pensa tu) ma perchè trovo che sia un gesto dozzinale e un post in più ad una baruffa asettica.

  10. says: renzo

    e quale sarebbe poi la scena artistica di respiro INTERNAZIONALE rispetto a cui poi si resta sordi? In onestà in italia ci sono diverse giovani compagnie che replicano all’estero, chi in francia, chi in spagna, chi nel regno unito. Ma è compito della promozione cercare sbocchi e possibilità. Detto questo, e lo dico da non votante ubu, non mi pare sia stato poi così diverso dagli anni passati e nemmeno così uguale. Se ci fosse qualcosa che svettasse davvero così alto, sopra il metro e dieci diciamo, persino una platea così sorda se ne accorgerebbe. Qualcosa che non strombazzi la novità come gli sposi con i barattoli dietro, ma che la realizzi nella sostanza, con continuità, senza ammiccare o cercare di compiacere ora pubblici ora critici, secondo me quel qualcuno troverebbe sponde numerose per porre rimedio ai problemi di iposensibilità dell’obeso mondo a la alma tadema a cui mi pare invero nessuno sfugga. La rivoluzione griffata non si è mai fatta e gli altri, i rivoluzionari veri, in vita soffrono piuttosto che attendere glorie. Si mozzano le orecchie per denunciare sordità. Attendiamo dunque testimonianze sanguinolente di geni inascoltati.
    Non faticherebbe nessuno di noi, lardosi marchiatori che vivono questo mondo solo per passione e senza guadagnare un centesimo, a riconoscere a questi geni di respiro internazionale, se già non lo abbiamo fatto senza che se ne siano accorti, tutto quello che possiamo, un post, un banner del valore di pochi euro e personalmente, voglio sbilanciami, anche un disegno autografo. A meno che la cosa non si sostanzi solo nella ancor più miserabile richiesta di aggiungere solo un posto a tavola, una menzione, un minzione da parte del circo barnum.
    Diteci chi sono costoro, così che crepi l’avarizia suina di noi nuotatori nell’oro del teatro, partecipanti al banchetto dopo il diluvio, e venga dato a cesare quel che è di cesare e a caligola quel che è di caligola! Povero chi cerca le glorie e i consensi di quelli che condanna come mostri, mi verrebbe da dire, gentile lettore ludovico: altrove dovrebbero cercare, ben altri sguardi e traguardi provare ad incontrare. Non può, penso, il genio offendersi se non viene invitato al postribolo di fine impero. Dovrebbe solo farsene silenzioso vanto, guardandosi allo specchio e dicendosi come un asceta: io voglio altro, io cerco la verità.
    Uditivamente all’erta
    Renzo

  11. says: marcello santi

    Ancora l’ennesimo post inviato su siti, facebook, blog, dal duo Chiagne e Fotte sotto mentite spoglie. E il bello che lo sanno tutti e loro senza pudore perseverano, autodefinendosi “Internazionali” ed altre tronferie del genere. Del resto, da chi scrive nelle sue note di regia “messo in scena con mozartiana sensibilità” che t’aspetti?
    Marx

  12. says: MARIO BIANCHI

    Non sono d’accordo, almeno su tutto,ci sono stati momenti bellissimi,vedere Federica Fracassi con Mariangela Melato,due generazioni che ci fanno capire che il nostro teatro è ancora vivo,Gianrico Tedeschi che ci ha fatto capire come abbiamo avuto maestri da non dimenticare, i ragazzi di History
    Boys così pieni di speranza per un lavoro così difficile,premiare tutto un paese Montichiello che si mette in scena coraggiosamente, Il Premio a Babilonia Teatro che ho seguito passo passo da quando non erano nessuno, per me è stato molto incoraggiante, poi è vero momenti che non ho gradito con qualche retorica di troppo, ma quello che ti ho detto mi è bastato per continuare il mio lavoro ancora con passione

  13. says: Ludovico Parisi

    Poi arriva il 2011. Che si staglia davvero come “l’anno prima della fine del mondo”. Ma senza lasciare tracce, non è come l’ultima festa di liceo prima dello scadere dell’adolescenza. Non c’è niente da ricordare. Non è memorabile. Non c’è il divertimento, né la spensieratezza, né il coraggio di una follia fuori dagli schemi. Solo l’abisso di noia, di quelle cene stanche dove tutto si è detto, tutto era già stato previsto. Dove nemmeno i litri di vino inducono a una libertà scatenata e incosciente, a un eccesso di verità. Si depositano solamente quelle confessioni dimesse e depresse, dal vago sapore retrò, sfocate nel bianco e nero di un “ti ricordi…?”.
    Sedimenta solo l’angoscia di un atteggiamento infetto da armi batteriologiche. Il nemico invisibile. Cade l’imperatore e al bachetto di Caligola i piccoli si ingozzano fino a sformarsi, fino a invadere ogni spazio con la loro obesa tracotanza. Si rimane 1 metro e 10 di altezza, non si svetta mai sopra le nuvole. Ci si allarga: isolati, regioni, territori ricoperti nel lardo della smania. Di esserci. Di essere tutti, almeno per un giorno, demiurghi impotenti e sterili. Oggi ci siete stati tutti. Decine di pontefici nani a marchiare il culo del teatro come un Parmacotto. A tessere trame di convenienza senza nemmeno il decoro di badare all’evidenza dell’intrigo. I premi Ubu di quest’anno, gli emeritissimi critici e tutto lo stagno di rane salmastre: se tracci una riga con una penna, combaciano come il gioco dei punti numerati della settimana enigmistica. L’atto di quest’oggi è un’azione grave. Di forte diseducazione. Di imperdonabile sordità verso una scena artistica contemporanea di respiro INTERNAZIONALE. Lasciamo il panorama italiano tramontare nella filigrana di cartoline sgualcite, ne alteriamo il colore, lo viriamo su cromatismi in tecnicolor. Tutto è museo. Tutto è teca d’ara pacis senza il silenzio e la quiete maestosa di un funerale di Stato. Solo il rumore di chi rumina agli angoli della stanza, sporcando le pareti, insozzando gli affreschi. Una Carnezzeria (per citare la Dante) di jene fameliche, di rapaci necrofagi. I premi Ubu quest’anno si celebrano persino prima della loro dichiarazione pubblica. Un giocattolo impazzito nelle mani di vecchi capricciosi.

  14. says: Ludovico Parisi

    Poi arriva il 2011. Che si staglia davvero come “l’anno prima della fine del mondo”. Ma senza lasciare tracce, non è come l’ultima festa di liceo prima dello scadere dell’adolescenza. Non c’è niente da ricordare. Non è memorabile. Non c’è il divertimento, né la spensieratezza, né il coraggio di una follia fuori dagli schemi. Solo l’abisso di noia, di quelle cene stanche dove tutto si è detto, tutto era già stato previsto. Dove nemmeno i litri di vino inducono a una libertà scatenata e incosciente, a un eccesso di verità. Si depositano solamente quelle confessioni dimesse e depresse, dal vago sapore retrò, sfocate nel bianco e nero di un “ti ricordi…?”.
    Sedimenta solo l’angoscia di un atteggiamento infetto da armi batteriologiche. Il nemico invisibile. Cade l’imperatore e al bachetto di Caligola i piccoli si ingozzano fino a sformarsi, fino a invadere ogni spazio con la loro obesa tracotanza. Si rimane 1 metro e 10 di altezza, non si svetta mai sopra le nuvole. Ci si allarga: isolati, regioni, territori ricoperti nel lardo della smania. Di esserci. Di essere tutti, almeno per un giorno, demiurghi impotenti e sterili. Oggi ci siete stati tutti. Decine di pontefici nani a marchiare il culo del teatro come un Parmacotto. A tessere trame di convenienza senza nemmeno il decoro di badare all’evidenza dell’intrigo. I premi Ubu di quest’anno, gli emeritissimi critici e tutto lo stagno di rane salmastre: se tracci una riga con una penna, combaciano come il gioco dei punti numerati della settimana enigmistica. L’atto di quest’oggi è un’azione grave. Di forte diseducazione. Di imperdonabile sordità verso una scena artistica contemporanea di respiro INTERNAZIONALE. Lasciamo il panorama italiano tramontare nella filigrana di cartoline sgualcite, ne alteriamo il colore, lo viriamo su cromatismi in tecnicolor. Tutto è museo. Tutto è teca d’ara pacis senza il silenzio e la quiete maestosa di un funerale di Stato. Solo il rumore di chi rumina agli angoli della stanza, sporcando le pareti, insozzando gli affreschi. Una Carnezzeria (per citare la Dante) di jene fameliche, di rapaci necrofagi. I premi Ubu quest’anno si celebrano persino prima della loro dichiarazione pubblica. Un giocattolo impazzito nelle mani di vecchi capricciosi.

Comments are closed.